Capitolo XXI – L’assalto al forte

Nessuno turbò il loro sonno, ma appena balzati dalle brande, al mattino, furono sorpresi nell’udire parecchi colpi di cannone.

Testa di Pietra aveva mandato un grido:

– I pezzi della corvetta! Oh, li conosco! Fuori! Fuori!

– Che gli americani si preparino ad assalire il forte? – chiese il boia.

– Nessun dubbio: devono aver approfittato dell’oscurità della notte per invadere l’isola, scortati dalla Tuonante.

– Riusciranno a prenderlo d’assalto? – chiese Piccolo Flocco.

– Vi è la corvetta che batte, mio caro, ed i suoi mortai ed i suoi pezzi da caccia senza contare tutti quelli delle batterie, faranno miracoli.

Spalancarono l’uscio e, passati attraverso alcuni corridoi, raggiunsero il cortile.

Regnava una confusione enorme. Pareva che gl’inglesi avessero perduto la loro flemma abituale, poiché correvano qua e là come pazzi, gridando. Gli ufficiali, i soli che avessero conservato il loro sangue freddo, davano ordini che si perdevano tra il fracasso delle cannonate.

– Questi soldati non resisteranno a lungo – disse il bretone. – La sorpresa li ha sbigottiti. Andiamo un po’ a vedere che cosa succede. Guardatevi dalle palle, amici.

Alcune scalette conducevano sui bastioni.

Testa di Pietra ne scelse una a caso, che in quel momento non era frequentata dai soldati, e si spinse su una lunetta, dove una ventina di artiglieri stavano collocando due bocche da fuoco.

– Corpo di Batz! – esclamò con viva allegrezza. – Ci siamo davvero!

La corvetta aveva gettato le àncore a quattrocento metri dal forte dentro il canale, e cominciava a sparare furiosamente. Dall’altra parte dell’isola numerose scialuppe stavano sbarcando truppe e artiglierie. Si trattava di tremila uomini scelti, e comandati da. due colonnelli Moultrie ed Ashe. Già grossi reparti erano sbarcati disponendo subito le artiglierie, mentre due centinaia di. scorridori, avevano cominciato un nutrito fuoco di fucileria.

– Che cosa ne dite? – chiese il carnefice a Testa di Pietra.

– Che questa sera il baronetto dormirà a bordo della nave – rispose il bretone.

– Eppure il forte è bene armato e la sua guarnigione abbastanza numerosa!

– Vi dico che non resisterà! L’attacco comincia, e sarà meglio rifugiarsi dentro qualche casamatta.

– E sarà meglio, anche perché il comandante del forte, non trovandoci, rimanderà l’esecuzione a battaglia finita.

A pochi passi vi era una casamatta vuota e i tre bretoni furono lesti ad occuparla, osservando ansiosamente attraverso le feritoie. Gli artiglieri della vicina batteria, troppo occupati, non avevano fatto loro attenzione.

L’attacco si svolgeva in quel momento con grandiosità terrificante. Cinquanta pezzi si scambiavano palle e granate con un fracasso infernale.

I proiettili cadevano copiosi sul forte, mettendo di quando in quando qualche pezzo fuori servizio.

Gli americani, avevano cominciato a spiegarsi formando tre colonne d’assalto. Gli scorridori, li precedevano, sostando di quando in quando per aprire un nutrito fuoco contro gli artiglieri del forte che sparavano allo scoperto, sulla cima dei bastioni. Erano tutti buoni tiratori perciò poche volte fallivano i colpi, spargendo terrore fra i difensori del forte.

Le cose erano giunte a questo punto, quando un sottufficiale inglese si precipitò dentro la casamatta dove erano rifugiati i bretoni.

– Finalmente vi ho trovati! Da mezz’ora vi cerco, col pericolo di farmi spezzare in due da una cannonata.

– Ci cercate? Per far che cosa? – chiese tranquillamente Testa di Pietra.

– Il comandante del forte vi vuol vedere.

– Poteva lasciarci qui a godere questo interessante spettacolo rispose Testa di Pietra. – L’esecuzione è stata fissata per le sei di sera.

– Che cosa voglia da voi non lo so – disse il sottufficiale. – Mi ha incaricato di cercarvi. Seguitemi!

– Con questo grandinare di palle? Sarebbe una pazzia, signore! Impicchiamo gli altri, ma non desideriamo affatto di andarcene sotto terra presto. Non siamo soldati!

Il sottufficiale fece un gesto d’impazienza, poi riprese con voce imperiosa, che non ammetteva replica:

– Bombe o non bombe, dovete seguirmi: questo è l’ordine del comandante.

– Ci muoveremo, se garantirete la nostra pelle! – si provò a ribattere Testa di Pietra.

– Ora chiamo un picchetto armato, e la finisco.

– Uh! non scaldatevi tanto, signor mio. Abbiamo le gambe ancora buone per seguirvi, senza bisogno di baionette alle nostre spalle.

Vedendo vana ogni resistenza, i tre bretoni, dopo essersi scambiato uno sguardo d’intelligenza, decisero di seguire il sottufficiale, che borbottava:

– Sono comodi, questi carnefici!

Appena fuori della casamatta una palla di buon calibro passò rombando sulle loro teste e andò a fracassare l’avantreno d’un pezzo, che era già stato posto fuori combattimento.

– Signor mio, – disse Testa di Pietra, fingendosi spaventato, volete farci ammazzare!

– E che! – rispose il sottufficiale. – Non siete buoni altro che ad impiccare la gente?

– Ve l’ho già detto che non siamo uomini di guerra e che perciò non possiamo avere confidenza colle palle.

– Basterà che rimanga vivo uno solo di voi.

– Grazie! – rispose il bretone ironicamente. – Siete gentile come un orso.

Un’altra palla, partita probabilmente dalla corvetta, ululò in alto e prese d’infilata tre artiglierie, che stavano ricaricando un pezzo a breve distanza, fulminandoli.

– Se fosse toccata a noi, signor sottufficiale, non sarebbe rimasto nemmeno un carnefice.

L’inglese, scese a precipizio la scaletta e condusse i tre bretoni nel cortile d’onore della fortezza, di fronte al quale s’alzava la piccola cappella.

Un vecchio colonnello, il comandante della guarnigione, si staccò da un gruppo d’ufficiali, coi quali aveva fino allora discusso animatamente, e s’avvicinò ai bretoni.

– Chi è di voi il primo carnefice? – chiese.

– Io – rispose l’ex galeotto.

– Siamo costretti, come vedete, ad anticipare l’esecuzione, poiché il forte corre gravissimo pericolo. Quest’oggi gli americani si battono come vecchi soldati, e non so se riusciremo a respingere l’assalto.

– E vorreste, colonnello? – chiese il boia.

– Impiccare il prigioniero prima che gli americani giungano fino a noi.

– E dove? La forca non è stata ancora alzata.

– In mezz’ora potreste rizzarla – disse il colonnello. – Abbiamo legname, chiodi e martelli finché vorrete.

– E alzarla dove?

– Qui: in mezzo a questo piazzale.

– Colle palle che grandinano? Io ho lasciato Boston, colonnello, col fermo proposito di tornarmene a casa tutto intero e non mutilato.

Il comandante corrugò la fronte.

– Avreste paura?

– Faccio il carnefice, e non voglio né devo immischiarmi colle cannonate.

– Allora piantate un grosso chiodo in quel muro e impiccatelo là.

– Colonnello, faccio il mio infame mestiere di esecutore di giustizia secondo certe norme stabilite. Non mi presterò mai a una simile esecuzione.

In quel momento una bomba lanciata da uno dei quattro mortai della Tuonante cadde con gran fracasso nell’ampio cortile, scoppiando a breve distanza dal gruppo di ufficiali. Su sette, cinque di quei disgraziati caddero fulminati.

– Colonnello, – disse il carnefice – come vedete, è impossibile alzare la forca. Se volete impiccare quell’uomo, fate lavorare i vostri soldati. Per mio conto me ne vado prima che un’altra bomba porti via la mia testa ed anche quella dei miei aiutanti. Sono l’unico boia che lavora per le colonie americane, ed ho il diritto di conservare la mia pelle.

– La farò alzare dai miei soldati, giacché avete paura – rispose il colonnello.

– Fate pure, signore.

Altre due palle, lanciate questa volta dai cannoni da caccia della Tuonante, attraversarono il cortile sfondando parte della caserma.

– Tempesta! – gridò Testa di Pietra. – Sono pillole troppo grosse per le nostre teste. Corriamo!

Prese la rincorsa e si slanciò verso il magazzino, seguito da Piccolo Flocco e dal boia, i quali non avevano nessun desiderio di far la conoscenza nemmeno colle palle amiche.

Appena entrati nel magazzino, trovarono il cantiniere che si strappava disperatamente i pochi capelli grigi che ancora ornavano la sua testa.

– Ohè, signor Però Paga, che cosa è successo? – gli chiese premurosamente il bretone. – Vi è morta la moglie?

– Che moglie i Che moglie! Non l’ho mai avuta.

– E avete fatto benissimo. Anch’io sono sempre stato senza. Le donne, presto o tardi, fanno perdere la bussola anche ai più arditi e intelligenti marinai. Vi ammiro, cantiniere.

Ma il cantiniere continuava a strillare e a strapparsi i capelli.

– Adagio, signor Però Paga. Se continuerete così, poi attaccherete i vostri baffi, che sono veramente magnifici, degni d’un vecchio soldato, e resterete pelato come un prete anglicano.

– Non sapete? – urlò il disgraziato, che pareva avesse smarrito il senno.

– Finora non sappiamo proprio nulla. Spiegatevi.

– La mia cantina...

– Avanti.

– Distrutta da una bomba.

– Che è andata a cacciarsi proprio in mezzo ai prosciutti, ai salsicciotti, ai formaggi d’Olanda ed alle bottiglie di birra doppia. Quella era una bomba non solo affamata ma anche assetata. M’immagino bensì per tutto, proprio tutto, non sarà stato distrutto da quella bomba maledetta. Non avrebbe per caso risparmiato qualche bottiglia?

– Una spero di trovarla fra il disastro generale, ma...

– Ma, signor Però Paga?

– Non ve la cederei per meno di dieci dollari, essendo l’ultima.

– Signor cantiniere – urlò il bretone, tendendo i pugni – andate a venderla agli americani!... Ma già essi se la berranno fra poco senza pagarvi un penny.

Il cantiniere, spaventato, alzò i talloni e fuggì come fosse spinto dalla punta d’una baionetta.

– Andiamo a trovare sir William – disse Testa di Pietra. – Ormai possiamo forzare tutte le porte.

Senza incomodarsi a togliere la serratura, diede alla vecchia porta tarlata un poderoso colpo di spalla, strappandola dai cardini.

Il baronetto era balzato in piedi, mentre il cappellano del reggimento, credendo che qualche bomba fosse caduta, si rannicchiava prudentemente sotto il tavolino.

– I carnefici – esclamò sorridendo. – Venite per impiccarmi? Sono pronto.

Testa di Pietra lo trasse rapidamente da una parte, e mentre gli raccoglieva sulla nuca i suoi lunghi capelli biondi trattenendoli con una specie di cappuccio, che poi il boia avrebbe dovuto abbassare fino al mento, gli disse rapidamente:

– Ricordatevi di quanto vi ho detto. Appena la corda si spezza fingete di cadere.

– Io! Un corsaro! Un uomo di mare!

– Si tratta della pelle, comandante. E poi gli americani fra un’ora saranno sotto il forte e monteranno all’assalto. Vi assicuro che si battono splendidamente.

– Allora andiamo a farci impiccare – rispose il Corsaro.

Il boia nel frattempo aveva levato da un pacco il famoso laccio e l’aveva esaminato rapidamente. Piccolo Flocco s’intratteneva col cappellano della guarnigione.

– Occorre che gli leghi le braccia dietro il dorso? – chiese Testa di Pietra.

– È necessario – rispose il boia, porgendogli una cordicella. Poi curvandosi rapidamente su di lui aggiunse: – Fate uno di quei nodi che al più piccolo sforzo cedono.

– Me ne intendo di nodi, e potete essere sicuro che appena il capitano cadrà, le sue braccia saranno libere.

– Va bene.

In quel momento entrò il sottufficiale, che disse in tono burbero:

– La forca è stata rizzata, ma è costata la vita a quattro bravi soldati!

– Lo avevo detto al colonnello che era pericoloso quel cortile! rispose Testa di Pietra. – Doveva aspettare che gli americani se ne fossero andati.

– Andati? Ci stringono sempre più da tutte le parti, e fra poco monteranno all’assalto. Non li ho mai visti battersi con tanta rabbia come oggi.

– Avranno freddo, e vorranno riscaldarsi al fuoco delle artiglierie.

– Siete sempre così allegri?

– Sì; e soprattutto quando si tratta di mandare all’altro mondo qualche personaggio importante – rispose il bretone.

Il cappellano della guarnigione si era avvicinato intanto al baronetto, e tenendo in mano il crocefisso gli diceva:

– Coraggio, figliuolo. Presto o tardi la morte arriva per tutti.

– Un uomo di mare ha sempre coraggio – rispose il baronetto. il quale conservava un sangue freddo meraviglioso. – La morte non ha mai fatto paura a chi è abituato a sfidare i furori degli oceani. Signor carnefice, è pronto il laccio?

– Sì, signore.

– Allora andiamo. Fra qualche minuto tutto sarà finito.

Il sottufficiale si mise dinanzi, tenendo in una mano una pistola carica; seguivano il Corsaro col cappellano, poi i tre carnefici.

Al di fuori la battaglia infuriava terribilmente; tre grosse batterie americane ed i pezzi della corvetta diroccavano rapidamente gli spalti, sventravano i bastioni e sfondavano i tetti delle caserme. Anche la fucileria si faceva udire e molto vicina.

Molte palle cadevano anche nel cortile, dove il comandante del forte aveva appena potuto radunare sette od otto soldati. Il Corsaro guardò tranquillamente il lugubre attrezzo innalzato alla meglio e sotto il quale avevano collocato una sedia, per toglierla poi di sotto i piedi al momento opportuno.

Il comandante del forte gli era andato incontro dicendogli con voce aspra:

– Signore, sono stati uccisi per colpa vostra quattro soldati.

– Mi terranno buona compagnia spero, nel gran viaggio per l’altro mondo – rispose il baronetto.

– Basta con le chiacchiere: boia, impiccatelo!

L’ex-galeotto si arrampicò sulla forca e legò il laccio, sotto l’infuriare della mitraglia.

– Sbrigatevi! – gridò il colonnello.

– Adagio, signore – rispose Testa di Pietra, che faceva sforzi supremi per reprimersi. – Per un gentiluomo ci vogliono certi riguardi.

– Come sapete che questo condannato è un gentiluomo? – chiese il comandante.

– Vivaddio! È il fratello del marchese d’Halifax!

– Avete detto?

– Il fratello del marchese d’Halifax – rispose il bretone.

Il colonnello non rispose.

Il boia di Boston aveva intanto assicurato il laccio alla traversa della forca ed era frettolosamente disceso, dicendo:

– Sono pronto.

– Impiccatelo subito – disse il comandante.

– Purché una bomba non cada e non ci porti via tutti – rispose il boia

– Fate presto.

– Salite sulla sedia ordinò il boia al Corsaro.

Il baronetto obbedì docilmente, dopo d’aver baciato il crocefisso che il cappellano della guarnigione gli porgeva; si lasciò mettere al collo il laccio e calare il cappuccio nero fino al mento. Il boia di Boston si assicurò che tutto fosse pronto, poi levò di sotto i piedi del Corsaro la sedia. Proprio in quel momento i cannoni da caccia della corvetta lanciavano attraverso il cortile una bordata.

Il Corsaro, abbandonato a se stesso, penzolò un momento all’estremità del laccio, poi cadde di colpo, stendendosi sul terreno. Il boia gli si era subito precipitato sopra, allargandogli innanzi tutto il laccio.

– Che cosa fate? – gridò il comandante del forte, impugnando una pistola.

– Il mio dovere, signore, – rispose freddamente il boia.

– Quale?

– Quest’uomo, secondo le leggi inglesi, per quarantotto ore non verrà più appeso.

– A chi lo dite?

– A voi. Non siete mai stato il rappresentante della giustizia: quindi di queste cose non potete intendervi.

– Come mai la corda si è spezzata?

– Chi lo sa? Forse una palla l’ha tagliata.

– Ne siete ben sicuro?

– Lo suppongo, perché la mia corda aveva impiccati tredici uomini.

– Il numero di Giuda! – brontolò Testa di Pietra.

– E non potreste riannodarla ed impiccarlo nuovamente?

– Le leggi inglesi vi si oppongono, signore.

– Allora lo farò fucilare.

– No, colonnello. Quest’uomo è stato affidato a me, e non morrà che per mia mano. Sono il boia di tutte le colonie americane e, non obbedisco che al governo.

Il colonnello lanciò tre o quattro bestemmie; congedò i soldati e anche il sottufficiale, e disse ai tre carnefici:

– Riportatelo nella cappella.

Testa di Pietra prese fra le sue robustissime braccia il baronetto e scappò via, seguito dal boia, da Piccolo Flocco e dal colonnello.

Il cappellano, spaventato forse dalle bombe che continuavano a cadere, era sparito, per rifugiarsi probabilmente in qualche casamatta.

In un lampo il bretone entrò prima nel magazzino, poi nella cappella, sulle cui tavole ardevano ancora due candele, e le depose su di una branda. Il comandante del forte si volse verso il boia e gli disse:

– Dunque vi rifiutate di riappiccarlo.

– La legge non lo permette prima di quarantotto ore.

– Allora lo ucciderò lo.

Aveva levata dalla cintura una magnifica pistola inglese a due colpi colle canne arabescate, e l’aveva puntata sul Corsaro, il quale conservava sempre un’immobilità assoluta.

Testa di Pietra, fortunatamente, vigilava. Il suo pugno di ferro piombò su quello del colonnello, ritorse la pistola contro quel giustiziere di nuovo genere e fece scattare i due grilletti. Due detonazioni rimbombarono perdendosi tra il fragore delle cannonate. Il colonnello, colpito in pieno petto, era caduto senza mandare un grido.

– Che cosa hai fatto, Testa di Pietra? – chiese Piccolo Flocco spaventato.

– Come vedi, l’ho ammazzato! – rispose il bretone.

Il Corsaro era balzato in piedi udendo così vicini quei due spari.

– Morto? – chiese.

– Lo avrebbero ucciso gli americani – rispose Testa di Pietra. – Sono già sotto le trincee e montano all’assalto.

– Udite?

Hurrà formidabili echeggiavano al di fuori. Gli scorridori avevano piantato le scale, approfittando del tiro delle loro artiglierie e montavano furiosamente all’assalto.

Testa di Pietra afferrò il colonnello e lo gettò sotto una branda, gridando:

– Fuori! Fuori! Facciamo qualche cosa anche noi.

Aveva levato al colonnello la sciabola ed un’altra pistola a due colpi.

Il Corsaro aveva afferrato una sbarra di ferro, che aveva servito poco prima a schiodare la porta. I quattro uomini si precipitarono nel cortile che in quel momento era deserto. I pezzi inglesi, ridotti ormai al silenzio, non rispondevano più né ai tiri della corvetta, né a quelli della grossa batteria americana. La guarnigione ormai era sgominata, ed invano cercava il comandante, che solamente Testa di Pietra sapeva dove si trovasse..

Gli americani, protetti dalla loro formidabile batteria, correvano all’assalto come una torma di lupi, sostenendosi di quando in quando con nutrite scariche di moschetteria, le quali spazzavano gli ultimi artiglieri che cercavano di resistere.

Testa di Pietra, udendo le palle grandinare fittissime, spinse il baronetto ed i suoi compagni dentro una casamatta, dicendo:

– Aspettiamo che il combattimento sia finito. Noi soli ben poco potremo fare; è vero, comandante?

– Ti approvo sempre – rispose sir William col suo solito pallido sorriso.

– Quando gli americani saranno qui, ci faremo riconoscere e spero che non ci pianteranno nel petto le loro baionette. Ma voi, comandante, siete armato d’una magnifica sbarra di ferro che deve pesare non meno di quaranta chilogrammi. Se i primi arrivati non vorranno intendere ragione, li metterò a posto con quel bastoncino.

Intanto l’assalto si approssimava. Spezzati i bastioni, i ridotti e le lunette da furiose scariche di mitraglia, gli artiglieri, i quali avevano ormai la maggior parte dei loro pezzi fuori servizio, cedevano rapidamente.

Gli scorridori, o stracorridori, come li chiamavano allora, erano già scesi nei fossati e avevano piantato le scale, incoraggiandosi con hurrà strepitosi.

La fanteria leggera stava dietro di loro, pronta a montare all’assalto, mentre quella pesante continuava a scaricare i suoi moschetti e le sue carabine.

– Eccoli! – gridò ad un tratto Testa di Pietra, il quale osservava da una feritoia

Gli scorridori montavano infatti intrepidamente all’assalto, bruciando sulle scale le loro ultime cariche. In un momento superarono i bastioni, lavorando ferocemente colle baionette ed inchiodando non pochi artiglieri inglesi sui loro pezzi. La guarnigione del forte fuggiva in tutte le direzioni, cercando di barricarsi in caserma, ma gli scorridori, in un attimo occuparono il cortile, nel cui centro sorgeva la forca, e intimarono la resa, minacciando uno sterminio generale.

Nello stesso momento quattro soldati, guidati da un ufficiale, si precipitarono a baionetta spianata dentro la caserma occupata dal comandante della corvetta, dai due marinai della Tuonante e dal carnefice, urlando ferocemente:

– Arrendetevi, o vi accoppiamo tutti!

Testa di Pietra, che per precauzione aveva impugnata la sbarra di ferro, alla quale faceva descrivere un terribile mulinello, scoppiò in una risata.

– E che? – gridò – Vorreste ammazzare il comandante e i marinai della Tuonante? Giù le armi, corpo di un pescecane!

L’ufficiale guarda con stupore i quattro uomini, abbassando la spada, ed esclama:

– Il comandante della Tuonante, avete detto?

– Ecco qui, signor mio, il baronetto sir William Mac Lellan, – rispose il mastro indicandogli il comandante. – È per questo valoroso che vi siete battuti: me l’aveva promesso il colonnello Moultrie.

– Voi, signore! – gridò l’ufficiale, muovendo rapidamente incontro al baronetto.

– Sì, son io – rispose il comandante della Tuonante.

– Possibile? Non vi hanno dunque impiccato?

– No: mercè l’astuzia e la generosità di questo brav’uomo che chiamano il boia di Boston. Se sono ancora vivo, lo devo a lui.

Si era avvicinato all’ex-galeotto, il quale era diventato d’un pallore tale, da far temere che da un momento all’altro cadesse svenuto.

– Qua la vostra mano, carnefice! – gli disse. – Vi devo la vita.

Il boia retrocesse smarrito, lasciando penzolare le braccia.

– Qua la mano, vi ho detto! – ripeté il Corsaro. – Senza di voi a quest’ora sarei morto.

Due grosse lacrime spuntarono negli occhi del boia, poi la sua mano si tese per stringere energicamente quella che il gentiluomo gli porgeva.

– To’!… Un carnefice che piange! – borbottò Testa di Pietra. – Si è mai veduta una cosa simile?

– Sir, – disse l’ufficiale. – sgombriamo subito. Fra poco il forte Johnson sarà completamente distrutto. L’avevamo giurato, e manterremo la nostra promessa.

Era veramente la fine di quella imponente fortezza. La guarnigione, decimata dalle artiglierie della corvetta e dalla cannonate americane, dopo un tentativo di resistenza dentro le caserme, si era finalmente arresa ai due colonnelli americani. Il fuoco era stato sospeso; ma un altro fuoco ben più terribile aveva preso il posto delle artiglierie. Magazzini, caserme, casematte, ridotti ardevano spaventosamente.

– Orsù! – disse Testa di Pietra. – È il nostro momento di andarcene, prima di essere arsi vivi. Nell’acqua ci sto: nel fuoco niente affatto. Questo è solamente buono ad accendere la pipa: ma la vecchia reliquia, non so per quale guasto, non tira più.

A notte fatta, del forte non rimanevano che poche rovine, ed il Corsaro insieme col colonnello Moultrie, coi suoi due marinai e col boia di Boston, il quale ormai aveva rinunciato al suo infame mestiere per tornar marinaio, si trovavano radunati sulla Tuonante.

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