La limonata che scioglie la lingua (seconda parte)

Il capitano Macpherson, impazientito, stava per lasciare la terrazza per recarsi nella jungla, quando Bhârata gettò un grido di trionfo.
– Cosa c’è?
– Guardate laggiù, capitano,- disse il sergente.- Uno dei nostri che ritorna di corsa.
– E’ Nysa.
– Ma è solo. Che sia fuggito Saranguy?
– Non lo credo. Nysa non tornerebbe.
L’indiano veniva innanzi colla velocità di una freccia, volgendosi di frequente indietro, come temesse di essere seguito.
– Sali, Nysa! – gridò Bhârata.
– Affrettati, affrettati, – disse il capitano, che non istava più fermo. L’indiano infilò, senza arrestarsi, la scala ed arrivò ansante, trafelato, sulla terrazza. I suoi occhi brillavano di gioia.
– Ebbene? – chiesero ad un tempo il capitano e il sergente, correndogli incontro..
– Tutto è scoperto. Saranguy è un “thug”!
– Ah’… Non t’inganni? – chiese il capitano con voce sibilante.
– No, non m’inganno: ho le prove.
– Narra, Nysa, voglio saper tutto. Quel miserabile la pagherà anche per Negapatnan.
– Ho seguito le sue traccie fino alla jungla, – disse Nysa. – Colà le smarrii, ma non tardai a trovarle cento metri più innanzi.
Affrettai il passo ed in breve tempo lo scorsi. Camminava rapidamente ma con precauzione, volgendosi frequentemente indietro e appoggiando talvolta l’orecchio a terra.
Venti minuti dopo lo udii mandare un grido e vidi uscire da un cespuglio un indiano. Era un “thug”, un vero strangolatore col petto tatuato e i fianchi stretti da un laccio.
Non potei udire il dialogo che tennero, ma Saranguy, prima di separarsi disse forte al compagno: “Avvertirai Kougli che io torno al ‘ bengalow ‘ e che fra pochi giorni avrà la testa”.
Si separarono prendendo due diverse vie. Io ne sapevo abbastanza e qui venni. Saranguy non deve essere molto lontano.
– Cosa vi diceva io, capitano? – chiese Bhârata.
Macpherson non rispose. Colle braccia convulsivamente incrociate sul petto, la faccia cupa, lo sguardo fiammeggiante, pensava.
– Chi è questo Kougli? – chiese egli ad un tratto.
– L’ignoro, – rispose Nysa.
– Senza dubbio un capo dei “thugs”, – disse Bhârata.
– Di quale testa parlava il miserabile?
– Non lo saprei, capitano. Egli non si spiegò di più.
– Che alludesse a una delle nostre?
– E’ probabile, – disse il sergente. Il capitano divenne più cupo.
– Ho uno strano presentimento, Bhârata, – mormorò egli. – Parlava della mia testa.
– Ma noi invece manderemo la sua al signor Kougli.
– Lo spero. Cosa faremo di Saranguy?
– Bisognerà farlo parlare.
– E parlerà?
– Col fuoco si riesce a tutto.
– Tu sai che sono più cocciuti dei muli.
– Si tratta di farlo parlare, capitano? – chiese Nysa. – M’incarico io.
– Tu?…
– Basterà dargli da bere una limonata.
– Una limonata!… Tu sei pazzo, Nysa.
– No, capitano! – esclamò Bhârata. – Nysa non è pazzo. Ho udito anch’io parlare di una limonata che fa sciogliere la lingua.
– E’ vero, – disse Nysa. – Con poche goccie di limone mescolate col succo della “youma” ed una pallottolina d’oppio, si fa parlare qualsiasi persona.
– Va’ a preparare questa limonata, – disse il capitano. – Se riesci ti regalo venti rupie.
L’indiano non se lo fece dire due volte. Pochi istanti dopo ritornava con tre grandi tazze di limonata poste sopra un bellissimo tondo di porcellana chinese. In una aveva di già fatto sciogliere la pallottolina d’oppio e il succo della “youma”.
Era tempo. Tremal-Naik era apparso sull’orlo della jungla, seguito da tre o quattro cercatori di piste.
Dal loro aspetto, il capitano comprese che Negapatnan non era stato né preso, né scoperto.
– Non monta, – mormorò egli, – Saranguy parlerà. Stiamo in guardia, Bhârata, onde il mariuolo non sospetti nulla, e tu, Nysa, fa’ mettere immediatamente delle spranghe alla feritoia della cantina. Ne avremo bisogno fra poco.
Tremal-Naik giungeva allora dinanzi al “bengalow”.
– Ehi! Saranguy! – gridò Bhârata, chinandosi sul parapetto. – Come va?
Abbiamo scoperto il birbone?
Tremal-Naik lasciò cadere lungo il corpo le braccia, con un gesto di scoraggiamento.
– Nulla, sergente, diss’egli. – Abbiamo perduto le traccie.
– Sali da noi; bisogna saper tutto.
Tremal-Naik, che nulla sospettava, non si fece ripetere l’invito e si presentò al capitano Macpherson, che si era seduto presso ad un tavolino colle limonate dinanzi.
– Ebbene, mio bravo cacciatore, – chiese questi con un sorriso bonario; – il mariuolo non fu dunque trovato?
– No, capitano. Eppure l’abbiamo cercato dappertutto.
– Non avete nemmeno scoperto le sue traccie?
– Sì, le abbiamo scoperte e seguite per un bel tratto; poi non fu possibile ritrovarle. Pare che quel dannato Negapatnan abbia attraversato la foresta, passando di albero in albero.
– E non rimase alcuno nel bosco?
– Sì, quattro sipai.
– Fin dove sei andato tu?
– Fino all’estremità opposta della foresta.
– Devi essere stanco. Bevi questa limonata, che ti farà bene.
Così dicendo gli porse la tazza. Tremal-Naik la vuotò tutta d’un fiato.
– Dimmi un po’, Saranguy, – ripigliò il capitano, – credi tu che ci sieno dei “thugs” nella foresta?
– Non lo credo, – rispose Tremal-Naik.
– Non conosci tu nessuno di quegli uomini?
– Io conoscere… di quegli uomini! – esclamò Tremal-Naik.
– E perché no? Tu hai vissuto molto tempo fra i boschi.
– Non è vero.
– Eppure mi dissero che ti hanno veduto parlare con un indiano sospetto.
Tremal-Naik lo guardò senza rispondere. I suoi occhi a poco a poco si erano accesi e risplendevano come due carboni infiammati; la sua faccia era divenuta d’una tinta più cupa e i lineamenti gli si erano alterati.
– Che hai da dire? – dimandò il capitano Macpherson, con accento lievemente beffardo.
– Thugs! – balbettò il “cacciatore di serpenti”, agitando pazzamente le braccia e rompendo in uno scroscio di risa. – Io parlare con un thug?
– Attento, – mormorò Bhârata, all’orecchio del capitano. – La limonata fa il suo effetto.
– Orsù, parla, – incalzò Macpherson.
– Sì, mi ricordo, ho parlato con un thug sull’orlo della foresta.
Ah!… ah!… E credevano che io cercassi Negapatnan. Che stupidi…
ah!… ah!… Io inseguire Negapatnan? Io che tanto ho lavorato per farlo scappare… ah!… ah!…
E Tremal-Naik, in preda ad una specie di allegria febbrile, irresistibile, rideva come un ebete, senza più sapere cosa dicesse.
– Avanti, capitano! – esclamò Bhârata. – Sapremo tutto.
– Il miserabile è perduto, – disse il capitano.
– Calma, capitano, e giacché è in vena di parlare, stuzzichiamolo.
– Hai ragione. Olà, Saranguy…
– Saranguy! – interruppe bruscamente il povero ebbro, sempre ridendo.
– Non sono Saranguy io… Che stupido che sei, amico mio, a credere che io porti il nome di Saranguy. Io sono Tremal-Naik… Tremal-Naik della jungla nera, il “cacciatore di serpenti”. Non sei stato mai tu nella jungla nera? Tanto peggio per te; non hai visto nulla di bello.
Oh che stupido che sei, che stupido!
– Sono proprio uno stupido, – disse il capitano, frenandosi a gran pena. – Ah! tu sei Tremal-Naik? E perché hai cangiato nome?
– Per allontanare ogni sospetto. Non sai che io volevo entrare al tuo servizio?
– E perché?
– I “thugs” così volevano. M’hanno donato la vita e mi daranno anche la “vergine della pagoda”… La conosci tu la “vergine della pagoda”?
No, tanto peggio per te. E’ bella sai, molto bella. Farebbe impazzire Brahma, Siva e anche Visnù.
– E dov’è questa “vergine della pagoda”?
– Lontana di qui, molto lontana.
– Ma dove?
– Non te lo dico. Tu potresti rubarmela.
– E chi la tiene?
– I “thugs”, ma me la daranno in isposa. Io sono forte, coraggioso.
Farò tutto ciò che essi vorranno per averla. Negapatnan intanto è liberato.
– Devi forse compiere qualche…
– Compiere?… Ah!… ah!… Devo… capisci, portare una testa…
ah!… ah!… Mi fai ridere come un pazzo.
– Perché? – chiese Macpherson, che cadeva di sorpresa in sorpresa, nell’udire quelle rivelazioni.
– Perché la testa che devo troncare… ah!… ah!… E’ la tua!…
– La mia! – esclamò il capitano, balzando in piedi. – La mia testa?
– Ma… sì… sì… A Suyodhana!
– Chi è questo Suyodhana?
– Come? non lo conosci tu? E’ il capo dei “thugs”.
– E sai dove ha il suo covo?
– Sì, che lo so.
– Dove?
– A… a…
– Parla, dimmelo, – urlò il capitano balzandogli addosso e stringendogli furiosamente i polsi.
– Tanto curioso sei tu?
– Sì, sono curioso di saperlo.
– E se non volessi dirlo? – Il capitano, in preda ad una tremenda eccitazione, lo afferrò a mezzo corpo e lo alzò.
– Sotto c’è il fiume, – gli disse. – Se non me lo dici ti getto giù.
– Tu vuoi burlarti di me. Ah!… ah!…
– Sì, è vero, voglio burlarmi di te. Dimmi dov’è Suyodhana.
– Che stupido che sei. Dove vuoi sia, se non è a Raimangal?
– Ah!… Ripetilo!… ripetilo!…
– A Raimangal t’ho detto.
Il capitano Macpherson gettò un grido, poi ricadde sulla sedia mormorando:
– Ada!… Oh! mia Ada! Sei salva finalmente!…

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