Ilrajah lo guardò con sorpresa.
– Vi siete smarrito forse? – chiese.
– No, Altezza.
– Una scommessa?
– Nemmeno.
– E dunque?
– Una disgrazia.
– Ha naufragato il vostro yacht?
– No, è stato colato a picco a colpi di cannone, dopo essere stato però spogliato di tutto ciò che conteneva.
– Ma da chi?
– Dai pirati, Altezza.
Ilrajah , lo sterminatore dei pirati, si alzò di scatto con gli occhi scintillanti, il viso animato da una terribile collera.
– I pirati! – esclamò. – Non sono sterminati ancora quei maledetti?
– Pare di no, Altezza.
– Avete visto il capo dei pirati?
– Sì – disse Yanez.
– Che uomo era?
– Bello assai, coi capelli nerissimi, gli occhi scintillanti, la tinta abbronzata.
– Era lui! – esclamò ilrajah con viva commozione.
– Chi lui?
– La Tigre della Malesia.
– Chi è la Tigre della Malesia? Ho già udito questo nome – disse Yanez.
– È un uomo potente, milord, un uomo che possiede il coraggio del leone e la ferocia della tigre, che guida una banda di pirati che di nulla ha paura. Quell’uomo tre giorni or sono gettava l’ancora alla foce del mio fiume.
– Che audacia! – esclamò Yanez che frenò a stento un fremito. – E l’avete assalito?
– Sì, lo assalii e lo sconfissi. Ma la vittoria mi costò cara.
– Ah!
– Vedendosi circondato, dopo una lotta ostinatissima che costò la vita a sessanta soldati di Sarawak, diede fuoco alle polveri e fece saltare il suo legno insieme con uno dei miei.
– È morto, dunque?
– Ne dubito, milord. Ho fatto cercare il suo cadavere, ma non fu possibile trovarlo.
– Che sia ancor vivo?
– Io sospetto che si sia rifugiato nei boschi con buon numero dei suoi.
– Che tenti di assalire la città?
– È un uomo capace di tentare il colpo, ma che non mi coglierà indifeso. Ho fatto venire delle truppe dayache che mi sono fedelissime e ho mandato parecchi indiani della mia guardia a ispezionare le foreste.
– Fate bene, Altezza.
– Lo credo, milord – disse ilrajah , ridendo. – Ma continuate il vostro racconto. In qual modo la Tigre vi assalì?
– Avevo lasciato due giorni prima Varauni mettendo la prua verso il capo Sirik. Avevo l’intenzione di visitare le principali città del Borneo, prima di tornarmene a Batavia e quindi in India.
– Facevate un viaggio di piacere?
– Sì, Altezza. Ero in mare da undici mesi.
– Proseguite, milord.
– Verso il tramonto del terzo giorno, lo yacht gettava l’ancora presso la foce del fiume Palo. Mi feci condurre a terra e m’inoltrai solo nelle foreste, con la speranza di abbattere qualche babirussa o una dozzina di tucani. Camminavo da due ore, quando udii una cannonata, poi una seconda, una terza, indi un tuonare continuo, furioso di artiglierie.
Spaventato, tornai correndo verso la costa. Era troppo tardi. I pirati avevano abbordato il mio yacht, ucciso o fatto prigioniero l’equipaggio, e avevano iniziato il saccheggio.
Rimasi nascosto, finché il mio legno andò a picco e i pirati si furono allontanati, poi mi precipitai verso la spiaggia. Non vidi che cadaveri che la risacca rotolava tra gli scogli, rottami, e l’estremità dell’alberetto di maestra che usciva di mezzo piede dalle onde.
Tutta la notte, disperato, mi aggirai presso la foce del fiume, chiamando, ma invano, i miei disgraziati marinai. Al mattino mi misi risolutamente in marcia seguendo la costa, attraversando foreste, paludi e fiumi, cibandomi di frutta e di volatili che la mia carabina mi procurava. A Sendang cedetti la mia arma e il mio orologio, le uniche ricchezze che possedevo, e mi riposai quarantotto ore. Acquistate nuove vesti da un colono olandese, un paio di pistole e unkriss , mi rimisi in viaggio e arrivai qui, affamato, spossato e per di più senza uno scellino.
– Ed ora, cosa contate di fare?
– A Madras ho un fratello ed in Iscozia ho ancora dei possedimenti e dei castelli. Scriverò per farmi mandare alcune migliaia di sterline, e col primo legno che giungerà qui tornerò in Inghilterra.
– Lord Welker – disse ilrajah , – io metto la mia casa e la mia borsa a vostra disposizione, e farò di tutto perché non dobbiate annoiarvi durante il tempo che rimarrete nel mio Stato.
Un lampo di gioia balenò sul volto di Yanez.
– Ma, Altezza… – balbettò, fingendosi imbarazzato.
– Ciò che faccio per voi, milord, lo farei per qualunque mio compatriotta.
– Come potrò ringraziarvi?
– Se un giorno verrò in Iscozia, mi contraccambierete.
– Ve lo giuro, Altezza. I miei castelli saranno sempre aperti per voi e per i vostri amici.
– Grazie, milord – disse ilrajah ridendo.
Suonò un campanello. Un indiano comparve.
– Questo signore è mio amico – gli disse ilrajah additandogli il portoghese. – Metto a disposizione la mia casa, la mia borsa, i miei cavalli e le mie armi.
– Sta bene,rajah – rispose l’indiano.
– Dove vi recate ora, milord? – chiese il principe.
– Visiterò la città e, se me lo permettete, Altezza, farò un giro pei boschi. Sono molto amante della caccia.
– Verrete a pranzare con me?
– Farò il possibile, Altezza.
– Pandij, conducilo nella sua stanza.
Porse la mano a Yanez il quale gliela strin se vigorosamente dicendo:
– Grazie, Altezza, di quanto fate per me.
– Arrivederci, milord.
Il portoghese uscì dal gabinetto, preceduto dall’indiano, ed entrò nella stanza destinatagli.
-Vattene – disse all’indiano. – Se avrò bisogno dei tuoi servigi suonerò.
Rimasto solo, il portoghese diede uno sguardo alla sua stanza. Era vasta, illuminata da due finestre che guardavano verso le colline, tappezzata di bellissimathungoa (carta fiorita di Tung) e ammobiliata con ricercatezza. C’erano un buon letto, un tavolino, parecchie sedie di leggerissimo bambù, sputacchiere cinesi, una bella lampada dorata proveniente senza dubbio dall’Europa e parecchie armi europee, indiane, malesi e bornesi.
– Benissimo – mormorò il portoghese, stropicciandosi le mani. Il mio amico Brooke mi tratta come se fossi un vero lord. Ti farò vedere mio caro, che razza di lord Welker io sia. Ma prudenza, Yanez, prudenza! Hai da fare con una vecchia volpe.
In quell’istante un fischio acuto risuonò al di fuori. Il portoghese trasalì.
– Kammamuri – disse. – Questa è una imprudenza.
Il rajah James Brooke (seconda parte)
12 Ottobre 2007 Di Leave a Comment
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