Nell’udire quei colpi di fucile e quelle grida, la Tigre della Malesia aveva fatto un salto verso la porta della capanna, mandando un vero ruggito.
– Il nemico qui!… – esclamò coi denti stretti. – Qui, in questo momento!… James Brooke, guai a te!
Tirò la scimitarra, terribile arma nelle mani di quel formidabile uomo, e si slanciò fuori del forte gridando:
– A me, tigrotti di Mompracem!…
Yanez, i pirati, Kammamuri e persino i due fidanzati si slanciarono dietro a lui con le armi in pugno. Lavergine della pagoda aveva anch’ella impugnato una scimitarra, pronta a combattere a fianco dei suoi benefattori.
Aïer-Duk e i suoi otto uomini discendevano, correndo, la china che menava alla baia.
Dietro di essi, fra gli alberi della foresta, Sandokan vide una grossa squadra d’uomini armati, alcuni bianchi, altri indiani edayachi .
– All’erta, pirati di Mompracem! il nemico! – gridò Aïer-Duk, precipitandosi verso la barca che era arenata sulla riva.
Sei o sette colpi di fucile rintronarono sotto la foresta ed alcune palle caddero in acqua.
– Le truppe delrajah Brooke! – esclamò Sandokan. – E proprio in questo momento, quando io credevo che la mia missione fosse terminata!
Ebbene, James Brooke, vieni pure a sfidarmi! La Tigre della Malesia non ti teme!
– Cosa facciamo, Sandokan? – chiese Yanez.
– Combatteremo, fratello – rispose il pirata.
– Vi bloccheranno.
– Che importa?
– Siamo sopra un’isola, fratello mio.
– Ma dentro un forte.
Aïer-Duk ed i suoi uomini, attraversato rapidamente il braccio di mare, erano sbarcati sull’isola. Sandokan e Yanez si slanciarono verso il bravodayaco che aveva un braccio insanguinato.
– Sei stato sorpreso? – gli chiese Sandokan.
– Sì, capitano, ma riconduco tutti i miei uomini.
– Quanti sono i nemici?
– Trecento almeno.
– Chi li comanda?
– Un bianco, capitano.
– Ilrajah ?
– No, non è ilrajah ; è un luogotenente di marina.
– Un uomo di alta statura con due lunghi baffi rossi? – chiese Yanez.
– Sì – rispose ildayaco . – E ha con sé una quarantina di marinai europei.
– È il luogotenente Churchill.
– Chi è questo Churchill? – chiese Sandokan
– Il comandante del fortino che domina la città di Brooke.
– E non hai veduto ilrajah ? – domandò la Tigre ad Aïer-Duk.
– No, capitano.
Sandokan digrignò i denti.
– Che hai? – chiese Yanez.
– Temo che il maledetto ci assalga dal mare – osservò il pirata. – Forse a quest’ora ilRealista naviga verso la baia.
– Per Giove! – esclamò Yanez, aggrottando la fronte. – Saremo presi fra due fuochi!
– Ma ci batteremo, e quando non avremo più né polvere né palle, andremo all’attacco con la scimitarra e colkriss .
Il nemico, che si era arrestato a seicento metri dalle rive della baia, cominciava allora ad avanzare tenendosi nascosto dietro gli alberi ed ai fitti cespugli. La moschetteria, per un istante sospesa, ricominciò a scrosciare.
– Per Giove! – esclamò Yanez, – grandina!
– Ritiriamoci nel forte – disse Sandokan. – È solido e resisterà alle palle di fucile.
I pirati, Tremal-Naik, Ada e Kammamuri rientrarono nel recinto, dopo aver però affondata la barca, perché il nemico non potesse servirsene per passare il braccio di mare.
La porta d’entrata fu barricata con enormi macigni, numerose feritoie vennero aperte nella palizzata che era tanto alta da sfidare una scala, poi ogni combattente, eccettuata lavergine della pagoda che venne condotta nella gran capanna, prese il posto che meglio gli conveniva.
– Fuoco, tigrotti di Mompracem! – tuonò Sandokan, che si era arrampicato con Yanez e sette o otto dei più arditi pirati sul tetto della gran capanna.
Al comando rispose l’urlo di guerra dei pirati, seguito da parecchi colpi di fucile. – Viva la Tigre della Malesia! Viva Mompracem!
Il nemico, continuando a sparare, era giunto presso la spiaggia.
Alcuni uomini cercavano di abbattere alberi, forse con l’intenzione di fare una zattera e approdare all’isola.
Ben presto s’accorsero però che non era cosa tanto facile avvicinarsi ad un fortino difeso dai terribili pirati di Mompracem.
Scariche micidiali partivano dal recinto con una rapidità tale e una precisione così matematica, che in pochi minuti quindici o sedici uomini giacevano a terra senza vita.
– Fuoco, tigrotti di Mompracem! – si udiva gridare, ad ogni istante, dalla Tigre della Malesia.
– Viva la Tigre!… Viva Mompracem! – rispondevano i pirati, e scaricavano le loro armi dirigendo le palle nel più fitto della massa nemica.
I soldati delrajah ben presto si videro costretti a retrocedere fino al bosco e celarsi dietro i tronchi degli alberi.
Quella ritirata si era appena effettuata, quando dalla sponda opposta della baia apparve, all’incerto chiarore delle stelle, un’altra grossa truppa d’uomini.
Una terribile grandinata di palle cadde quasi subito sul forte e sul tetto della gran capanna sulla cima della quale, ritto, col fucile in mano, si teneva Sandokan.
– Per Giove! – esclamò Yanez che udì fischiare alcune palle ai suoi orecchi.
– Altri nemici!
– E anche delle barche – disse Sambigliong che gli era vicino.
– Dove?
– Guardate laggiù, all’estremità della baia. Sono due, quattro, sette, una vera flottiglia!…
– Mille tuoni! – esclamò il portoghese. – Ehi! fratello mio!
– Che cosa vuoi? – chiese Sandokan che stava caricando la sua carabina.
– Stiamo per venir presi.
– Non hai un fucile tu?
– Sì.
– E una scimitarra e unkriss ?
– Certamente.
– Ebbene, fratello, noi ci batteremo.
Salì sulla cima del tetto, senza darsi pensiero delle palle che gli fischiavano attorno e tuonò:
– Tigrotti di Mompracem, vendetta! Lo sterminatore dei pirati si avvicina! Tutti sulle palizzate e fuoco su quei cani che ci sfidano!
I pirati abbandonarono precipitosamente le feritoie e si arrampicarono come gatti sul recinto.
Tremal-Naik, Sambigliong, Tanauduriam e Aïer-Duk li dirigevano, incoraggiandoli con la voce e con l’esempio.
Ben presto la moschetteria ricominciò con furia incredibile. Sotto ogni albero della costa balenava un lampo, seguito da una detonazione.
Centinaia e centinaia di palle s’incrociavano nell’aria con fischi lamentevoli.
Di quando in quando, fra il crescente frastuono, si udivano la voce tonante della Tigre della Malesia, le imprecazioni dei tigrotti, i comandi degli ufficiali delrajah e le urla selvagge degli indiani e deidayachi . Talvolta però non erano esclamazioni di trionfo o di entusiasmo: erano grida strazianti, gemiti di feriti e di moribondi.
D’improvviso, verso il mare, si udì una fortissima detonazione che coprì lo scrosciare della moschetteria. Era la possente voce del cannone.
– Ah! – esclamò Sandokan. – La flotta delrajah !
Guardò verso l’Oceano. Una grande ombra entrava nella baia accostandosi all’isola; due fanali, verde l’uno, rosso l’altro, brillavano ai suoi fianchi.
– Ehi! Sandokan!… – gridò una voce. – Corpo di una spingarda!
– Coraggio, Yanez! – rispose Sandokan.
– Per Giove! Abbiamo una nave alle spalle.
– Se occorre l’abborderemo e…
Non finì. Una fiammata era balenata a prua della nave che entrava nella vasta baia e una palla aveva abbattuto un pezzo di recinto.
– IlRealista ! – esclamò Sandokan.
Infatti quella nave che accorreva in aiuto degli assalitori era loschooner delrajah Brooke, lo stesso che alla foce del Sarawak aveva attaccato e mandato a picco l’Helgoland.
La rivincita del Rajah Brooke (prima parte)
17 Dicembre 2007 Di Leave a Comment
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