– E non morì? – chiese Sandokan, che si interessava al racconto.
– No – continuò Kammamuri, – non morì poiché più tardi io lo ritrovai in mezzo allajungla , insanguinato, col pugnale ancora infisso nei petto, ma vivo.
– E perché lo avevano gettato nellajungla ? – chiese Yanez.
– Perché le tigri lo divorassero. Lo portai nella nostra capanna e dopo molte cure guarì, ma il suo cuore era rimasto ferito dagli occhi neri della giovinetta… Un giorno, dopo essere scampato a parecchi agguati tesigli daithugs , risolvette di partire per Raimangal, deciso a tutto pur di rivedere l’amata creatura. C’imbarcammo di notte, durante un uragano, scendemmo il Mangal e approdammo all’isola.
Nessun uomo vegliava all’entrata deibanian e ci sprofondammo sotto terra addentrandoci in oscurissimi corridoi. Avevamo saputo che ithugs , non essendo riusciti ad estirpare dal cuore della giovinetta dagli occhi neri l’amore per Tremal-Naik, avevano deciso di bruciarla viva, per calmare l’ira della mostruosa dea, e noi correvamo a salvarla.
– Ma perché era proibito a quella donna di amare? – chiese Yanez.
– Perché era la guardiana della pagoda consacrata alla dea Kalì e, come tale, doveva mantenersi pura.
– Che razza di bricconi!
– Continuo: dopo aver percorso lunghi corridoi, uccidendo le sentinelle, ci trovammo in una immensa sala sostenuta da cento colonne e illuminata da una infinità di lampade che spandevano all’intorno una luce spettrale. Duecento indiani, coi lacci in mano, erano seduti all’intorno. In mezzo si ergeva la statua di Kalì: dinanzi a lei, il bacino dove nuota un pesciolino rosso, che si dice contenga l’anima della dea; e più oltre si levava un gran rogo.
Alla mezzanotte ecco apparire il capo Suyodhana coi suoi sacerdoti che trascinavano l’infelice ragazza, ubriacata di oppio e di misteriosi profumi. Ella non opponeva più alcuna resistenza.
Già non distava che pochi passi dal rogo; già un uomo aveva acceso una fiaccola e ithugs avevano intonato la preghiera dei defunti, quando io e Tremal-Naik ci slanciammo come leoni in mezzo all’orda, scaricando le nostre armi a destra e a sinistra. Sfondare quella muraglia umana, strappare la giovinetta dalle mani dei sacerdoti e fuggire attraverso le oscure gallerie, fu l’affare di un sol momento. Dove fuggivamo? Nessuno di noi lo sapeva, non ci si pensava in quel supremo istante. Non cercavamo che di guadagnare strada suithugs , i quali, rimessisi dallo spavento, si erano subito lanciati sulle nostre tracce! Corremmo per una buona ora addentrandoci sempre più nelle viscere della terra finché, trovato un pozzo, ci calammo entro una caverna che non aveva uscite. Quando cercammo di risalire era troppo tardi: ithugs ci avevano rinchiusi dentro!
– Maledizione! – esclamò Sandokan. – Di’ su,maharatto mio; la tua storia è interessantissima. Dimmi, siete fuggiti?
– No.
– Mille tuoni!
– Ci assediarono strettamente, ci assetarono accendendo attorno alla caverna immensi fuochi che ci arrostivano vivi, poi lasciarono irrompere su di noi un getto d’acqua alla quale era stato mescolato non so quale narcotico. Appena ci fummo dissetati, stramazzammo al suolo come colpiti da sincope e cademmo senza resistenza nelle mani dei nostri nemici.
Eravamo ormai rassegnati a morire, poiché nessuno di noi ignorava che la pietà è sconosciuta aithugs , nondimeno fummo risparmiati. La morte sarebbe stata troppo dolce per noi e nella mente infernale di Suyodhana, il capo degli strangolatori, si era già formato un terribile disegno, che aveva per scopo di svellere dal cuore della giovinetta l’amore per Tremal-Naik e di sbarazzarsi del mio padrone, che avrebbe potuto diventare per loro un formidabile nemico. Dovete sapere che a quel tempo un uomo prode, risoluto, cui era stata rapita la figlia daithugs , faceva loro una guerra accanita. Quell’uomo era un inglese e si faceva chiamare capitano Macpherson.
Centinaia e centinaia dithugs erano caduti per sua mano, e giorno e notte egli inseguiva gli altri senza tregua, potentemente aiutato dal governo inglese. Né i lacci degli strangolatori, né i pugnali dei più fanatici settari erano giunti a colpirlo, né le più infernali trame avevano avuto successo contro di lui.
Suyodhana, che lo temeva assai, gli lanciò contro Tremal-Naik promettendogli per compenso la mano dellavergine della pagoda d’Oriente , così infatti aveva come la fanciulla dai capelli neri amata dal mio padrone. La testa del capitano doveva essere il regalo di nozze!
– E Tremal-Naik accettò? – chiese la Tigre, con viva ansietà.
– Egli amava troppo la Vergine e accettò l’orribile patto di sangue impostoglidal padre delle sacre acque del Gange , lo spietato Suyodhana. Non vi narrerò tutto ciò che egli tentò, tutti i pericoli in cui incorse per poter avvicinare quel disgraziato capitano.
Una fortuita combinazione gli procurò il mezzo di diventare uno dei suoi servi, ma un giorno venne scoperto e dovette penare assai per ricuperare la libertà e salvare la vita.
Un terribile dramma (seconda parte)
24 Luglio 2007 Di Lascia un commento
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