Una notte in prigione (seconda parte)

 Arrotolò una sigaretta, l’accese, aspirò alcune boccate di fumo e avvicinandosi alla guardia:
 – Giovanotto, sei indiano? – chiese.
 – Bengalese, sir – rispose la guardia.
 – È da molto tempo che sei qui.?
 – Due anni.
 – Hai udito parlare di un pirata che si chiama la Tigre della Malesia?
 – Sì.
 Yanez represse a stento un gesto di gioia.
 – È vero che la Tigre è qui? – domandò.
 – Non lo so, ma si dice che i pirati hanno assaltato un vascello a venti o trenta miglia dalla costa e che poi sono sbarcati.
 – Dove?
 – Non si sa precisamente in qual luogo, ma lo sapremo.
 – In qual modo?
 – Ilrajah ha delle brave spie.
 – Dimmi, è vero che alcuni mesi or sono è naufragato un vascello inglese presso il capo Tanjong-Datu?
 – Sì – rispose l’indiano. – Era un vascello da guerra proveniente da Calcutta.
 – Chi corse in suo aiuto?
 – Il nostrorajah col suoschooner , ilRealista .
 – Fu salvato l’equipaggio?
 – Tutto, compreso un indiano condannato alla deportazione perpetua, non ricordo più in quale isola.
 – Un indiano condannato alla deportazione perpetua! – esclamò Yanez, fingendo la massima sorpresa. – E chi era costui?
 – Si chiamava Tremal-Naik.
 – E qual delitto aveva commesso? – chiese Yanez, trepidante.
 – Mi si disse che aveva ucciso degli inglesi.
 – Che brigante! Ed è ancora qui questo indiano?
 – È rinchiuso nel fortino.
 – In quale?
 – Quello che è sul colle. Non ve n’è che uno a Sarawak.
 – Ha guarnigioni il fortino?
 – Vi sono i marinai del legno naufragato.
 – Molti?
 – Una sessantina al massimo.
 Yanez fece una smorfia. – Sessanta uomini! – mormorò. – E forse vi saranno anche dei cannoni.
 Si mise poi a camminare per la stanza, meditabondo. Passeggiò così per alcuni minuti, poi si sdraiò sull’amaca, pregò la sentinella di abbassare la fiamma della lampada e chiuse gli occhi.
 Quantunque prigioniero e con molti pensieri pel capo, il portoghese dormì tranquillo come se fosse stato a bordo dellaPerla di Labuan o nella capanna della Tigre della Malesia.
 Quando si svegliò, un raggio di sole penetrava attraverso le foglie dinipa che servivano da persiane.
 Guardò verso la porta, ma la sentinella non c’era più. Vedendolo dormire e fors’anche udendo russare, se n’era andata, certa che un prigioniero di quel genere non sarebbe saltato dalle finestre.
 – Benissimo – disse il portoghese. – Approfittiamone.
 Balzò giù dall’amaca, fece un po’ ditoilette , alzò la stuoia e si affacciò alla finestra, respirando a pieni polmoni l’aria fresca del mattino.
 Sarawak presentava un bel colpo d’occhio con le sue palazzine di legno circondate da verdeggianti boschetti, col suo grande fiume ombreggiato da superbi alberi e solcato da piccoliprahos , da svelte piroghe, da leggeri e lunghi canotti, con le bizzarre casette dal tetto arcuato e dipinte a smaglianti colori, del quartiere cinese, con le capanne di foglie dinipa , piantate su pali di rispettabile altezza, del quartieredayaco e le viuzze affollate di cinesi, didayachi , di bughisi e di macassaresi.
 Il portoghese percorse, con un rapido sguardo, la città e arrestò gli sguardi sulle colline. Come si disse, v’erano eleganti palazzine di legno abitate dagli europei. Più oltre, però, si vedeva una graziosa chiesetta e, a non grande distanza, un forte solidamente costruito e con molte feritoie.
 Il portoghese lo guardò con attenzione profonda.
 – È la che vi è Tremal-Naik – mormorò. – Come liberarlo?
 In quello stesso istante una voce dietro di lui diceva:
 – Ilrajah vi attende.
 Yanez si volse e si trovò dinanzi il bengalese.
 – Ah! siete voi, amico? – disse sorridendo. – Come starajah Brooke?
 – Vi attende, sir.
 – Andiamo a stringergli la mano.
 Uscirono, salirono un’altra scala ed entrarono in un salotto, le cui pareti scomparivano sotto un vero strato d’armi di tutte le grandezze e di tutte le forme.
 – Entrate in quel gabinetto – disse il bengalese.
 – Che cosa racconterò? – mormorò il portoghese. – Coraggio, Yanez. hai una vecchia volpe dinanzi.
 Spinse la porta ed entrò risolutamente nello studio in mezzo al quale davanti ad una tavola ingombra di carte geografiche, stavasene seduto ilrajah di Sarawak.

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