Assordanti clamori e vari colpi di moschetto avevano risposto al rimbombo del pezzo d’artiglieria. Non erano però grida di guerra, anzi di gioia, segno evidente che non si trattava del Re del Mare, bensì della nave inglese attesa.
Yanez e sir Moreland, tranquillizzati dalla minaccia della sentinella, avevano cercato di arrampicarsi fino al tetto dove si vedeva uno spiraglio; però avevano dovuto rinunciare in causa dell’altezza della parete.
– Bah! – disse l’anglo-indiano. – Sarà un’attesa di pochi minuti.
– Che sia una nave appartenente alla flottiglia di Labuan? – chiese Yanez.
– Lo suppongo. Pare che i miei compatriotti siano sbarcati; non udite questi urrah?
– Sì, la popolazione li saluta.
– Fra poco la commedia si tramuterà in farsa, con gran stupore di quello stupido di governatore che si è ostinato a non credermi un capitano autentico.
Le grida si avvicinano, i miei compatriotti vengono a liberarci.
– Gli isolani supporranno invece che vengano per appenderci, – disse Darma.
– Sono capaci di aver preparate le corde, – disse Yanez, scherzando.
Un rumore di voci si era udito verso la porta. Un momento dopo le traverse cadevano al suolo e uno sprazzo di luce invadeva il magazzino. Il governatore era comparso sulla soglia, assieme ad un uomo giovane ancora, con lunga barba bionda e gli occhi azzurri e che indossava la divisa di tenente di marina.
Dietro di loro si vedeva un drappello di marinai armati da guerra, baionette innestate, circondati da numerosi isolani.
– Ecco i pirati! – aveva gridato il vecchio, indicando i prigionieri. – Meritano dieci braccia di corda e bene insaponata. Arrestateli!
Con suo immenso stupore il tenente, invece di far avanzare i suoi marinai, si era precipitato verso sir Moreland colle braccia aperte, gridando:
– Comandante! Possibile! Voi vivo ancora! Sogno io?
– No, mio caro Leyland! – esclamò sir Moreland. – Sono precisamente io, in carne ed ossa. Abbracciatemi, amico mio!
Mentre il tenente e il capitano si precipitavano l’uno contro l’altro, il governatore, completamente scombussolato da quell’inatteso colpo di scena, si grattava furiosamente la testa, ripetendo:
– Ma se è un alleato dei pirati! Guardatelo, guardatelo bene, signor tenente! Inganna anche voi!
Il tenente, senza badare alle proteste del vecchio, nè alle imprecazioni e alle grida di stupore degli isolani, aveva chiesto:
– Come mai vi trovate qui, capitano, mentre vi si credeva affondato assieme alla vostra nave? Qui, a così tanta distanza da Sarawak?
– Non ve lo avevano detto i marinai lasciati liberi dal corsaro?
– Sì, ma nessuno aveva prestato fede alle loro parole.
– Signor Leyland, che cosa siete venuto a cercare qui?
– Il corsaro.
– Siete giunto troppo tardi e poi non vi consiglierei di misurarvi con quella nave! Ci vuole ben altro che un incrociatore! Volete un consiglio da vero amico? Prendete subito il largo ed evitate d’incontrarvi col Re del Mare delle tigri di Mompracem. Andiamo a bordo e vi racconterò poi tutto, ma lasciate prima che vi presenti due amici: miss Darma Praat e suo fratello.
Il governatore, vedendo il tenente a porgere la mano al portoghese, scoppiò come una bomba.
– Vi mistificano! – urlò. – Ecco il pirata che ci ha derubati! Appiccatelo!
– Silenzio, vecchia cornacchia, – disse sir Moreland. – Sono affari che non vi riguardano, giacchè il carbone non era di vostra proprietà.
– E le nostre bestie?
– Fate incassare la tratta a Pontianak, – disse Yanez, ironicamente.
– Che istoria è questa, capitano? – chiese il tenente.
– A più tardi maggiori spiegazioni, – rispose sir Moreland. – Fate proteggere questa miss e suo fratello dai vostri marinai.
– Appiccateli! – urlava il governatore, inferocito. – Sono tutti pirati!
– Silenzio! – tuonò il tenente impazientito. – Se questi signori, come voi affermate, sono dei pirati, il consiglio di guerra li giudicherà. Marinai, formate il quadrato ed a bordo subito.
– Signor tenente! – gridò il vecchio.
– Basta, ho capito, saranno giudicati. Avanti, in linea serrata.
I marinai, una trentina in tutti, splendidamente equipaggiati, chiusero le loro file attorno a sir Moreland, a Yanez ed alla giovane e scesero verso la spiaggia, seguiti dal governatore e dalla popolazione la quale commentava, poco favorevolmente, la condotta del tenente, credendo in buona fede che volesse proteggere dei volgari pirati.
Nel piccolo bacino vi erano tre scialuppe e fuori, un bellissimo incrociatore di piccole dimensioni, tutto dipinto in nero, che navigava fra i due promontori, tenendosi sotto vapore.
Il capitano, il tenente, Yanez e Darma s’imbarcarono sulla più grossa scialuppa assieme a dieci marinai, mentre gli altri prendevano posto nelle altre due.
Con pochi colpi di remo le scialuppe attraversarono la distanza, abbordando la scala di tribordo che era rimasta abbassata.
– Capitano, – disse il tenente, quando sir Moreland giunse in coperta, salutato dagli hurrà strepitosi dell’equipaggio, – la mia nave è tutta a vostra disposizione.
– Non chiedo che una cabina per me e una per ciascuno dei miei compagni. Giudicherete voi, comandante della nave, se potrete trattarli come prigionieri di guerra, dopo però che mi avrete ascoltato. Miss Darma, signor de Gomera, attendetemi.
Mentre la nave riprendeva il largo, il capitano ed il tenente scesero nel quadro dove ebbero un lungo colloquio.
Quando risalirono, sir Moreland era sorridente e pareva molto lieto.
– Miss, signor de Gomera, – disse accostandosi a loro, – voi non verrete ricondotti a Labuan, perchè la nave deve recarsi a Sarawak senza indugio.
– Dove verremo consegnati al rajah, – disse Yanez.
– È tutto quello che noi possiamo fare, quantunque io avessi desiderato ben altro, – disse il capitano con un sospiro.
– E che cosa, sir Moreland? – chiese Darma.
L’anglo-indiano scosse il capo senza rispondere, poi offrendo il braccio alla giovane e conducendola verso la poppa, le disse con certa agitazione.
– Vorrei strapparvi una promessa, miss.
– Quale, sir Moreland? – chiese Darma.
– Di non imbarcarvi più sul Re del Mare.
– Se sono prigioniera?
– Il rajah vi rimetterà subito in libertà.
– È impossibile, Sir: colà vi è mio padre ed egli non lascerà il Re del Mare. La sua sorte è unita a quella degli ultimi pirati di Mompracem.
– Pensate che io un giorno mi troverò nuovamente dinanzi alla nave di Sandokan e che forse toccherà a me colarla a fondo e dare anche a voi la morte, io che darei invece tutto il mio sangue per voi. Che cosa rispondete, miss Darma.
– Lasciate tutto al destino, sir Moreland, – rispose la giovane.
– Eppure mi amate.
Darma lo guardò, senza rispondere; i suoi occhi erano umidi.
– Ditemelo, Darma.
– Sì, – mormorò ella, con una voce così lieve che parve un soffio.
– Mi giurate di non dimenticarmi?
– Ve lo giuro.
– Ho fede nel nostro destino, Darma.
– Ed io temo invece che sarà fatale ad entrambi. Il nostro affetto è nato sotto una cattiva stella, sir Moreland, lo sento, – disse la giovane con voce triste.
– Non parlate così, miss Darma.
– Che volete, sir Moreland, vedo buio nel nostro avvenire. Mi pare che una catastrofe non lontana minacci noi due. Questa guerra sarà fatale anche a noi.
– Voi potrete evitare questo pericolo, Darma. Esso sta nascosto negli abissi dell’Atlantico.
– Ed in quale modo?
– Abbandonando il Re del Mare al suo destino, ve lo dissi già.
– No, sir Moreland. Finchè sventolerà la bandiera delle tigri di Mompracem, Darma, la protetta di Sandokan e Yanez, non lascerà la nave.
– E non sapete dunque che essi sono destinati a perire tutti? Le migliori e le più possenti navi della marina inglese fra poco piomberanno su questi mari e spazzeranno via il corsaro. Fuggirà, vincerà forse altre battaglie, eppure presto o tardi dovrà soccombere sotto le nostre artiglierie.
– Ve lo dissi ancora: noi sapremo morire da valorosi, al grido di: Viva Mompracem!
– Bella e coraggiosa, come una vera eroina! – esclamò sir Moreland, guardandola con ammira rione. – Ed il fiotto di sangue sarà fatale a tutti!…
Yanez si era in quel momento accostato con precipitazione.
– sir Moreland! – esclamò. – Una nave a vapore corre su di noi. È stata già segnalata dal comandante.
– Che sia il Re del Mare! – esclamò Darma.
– Si sospetta che sia una nave da guerra. Guardate: i marinai si preparano al combattimento.
La fronte di sir Moreland si era oscurata, mentre un rapido pallore si era diffuso sul suo viso.
– Il Re del Mare, – mormorò con voce sorda. – Esso viene a spezzare la mia felicità.
Il tenente lo aveva raggiunto, tenendo in mano un cannocchiale.
– Sir James, – disse. – Una nave e molto grossa, se non m’inganno, punta su di noi.
– Che sia una delle nostre? – chiese il capitano.
– No, perchè viene dal nord-est, mentre la nostra squadriglia si è diretta verso Sarawak colla speranza di trovare il corsaro in quella direzione.
Un punto nero, che ingrandiva rapidamente, sormontato da due nere colonne di fumo, era apparso all’orizzonte e pareva che si dirigesse verso il gruppo di Mangalum, muovendo a grande velocità.
Sir Moreland aveva puntato il cannocchiale e guardava con estrema attenzione.
Ad un tratto l’istrumento gli sfuggì dalle mani:
– Il Re del Mare! – esclamò con voce rauca, mentre gettava su Darma uno sguardo ripieno di tristezza.
– Sandokan! – esclamò Yanez. – Nemmeno questa volta mi appiccheranno!
– È il corsaro? – chiese il tenente.
– Sì, – rispose sir Moreland.
– Daremo battaglia e l’affonderemo, – disse il tenente.
– Volete farvi colare a picco? Fra pochi minuti nave e uomini saranno in fondo al mar della Sonda. Ci vuole ben altro, che un incrociatore di terza classe per affrontare quella nave, la più moderna, la più rapida e la più formidabile di quante ve ne siano.
– Eppure non mi lascerò catturare senza combattimento, – rispose il tenente.
– Non lo vorrei nemmeno io, amico; credo però che noi lo eviteremo. Le conseguenze sarebbero per noi disastrose.
– In quale modo?
– Fate calare in acqua una scialuppa e lasciate che io vada prima a parlamentare colla Tigre della Malesia. Voi perderete i due prigionieri, io perderò molto di più, ve lo giuro, ma voi salverete la vostra nave e il vostro equipaggio.
– Vi obbedisco, Sir James.
Mentre i marinai calavano una baleniera, il Re del Mare che avanzava con una velocità di dodici nodi all’ora, piombava sull’incrociatore.
Le sue possenti artiglierie delle torri di prora, erano già state puntate e si preparavano a coprire di fuoco e d’acciaio il minuscolo nemico ed a colarlo a fondo alla prima bordata.
Il lungo nastro rosso, segno di combattimento, era salito sventolando sull’albero di prora, mentre la bandiera rossa di Mompracem, adorna d’una testa di tigre veniva innalzata su quella di poppa.
Sandokan, vedendo l’incrociatore inglese arrestarsi, issare bandiera bianca e calare in mare una scialuppa, aveva ordinato macchina indietro, fermandosi a milleduecento metri dall’avversario.
– Pare che l’inglese non si senta abbastanza forte per misurarsi con noi, – aveva detto a Tremal-Naik che lo aveva raggiunto nella torretta. – Che voglia arrendersi? Non saprei cosa farne di quella nave.
– Le prenderemo le artiglierie e le munizioni, oltre il carbone, – rispose l’indiano. – Potranno servire ai nostri amici dayaki di Sarawak.
– Sì, eppure mi spiacerebbe perdere altro tempo, – disse la Tigre della Malesia. – Dobbiamo cercare Yanez e Darma.
– Speri di trovarli ancora sullo scoglio? – chiese Tremal-Naik con angoscia.
– Non ne dubito. Io li ho veduti approdare, prima che le tenebre coprissero quell’isolotto. Oh! Un capitano nella baleniera! Che venga a offrirci la sua spada? Avrei preferito un combattimento, giacchè sento una smania furiosa di tutto distruggere.
– Tigre della Malesia, – disse in quel momento Sambigliong, il quale aveva puntato un cannocchiale sulla scialuppa. – È mai possibile! Che io mi inganni o che sia realmente lui! Guardate! Guardate!
– Che cosa hai veduto?
– È lui, vi dico, è lui!
– Chi lui?
– sir Moreland.
– Moreland! – esclamò Sandokan, prima impallidendo e poi arrossendo, mentre un lampo di speranza gli balenava negli sguardi. – Moreland a bordo di quel legno! Allora Yanez… Darma… Come possono trovarsi su quella nave? È impossibile, ti sei ingannato, Sambigliong.
– No, guardate, ci ha scorti e ci saluta agitando il berretto.
Sandokan si era slanciato fuori dalla torretta.
Un grido di gioia gli sfuggì.
– Sì, è lui, sir Moreland!…
La baleniera, sotto la spinta di dodici remi, s’avanzava rapidissima.
L’anglo-indiano, in piedi a poppa, salutava ora col berretto, senza abbandonare la barra del timone.
– Abbassate la scala! – gridò Sandokan.
L’ordine era stato appena eseguito che la baleniera abbordava. Sir Moreland salì rapidamente a bordo, dicendogli con una certa freddezza:
– Sono lieto di rivedervi, signore, e di potervi dare una notizia che gradirete assai.
– Yanez… Darma?… – gridarono ad una voce Sandokan e Tremal-Naik.
– Sono a bordo di quella nave.
– Perchè non li avete condotti qui? – chiese Sandokan aggrottando la fronte.
L’anglo-indiano che era diventato estremamente serio e che parlava con voce quasi imperiosa, rispose:
– Vengo per intavolare delle trattative, signore.
– Che cosa volete dire?
– Che il comandante vi consegnerà il signor Yanez e miss Darma a condizione che voi lasciate tranquilla quella nave, che come ben vedete non sarebbe in grado di misurarsi con la vostra.
Sandokan ebbe un istante di esitazione, poi rispose:
– Sia pure, sir Moreland. Saprò ritrovarla più tardi.
– Fate abbassare la bandiera di combattimento. Il comandante comprenderà che voi avete accettato la sua proposta e vi manderà subito i prigionieri.
Sandokan fece un segno a Sambigliong e pochi istanti dopo il nastro rosso veniva fatto scendere in coperta. Quasi nel medesimo istante una seconda scialuppa si staccava dal fianco del piccolo incrociatore: vi erano sopra Darma e Yanez.
– sir Moreland, – disse Sandokan, – dove vi ha raccolti quella nave?
– A Mangalum, – rispose l’anglo-indiano, senza levare gli occhi dalla scialuppa che s’accostava rapidissima.
– Vi eravate salvati sullo scoglio?
– Sì, – rispose il capitano, che pareva avesse perduta la sua abituale cordialità e che fosse in preda a delle profonde preoccupazioni.
La seconda scialuppa era giunta. Yanez e Darma avevano salito precipitosamente la scala, cadendo l’uno nelle braccia di Sandokan e la seconda in quelle di suo padre.
Sir Moreland, pallidissimo, guardava con occhio triste quella scena. Quando si furono separati, si volse verso Sandokan, chiedendogli:
– Ed ora mi tratterrete ancora prigioniero?
La Tigre della Malesia stava per rispondere, quando Yanez lo prevenne.
– No, sir Moreland, voi siete libero. Tornate a bordo dell’incrociatore.
Sandokan non aveva nascosto un gesto di stupore. Probabilmente non era quella la risposta che intendeva dare all’anglo-indiano, nondimeno non replicò.
– Signori, – disse allora l’anglo-indiano con voce grave, fissando bene in viso Sandokan e Yanez, – spero di rivedervi presto, ma allora saremo terribili nemici.
– Vi aspettiamo, – rispose freddamente Sandokan.
S’accostò a Darma e le tese la mano, dicendole con accento triste:
– Che Brahma, Siva e Visnù vi proteggano, miss.
La fanciulla che appariva profondamente commossa, strinse la mano senza parlare. Pareva che avesse un nodo alla gola.
L’anglo-indiano finse di non vedere le mani che Yanez, Sandokan e Tremal-Naik gli porgevano, salutò militarmente e scese rapidamente la scala senza volgersi indietro.
Quando però la scialuppa che lo conduceva verso il piccolo incrociatore passò dinanzi la prora del Re del Mare alzò la testa e vedendo Darma e Surama sul castello, le salutò col fazzoletto.
– Yanez, – disse Sandokan, traendo da parte il portoghese. – Perchè lo hai lasciato andare? Egli poteva diventare un ostaggio prezioso.
– Ed un pericolo per Darma, – rispose Yanez. – Essi si amano.
– Me n’ero accorto. È un bel giovane e valoroso, ha sangue anglo-indiano nelle vene al pari di Darma… chissà? Dopo la campagna.
Stette un momento come immerso in un profondo pensiero, poi riprese:
– Cominciamo le ostilità: gettiamoci sulle vie di navigazione e cerchiamo, finchè le squadre ci cercano nelle acque di Sarawak, di fare il maggior male possibile ai nostri avversari.
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