Dopo quel grande sconcerto, terminato colla fuga degli spettatori, tentammo di organizzare altri divertimenti serali; ma la fortuna da principio non ci arrise.
Nessuno rispondeva più ai nostri inviti. Nemmeno l’inclita guarnigione, che pure doveva essere abituata ai concerti assordanti, non voleva saperne di assistere alle nostre serate.
Fu quindi deciso di gettare via gli strumenti già fracassati e di tentare qualche altra nuova via. Già non davano più alcun suono; anche il mandolino era scoppiato in seguito a non so quale rissa accaduta fra i professori d’orchestra.
Dopo moltissime adunanze fu deciso di tentare…. il teatro! La signora Sali, che un tempo era stata una brava filodrammatica, e Alfonso che aveva debuttato nella compagnia Murro al Quirino di Roma, furono nominati i nostri istruttori. Il letterato poi fu incaricato di scrivere un dramma a forte tinte, con moltissimi morti.
Con cartoni e tende fu improvvisato nella nostra Topaia un piccolo teatro. Mancava lo scenario; fu rimediato con un vecchio scialle datoci da una servetta.
Mi ricordo che per turare i buchi vi appiccicammo una trentina di lune, colla pipa in bocca.
La nostra istituzione presentò da principio delle difficoltà non comuni, non ostante la pazienza di Alfonso. L’elemento era troppo turbolento e poi nessuno di noi aveva declamato mai nemmeno un verso.
Aggiungete ancora che dopo poche parole gli artisti filodrammatici scappavano via per bagnarsi la gola e che non sempre ritornavano. Era necessario mandare dei messi per deciderli a lasciare l’osteria.
Il letterato intanto aveva preparato il dramma. L’aveva cominciato la mattina, e la sera aveva scritto la fine. Il titolo era rimbombante e doveva produrre un effetto immenso. Giudicatene voi:
IL MANGIATORE DI BAMBINI
OSSIA
IL BUON PARROCO
OVVERO
GALLINA VECCHIA FA BUON BRODO
Il dramma era diviso come segue: Atto primo: Il passaggio del Mar Rosso, con scenario espressamente dipinto dal miniatore della Topaia. Gli attori porteranno le sciabole e gli speroni.
Atto secondo: Gli amori della regina. La musica salirà sul palcoscenico.
Il prologo sarà rallegrato da una dispensa di fiori agli intervenuti.
Atto terzo: Il naufragio della Medusa. La barca porterà lo stemma della Topaia.
Grande commozione del pubblico e degli attori, prodotta dalla fuga dei topi.
Atto quarto: Sul Monte Parnaso.
Atto quinto: Il gatto salvatore. Il gatto sarà vivo e miagolerà per la circostanza.
Atto sesto: Scena finale colla morte del suggeritore.
Farsa: L’unghia incarnita.
NB. – I costumi saran provveduti dal barbiere e le barbe e le parrucche dalla guarnigione locale.
Per questa sera è abolita la pipa
Il servizio dei pompieri sarà regolato dal grande cacciatore della Topaia.
La divisione delle parti mise a dura prova la pazienza dell’ex-segretario del moro. Nessuno voleva fare il mangiatore di bambini pel semplice motivo che durante lo svolgimento del sanguinosissmo dramma, doveva prendere un bel numero di legnate.
Finalmente l’artista barbuto, che era molto largo di spalle, s’assunse il penoso incarico.
La signora Sali doveva fare la Regina; Ferrol il parroco; il letterato il capitano della Medusa; Alfonso un guerriero.
Dopo molte prove, venne finalmente la sera della rappresentazione.
Avendo diramati parecchi inviti, la nostra Topaia si riempì talmente che fummo costretti a far sedere delle signore su dei vasi capovolti. Agli uomini furono negate spietatamente le sedie, però fu loro concesso di appoggiarsi ai muri.
La rappresentazione cominciò fra un silenzio assoluto. Se ci fossero state le mosche si sarebbero udite volare.
Il primo atto ottenne un successo immenso. Alfonso, che si nascondeva sotto le vesti d’un giovane guerriero innamorato della regina, fu sublime.
Le signore piangevano dopo la scena dell’attrice col capitano della Medusa suo amoroso. Una perfino svenne per la straordinaria commozione e fu portata nel cortile.
Nel secondo atto, quando comparve il mangiatore di bimbi vestito da gladiatore romano con quattro pistole alla cintura e gli speroni, la commozione raggiunse il massimo limite.
I bambini scapparono per paura che l’artista barbuto volesse mangiarli.
L’atto però fu guastato dalle innumerevoli papere dell’attore. Non sapendo bene la parte, s’imbrogliava ogni momento, facendo un tale pasticcio da non poter più seguire il filo dell’azione.
Figuratevi che ad un certo momento, non sapendo più cosa dire, quel birbone si mise a predicare contro… il divorzio!…
Ah!… Mi dimenticavo di dirvi che l’atto terzo era stato lì per lì soppresso pel semplice motivo che la barca di cartone era stata schiacciata inavvertitamente, da uno degli artisti. Quindi niente naufragio della Medusa e niente commozione generale.
Gli spettatori fortunatamente non si erano nemmeno accorti di quel taglio cesareo.
L’atto quarto mi parve che non soddisfacesse troppo il pubblico. Il programma aveva promesso materia vastissima; viceversa non v’era azione veruna.
Fu una lunghissima scena muta fra il monte Parnaso dipinto su una vecchia tela ed un cappello da prete.
Cosa volesse significare non lo seppi mai e nemmeno lo seppe mai l’autore del sanguinario dramma.
Venne però il gatto salvatore a trarre in salvo la pericolante tragedia.
Gli avevamo incollati dei gusci di noce sotto le zampe perchè non scappasse troppo presto e per farlo miagolare gli avevamo legata fortemente la coda.
Il concerto che diede quella povera bestia fu commovente e rialzò vigorosamente le sorti del dramma.
Si volle perfino il bis, con grande soddisfazione dell’autore del lavoro, il quale dovette comparire alla ribalta una dozzina di volte.
Cosa poi ci avesse a fare lui col gatto, io davvero non lo saprei e non dovevano nemmeno saperlo gli spettatori.
Finalmente si giunse all’atto sesto, il più impressionante. Il mangiatore di fanciulli – che fra parentesi non ne aveva mangiato nemmeno uno – in questo atto non aveva alcuna parte. L’unico personaggio che comparve fu il suggeritore e siccome era scritto sul programma che doveva venire assassinato, si preparò coraggiosamente ad andarsene all’altro mondo.
L’uccisore doveva essere il capitano della Medusa, ma in quel momento supremo non comparve e con lui era pure sparito il mangiatore di bambini ed anche la regina. Quei birbanti, come si seppe poi, erano scappati dalla castellana che non aveva potuto intervenire, per vedere di bagnarsi il becco.
Non era rimasto che il parroco, rappresentato da Ferrol. Farlo uccidere da lui il suggeritore, non era ammissibile. Fu pregata l’attrice di suicidarlo, ma all’ultimo momento le mancò il coraggio.
Il povero suggeritore disperato non sapendo più a qual santo votarsi, strappò la corda del telone e si strozzò colle proprie mani fra un tale subisso d’applausi, da far spegnere tutti i lumi.
Ed il pubblico soddisfatto se ne andò senza nemmeno aspettare la farsa, esclamando sul tono di Massinelli: — Oh che bella festa! Oh che bella festa!… —
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