Una settimana dopo della grande vittoria americana, poiché quell’ostinata difesa aveva costretto anche le ultime navi lasciate da lord Howe ad andarsene, la Tuonante, con nuovo albero e ben provvista di viveri e di munizioni, lasciava le acque del forte di Moultrie. Ma non era sola: guidava la prima flottiglia americana composta, come abbiamo detto, del Colombo, dell’Alfredo, dell’Andrea Doria, del Sebastiano Caboto e Provvidenza, con un totale di cento e sei cannoni e montata da più che cinquecento abilissimi marinai, abituati ormai a corseggiare attraverso l’Atlantico.
Una gravissima notizia era giunta, portata da una piccola gagliotta, gravissima per gli Americani e niente affatto spiacevole a sir William, il quale non dimenticava un solo istante Mary di Wentwort, e il marchese d’Halifax. Aveva dunque raccontato il comandante del piccolo e sveltissimo legno corsaro che una grossa squadra, comandata da lord Dunmore, proveniente dai porti d’Irlanda con parecchie migliaia di Scozzesi, soldati in special modo temuti dagli Americani per il loro valore e la loro incredibile resistenza al fuoco, dopo aver cercato di approdare sulle rive della Virginia, respinta da spaventevoli uragani, si avvicinava. Ma aveva anche aggiunto che un certo numero di navi, che lord Howe cercava di condurre verso New York, pure sorprese da venti contrari e da tempeste, si erano imbrancate nella flotta di lord Dunmore.
Una speranza era subito balenata nel cuore del Baronetto: che anche la fregata del Marchese fosse stata sorpresa dai cicloni e che si trovasse insieme con quelle giunte dall’Europa.
E perché no? Testa di Pietra, che da buon Bretone vedeva molto lontano, era più che mai convinto di ritrovare in qualche luogo dell’Atlantico la fregata che aveva rapito al suo capitano la bionda Mary di Wentwort.
«Corpo di tutti i campanili della Bretagna!» aveva detto a Piccolo Flocco. «Noi faremo una magnifica crociera quantunque la squadriglia americana, a mio giudizio, valga ben poco… Bà! la vedremo alla prova.»
La Tuonante aveva appena assaggiate le onde dell’Atlantico, quando delle grida furiose si alzarono dalla stiva, il cui boccaporto era rimasto aperto. Si bestemmiava e anche si picchiava sonoramente, e delle persone urlavano di quando in quando in pessimo inglese:
«Voi accopparci? Canaglia!»
«Noi essere soldati!»
«Ma che soldati?…», rispondeva la voce tonante del mastro della sala. «Siete dei traditori. Vi abbiamo sorpresi nella Santa Barbara. Che ci facevate, canaglie? Volevate farci saltare tutti! Giù, un paio di pedate ancora. In coperta, in coperta miserabili!»
Testa di Pietra e Piccolo Flocco, udendo quelle grida, si lanciarono verso il boccaporto di mastra, seguiti dal Baronetto e dal carnefice di Boston.
Quattro uomini, che indossavano la divisa degli Assiani, venivano spinti su per la scala a pugni e pedate, fra una sequela interminabile di minacce e di bestemmie.
«A morte questi traditori!»
«Hanno le tasche piene di sterline inglesi.»
«Furfanti!»
«Vi appiccheremo tutti sui più alti pennoni.»
I quattro disgraziati, quasi accoppati dai pugni e dai calci che grandinavano su di loro senza economia, un pò spinti, un pò trascinati, giunsero finalmente sulla tolda della corvetta.
Un grande scoppio di risa sfuggì a Testa di Pietra e a Piccolo Flocco. Nel primo, che era sorto dalle profondità della stiva, avevano riconosciuto l’allegro Assiano che essi avevano così ben giocato durante l’assedio di Boston.
«Ohé, mastro Hulbrik, non conoscete più il vostro compare paca paca?» gli disse.
Il Tedesco, udendo quella voce, spiccò un salto, sfuggendo ai marinai, e alzando le braccia verso il cielo, gridò:
«Patre, questi pricconi folermi appiccare!»
«Patre ero a Boston, ma non qui. Non vi pagherò più salsicciotti affumicati e pirra.»
Testa di Pietra fece ai marinai un gesto imperioso, affinché cessassero di battere quei quattro disgraziati che sembravano più morti che vivi, e in quel momento sir William accompagnato dal suo secondo comparve in coperta.
«C’è una rivolta a bordo?», domandò mettendo le mani sulle due pistole che portava sempre alla cintura.
Poi, accortosi della presenza dei quattro uomini tenuti stretti dai marinai, chiese, facendo un gesto di stupore:
«Che cosa fanno questi Tedeschi a bordo della mia nave? Parla, Testa di Pietra.»
«Per ora ne so meno di voi, comandante. Vi è peraltro fra questi paffuti e rubicondi Teutoni, imbottiti di salsicce e di birra, una nostra vecchia conoscenza.»
«Chi è?»
«Patre!…», gridò in quel momento l’Assiano, tentando di slanciarsi novamente verso il Bretone.
«Ah! l’uomo che tu spogliasti dopo averlo ubriacato con dell’aguardiante scorpionata», disse il Corsaro ridendo.
«Sì, mio comandante. Erano bei tempi quelli! Ma forse quel bravo mastro Taverna, che pretendeva offrirci delle bottiglie, chiuse cinquant’anni prima…»
«Da suo padre morto ubriaco», disse Piccolo Flocco. «Quell’oste era una gran canaglia».
«Non dir male di mastro Taverna. Senza di lui tu non saresti forse ancora a bordo della corvetta».
«Dunque volete finirla?», disse il Corsaro impazientito. «Che facevano questi Tedeschi a bordo della mia nave? Non avevano certo delle buone intenzioni: è vero, mastro Hulbrik?»
«Permettete, sir, che risponda io prima di loro», disse un carpentiere facendosi innanzi.
«Parla, e fa’ presto.»
«Stavo facendo una riparazione alla quinta tramezzata di prora, quando ho veduto uscire da non so dove questi galantuomini. Ma mi è parso che non fossero lontani dalla Santa Barbara.»
«Per tutti i salsicciotti di mastro Taverna!», esclamò Testa di Pietra. «Volevano mandarci in aria se…»
«Taci, eterno chiacchierone!», disse il Corsaro. «Orsù, mastro Hulbrik, che cosa facevate nella cala della mia corvetta coi vostri compagni?»
«Parla, compare pirra pirra,» disse il Bretone, il quale non poteva stare zitto nemmeno cinque minuti.
Il povero Assiano si fece smorto, agitò due o tre volte le braccia in alto, come se avesse voluto invocare a sua difesa chi sa quali testimoni, poi balbettò:
«Io afermi imbarcato per tornare a casa. Basta guerra.»
«E ti sei rifugiato sulla mia nave?» chiese il Corsaro.
«Io non afere feduto altre quella notte.»
«Quale notte?»
«Del bombardamento del forte di Moultrie.»
«Ma dove ti trovavi tu?»
«Su pastimento chiamato Bristol.»
«Quello che abbiamo mezzo distrutto a cannonate?»
«Ja, patre.»
«Ah, furfante!», gridò Testa di Pietra balzando avanti e mostrandogli i pugni. «Il mio comandante tuo padre?… Tu non sei, che io sappia, figlio di qualche principe prussiano per potere sperar tanto.»
«E tu, patre?», balbettò il disgraziato.
«Io sono un altro uomo, mio caro pirra pirra; io non sono un Baronetto…»
«Chetati, vecchio», gridò il Corsaro.
«Se son vecchio, gettatemi in mare», rispose il Bretone. «Corpo di tutte le salsicce di mastro Taverna e di tutti i campanili del mondo intero! Ecco come finiscono i fedeli marinai che hanno esposto tante e tante volte la pelle per salvare il loro comandante e la sua nave!»
«Vecchio mio,» disse sir William con voce raddolcita, «invece di chiacchierar tanto, và un pò a vedere se questi signori hanno preparato qualche miccia presso la Santa Barbara.»
«Corpo…»
«Di pirra pirra!», gridò Piccolo Flocco, slanciandosi dietro al mastro, il quale era accompagnato da parecchi marinai muniti di lanterne. Il timore di poter saltare da un momento all’altro e di vedersi squarciare sotto i piedi la corvetta, aveva impressionato tutti. Perfino il signor Howard era diventato pallido ed aveva guardato intensamente sir William, come per chiedergli se la Tuonante stava per finire i suoi giorni. Ma il Baronetto, sempre calmo, afferrò per un braccio il Tedesco e dopo averlo costretto a sedersi su un cannone, gli disse con voce minacciosa:
«O tu, Hulbrik, confessi tutto, o prima che il sole spunti, penderai all’estremità del contrappappafico. Abbiamo a bordo il carnefice di Boston…. Lo hai conosciuto, mi pare.»
«Ja, ja.»
«Parla dunque, se ti preme di salvare la pelle.»
«Io folere tornare in Germania. Io aferfelo già detto.»
«Ma la mia nave, mio caro, non va in Europa.»
«A me non importare. Io folere scappare America.»
«E ti sei imbarcato, mi hai detto….»
«Durante pompardamento.»
«Con tre compagni?»
«Ja, ja.»
«E ti sei nascosto nella sentina o nella Santa Barbara? Canta, amico, canta ancora. Mi hanno detto che le tue tasche sono piene di sterline. Gl’Inglesi non pagano troppo generosamente i mercenari che rapiscono ai piccoli Stati della Germania. Rovesciale e subito!» disse il Corsaro, armando una delle due pistole che portava alla cintura.
L’Assiano, spaventato, si affrettò a obbedire, e tosto una pioggia di monete d’oro, di vera zecca inglese, cadde sulla tolda.
«E voi?», disse il Corsaro minacciando gli altri.
I tre disgraziati titubarono un po’, diventarono lividi, poi si scaricarono anch’essi di quell’oro troppo compromettente.
Proprio in quel momento Testa di Pietra, Piccolo Flocco e due dozzine di marinai sbucarono dal boccaporto di maestra, strepitando come ossessi; e fra tutti i campanili del Bretone, il Baronetto raccolse questa sola parola:
«Una bomba!»
«Silenzio!», comandò il Corsaro. «Qui vi sono dei moribondi che non vedranno domani il sole illuminare l’Atlantico… Testa di Pietra, lascia le tue esclamazioni e parla, lesto.»
«Una bomba, mio comandante.»
«Scoperta dove?»
«Presso la tramezzata della Santa Barbara con una miccia lunga due metri. Corpo di… ci facevano saltare tutti senza nemmeno dirci: guardatevi.»
«Era accesa la miccia?»
«Non ancora.»
«Sta bene: essi pagheranno il loro tradimento.»
Trattenne mastro Hulbrik, stringendogli fortemente un polso fino a fargli scricchiolare fosso, poi fece un segno al signor Howard. Tosto dieci gabbieri si precipitarono sui compagni di mastro pirra pirra, e a suon di pugni li cacciarono nella batteria di babordo, mettendo loro i ferri.
«Ora, mastro Hulbrik,» disse il Corsaro, sedendosi su di un barile che si era trovato quasi fra i piedi, «sciogli la lingua e bada a quello che dici.»
«Patre…» balbettò l’Assiano.
«Lascia andare il patre. Io non sono uomo da commuovermi. Chi vi ha consegnate quelle due bombe e quella miccia?»
Il Tedesco si grattò prima un orecchio, poi l’altro guardando ostinatamente le punte delle sue scarpe.
«Corpo d’un campanile e delle trenta corna di bisonte di mastro Taverna!», gridò Testa di Pietra. «Non vorrai darci a bere che una cannonata, che nessuno ha sparata in questo momento, ti ha fatto diventar sordo. Su, su, snocciola, furfante!… Io ti ho dato birra, salsicciotti e qualche buona sterlina, e tu studiavi il mezzo di mandarmi diritto non so se all’inferno o nel purgatorio, poiché in paradiso non spero di entrare.»
«Patre….»
«Ma che patre d’Egitto!… Su, su, canta, canta! Il comandante vuol saper tutto.»
«Lord Clinton….», rispose finalmente il Tedesco, dopo un lunghissimo sospiro che pareva non dovesse terminar più.
«Per far saltare la mia corvetta?», chiese il Corsaro, a denti stretti.
Il Tedesco fece un cenno affermativo.
«Non ci entrerebbe per caso in questo infame tradimento il marchese d’Halifax?»
«Io afer udito lord Clinton parlare del Marchese.»
«Ah, cane d’un fratello!» urlò il Corsaro, balzando in piedi cogli occhi fiammeggianti e il viso sconvolto da una terribile collera. «Non gli è bastato rubarmi la fidanzata!…Ricorre anche ai tradimenti per farmi morire.»
Girò tre o quattro volte intorno al barile come un vero pazzo, poi fermandosi dinanzi all’Assiano, gli disse:
«Quanto vi hanno dato?»
«Cento sterline.»
«E per una somma così misera voi, furfanti, mandavate in aria duecento uomini!»
«No uomini, patre. Sola nave saltare. Io non afrei lasciato morire amico testa grossa.»
«Sì, tu venivi a prendermi dolcemente per braccio e mi offrivi una scialuppa», disse il Bretone, «e mandavi i miei camerati tutti all’inferno! Ah, mangiator di candele!…»
«Conducete via quest’uomo», gridò il Corsaro.
«Un momento, mio comandante,» disse Testa di Pietra. «Voglio che mastro Hulbrik mi dica se per caso suo fratello Wolf, che mi aiutò ad introdurmi nel castello d’Oxford, si trova imbarcato sulla fregata del Marchese.»
«Sì, patre,», rispose l’Assiano.
«Corpo…»
«Giù campanili, Testa di Pietra,» disse Piccolo Flocco. «Qui ci stanno bene tutti.»
«Avete udito, sir William?», chiese il Bretone al comandante. «Suo fratello è imbarcato sulla fregata. Io conosco quel bravo giovanotto. Eh, non si sa mai!…»
Il Baronetto non gli rispose. Si volse invece al suo secondo e gli disse:
«Signor Howard, staccate una baleniera, recatevi a bordo delle navi americane ed avvertite i comandanti di quanto qui è avvenuto. Dite che visitino attentamente le loro stive e le loro batterie, poiché lord Clinton avrebbe potuto farvi imbarcare di nascosto delle canaglie per distruggere completamente la prima flotta americana.»
«Subito, comandante,» rispose il secondo. «Il vento è debole; avrò tutto il tempo necessario per compiere la mia missione e raggiungervi senza obbligarvi a mettere in panna.»
Il Corsaro rimase qualche istante sul ponte, guardando distrattamente i marinai che stavano calando la grossa baleniera; represse un sospiro e discese nel quadro.
«Tempesta!» disse il Bretone, il quale lo aveva seguito colla coda dell’occhio. «Quella bionda miss finirà col farlo impazzire.»
«E mastro pirra pirra?» chiese Piccolo Flocco.
«Affare serio! Quel giovanotto non vedrà più la Germania.»
«Che il comandante faccia appiccare anche lui? Dovrebbe ricordarsi che quel povero diavolo ha rischiato più volte, a Boston, di finire in fondo a qualche fossato con sei palle nella schiena invece che nel petto.»
«È vero,» rispose Testa di Pietra, il cui viso si era molto rabbuiato. «Io credo bensì che non finirà forse male per lui… per lui solo, vè! Per gli altri non rispondo. Credo che domani faranno quattro salti sotto il pennone di maestra con un buon laccio al collo… Ah, diavolo! bisognerebbe salvarlo Hulbrik…. Sì, salvarlo! ma come?»
Ad un tratto si battè la fronte così forte, che Piccolo Flocco credette per un momento si fosse sparata una pistolettata.
«E così, mastro?» chiese il gabbiere un po’ spaventato. «Vuoi ammazzarti?»
«Un’idea!…»
Saltata fuori con quel pugno, che avrebbe sfondata la fronte di qualunque altro uomo che non fosse bretone?»
«È un’idea magnifica. Senti: ti ricordi come salvammo il Baronetto proprio mentre gl’Inglesi stavano per appiccarlo?»
«Lo ricordo benissimo. Fu il coltello del carnefice di Boston che gl’impedì di rompersi l’osso del collo.»
«Và a chiamarmi quel brav’uomo e conducilo a prora. Lesto, Piccolo Flocco.»
«Come uno scoiattolo,» rispose il gabbiere.
Il mastro aspirò una buona boccata d’aria marina, diede uno sguardo alle vele ed un altro alla baleniera, che guizzava rapidissima, sotto la battuta di dodici remi, verso le navi americane che s’avanzavano lentamente, essendo il vento debolissimo. Tirò fuori la sua storica pipa, ancora intatta malgrado le tante avventure provate dal suo proprietario, la caricò per bene, e dopo averla accesa, andò a sedersi sul pezzo favorito, il pezzo da caccia prodiero di babordo.
«Forse ho risolto un gran problema,» mormorò, dopo essersi avvolto in una nuvola di fumo. «Il Baronetto salterà, ma bà!… Al vecchio mastro molte cose si perdonano.»
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