L’assalto alla Folgore

Udendo quel primo colpo di cannone, il Corsaro Nero, che da qualche minuto, vinto dall’estrema debolezza causatagli dalla perdita del sangue, aveva chiuso gli occhi, erasi prontamente ridestato, alzandosi a sedere.

 La giovane indiana, che fino allora era rimasta accoccolata presso il letto, senza mai staccare gli occhi dal volto del ferito, era pure balzata in piedi, indovinando già da qual parte veniva quella rumorosa detonazione.

 «È il cannone, è vero, Yara?» le chiese il Corsaro.

 «Sì, mio signore,» rispose la giovane indiana.»

 «E tuona dalla parte del mare?»

 «Sì, verso la costa.»

 «Guarda cosa succede nella baia.»

 «Temo che quella cannonata sia partita dalla vostra nave.»

 «Morte dell’inferno!» esclamò il Corsaro. «Dalla mia nave!… Guarda Yara, guarda!»

 La giovane indiana si slanciò verso la finestra e guardò in direzione della baia.

 La Folgore stava ancorata nel medesimo posto, però aveva messa la prora verso la spiaggia, in modo da dominare coi suoi sabordi di tribordo il fortino della città. Sul suo ponte, lungo le murate e sul cassero, si vedevano numerosi uomini a muoversi, mentre altri salivano rapidamente le griselle per prendere forse posizione sulle coffe. Otto o dieci scialuppe, cariche di soldati, s’erano allora staccate dalla spiaggia e si dirigevano verso la nave, mantenendo fra di loro una notevole distanza.

 Non era necessario essere pratici di cose guerresche, per comprendere che nella baia stava per avvenire un combattimento. Quelle scialuppe correvano rapide addosso alla nave, coll’intenzione di abbordarla e possibilmente di espugnarla.

 «Signore,» disse la giovane indiana con voce alterata. «Si minaccia il vostro vascello.»

 «La mia Folgore? » gridò il Corsaro, facendo atto di gettarsi giù dal letto.

 «Cosa fate, mio signore?» chiese Yara, correndo presso di lui.

 «Aiutami, fanciulla,» disse il Corsaro.

 «Non dovete muovervi, mio signore.»

 «Io sono forte, fanciulla mia.»

 «Le vostre ferite si riapriranno.»

 «Si rimargineranno più tardi odi!»

 «Un altro colpo di cannone!…»

 Senza attendere altro s’era avvolto in un ferraiuolo nero e con un potente sforzo di suprema volontà era disceso dal letto, mantenendosi ritto senza alcun appoggio.

 Yara si era precipitata verso di lui, ricevendolo fra le braccia. Il Corsaro aveva fatto troppa fidanza sulle sue proprie forze e queste ad un tratto gli erano venute meno.

 «Maledizione!…» esclamò, mordendosi le labbra a sangue. «Essere impotente proprio in questo momento, quando la mia nave corre forse un grave pericolo!… Ah!… Quel sinistro vecchio finirà col portare sventura a tutti quelli della mia famiglia!… Yara, fanciulla mia, lascia che mi appoggi alle tue spalle.»

 Stava per spingersi verso la finestra, quando vide comparire Carmaux. Il bravo filibustiere aveva il viso molto oscuro e lo sguardo inquieto.

 «Capitano!» esclamò, correndo verso di lui e stringendolo con ambe le braccia, onde meglio sorreggerlo.

 «Si combatte in mare?»

 «Sì, Carmaux.»

 «Mille squali!… E noi siamo qui, assediati, impotenti a portare aiuto alla nostra nave e con voi ferito.»

 «Morgan saprà difenderla, mio bravo. Vi sono dei valorosi a bordo e dei buoni cannoni.»

 «Ma qui la nostra posizione è insostenibile, capitano.»

 «Togliete la scala e salvatevi quassù.»

 «È quello che faremo fra poco.»

 «Alla finestra, amico. Si combatte fieramente nella baia.»

 Un terzo, poi un quarto colpo di cannone erano rimbombati sul mare e si udivano pure frequenti scariche di moschetteria.

 Carmaux e Yara portarono, quasi di peso, il Corsaro, facendolo sedere dinanzi alla piccola finestra della torricella. Da quel luogo elevato lo sguardo spaziava liberamente su tutta la città e dominava interamente la baia ed anche un immenso tratto di mare.

 La battaglia fra la Folgore e le scialuppe montate dalla guarnigione del fortino, era di già stata impegnata con molto slancio d’ambe le parti.

 La nave, che non voleva abbandonare la baia senza aver prima imbarcato il suo capitano, s’era fortemente ancorata a trecento metri dalla spiaggia, presentando agli assalitori il suo tribordo mentre i suoi uomini s’erano sdraiati dietro alle murate, pronti a tempestare il nemico coi loro lunghi fucili.

 I due cannoni da caccia della coperta avevano già tuonato ripetutamente contro i nemici ed i loro colpi non erano andati perduti. Una scialuppa, colpita in pieno da una palla, era stata già sommersa e si vedeva il suo equipaggio a nuotare verso la spiaggia.

 Il Corsaro Nero con un solo sguardo si era subito reso conto della situazione.

 «La mia Folgore darà molto da fare agli assalitori,» disse. «Fra un quarto d’ora ben poche scialuppe rimarranno a galla.»

 «Temo però, mio capitano, che vi sia sotto qualche cosa di peggio,» disse Carmaux. «Non mi sembra naturale che quelle poche scialuppe muovano all’abbordaggio d’una nave così formidabilmente armata.»

 «Anch’io ho questo sospetto, Carmaux. Vedi nulla al largo?»

 «No, mio capitano. Come però vedete, la costa è molto alta e quelle scogliere possono nascondere qualche nave.»

 «Tu credi?» chiese il Corsaro, con una certa ansietà.

 «Che gli spagnuoli attendano qualche aiuto dalla parte del mare.»

 «La mia Folgore presa fra due fuochi!…»

 «Il signor Morgan è uomo da tenere testa a due avversari, signore.»

 «Va’ a soccorrere i tuoi compagni, Carmaux. A me basta Yara.»

 «Credo che abbiano bisogno di me,» disse il filibustiere, caricando precipitosamente il fucile.

 Mentre Carmaux correva in soccorso dell’amburghese e del negro, i quali cominciavano a trovarsi a mal partito in causa dei furiosi e replicati attacchi degli spagnuoli, nella piccola baia la battaglia prendeva proporzioni tremende.

 Le scialuppe, non ostante le terribili scariche della nave filibustiera, e le gravi perdite che subivano, correvano animosamente all’abbordaggio sostenendosi con un nutrito fuoco di fucileria ed incoraggiandosi con urla assordanti. Già tre scialuppe, sfondate dalle palle della filibustiera, erano andate a picco, pure le altre non si erano arrestate. Si erano disposte in forma di semicerchio per abbordare la nave da diverse parti e facevano forza di remi per giungere sotto i fianchi del legno e mettersi così al riparo dai due cannoni da caccia della coperta che le danneggiavano gravemente con incessanti scariche di mitraglia.

 Anche il fortino, che dominava la parte meridionale della piccola baia, non era rimasto inoperoso. Quantunque la sua guarnigione non possedesse che piccoli pezzi di artiglieria, tuonava furiosamente, mandando parecchie palle sul ponte della nave. Non ostante quel doppio attacco, la nave filibustiera pareva se ne ridesse dei suoi avversarii. Sempre ferma sulle sue àncore, avvampava come un vulcano, coprendosi di fumo e di fiamme e facendo coraggiosamente fronte al fortino ed alle scialuppe. I suoi uomini, poi, aiutavano gli artiglieri, tirando con matematica precisione sugli equipaggi delle scialuppe e particolarmente sui rematori. Il Corsaro Nero, appoggiato al davanzale della finestra, seguiva attentamente i diversi episodii della battaglia. Pareva che non provasse più alcun dolore e talvolta si animava, minacciando col pugno ora il fortino ed ora le scialuppe.

 «Animo, uomini del mare! – gridava. – Giù una buona scarica su quella scialuppa che sta per abbordarvi! Là, così va bene!… Non sono che nove! Fuoco sul fortino! Smantellate i suoi bastioni e fate saltare le sue artiglierie!… Viva la filibusteria!»

 «Mio signore, non animatevi così, – gli diceva Yara, tentando, ma invano, di farlo sedere. – Pensate che siete ferito.

 Incoraggiava i suoi valorosi marinai, additava loro i pericoli ed ammoniva ora gli uni ed ora gli altri come si trovasse anche lui sul ponte della nave e come se potessero udire la sua voce. Si era perfino dimenticato di Carmaux, di Wan Stiller e del negro che battagliavano ferocemente contro gli spagnuoli del corridoio.

 Ad un tratto un grido terribile gli sfuggì.

 «Maledizione!»

 Tre scialuppe, non ostante le tremende scariche dei filibustieri, erano giunte sotto la nave, mettendosi al riparo dalle artiglierie, mentre dietro la lunga penisola che si estendeva dinanzi alla baia erano improvvisamente comparse le altissime alberature di due navi.

 «Signore!» gridò Yara che aveva pure scorto quei legni. «La vostra Folgore sta per venire presa fra due fuochi!»

 Il Corsaro stava per rispondere, quando si videro irrompere nella stanza Carmaux, Moko e l’amburghese. Erano ansanti, trafelati e lordi di polvere da sparo. L’ultimo aveva anche il volto insanguinato, aveva ricevuto una puntata in mezzo alla fronte.

 «Capitano!» gridò Carmaux, mentre Moko ritirava precipitosamente la scala e l’amburghese lasciava cadere la botola. «La barricata non tiene più!…»

 «Sono già entrati gli spagnuoli?» chiese il Corsaro.

 «Fra qualche minuto saranno sotto di noi.

 «Morte dell’inferno! E la Folgore sta per venire presa fra due fuochi!

 «Cosa dite, signore?» chiese l’amburghese, con spavento.

 «Guardate!»

 I due filibustieri e Moko s’erano precipitati verso la finestra.

 Le due navi, poco prima segnalate dal Corsaro, erano comparse dinanzi alla baia chiudendo completamente il passo alla Folgore.

 Non erano due semplici velieri, bensì due navi d’alto bordo, poderosamente armate e montate da numerosissimi equipaggi, due vere navi di combattimento insomma, capaci di misurarsi vantaggiosamente contro una piccola squadra.

 I filibustieri della Folgore, guidati da Morgan, non si erano però perduti d’animo, nè si erano lasciati sorprendere. Con una celerità prodigiosa avevano issate le àncore e spiegato il trinchetto, la maestra e la gabbia nonchè alcuni fiocchi, mettendosi subito al vento.

 Il Corsaro Nero ed i suoi compagni avevano dapprima creduto che Morgan avesse presa l’eroica risoluzione di scagliare la Folgore contro le due navi prima che si disponessero pel combattimento e tentare, con un attacco fulmineo, di guadagnare l’alto mare per sottrarsi all’impari lotta, ma s’erano subito accorti che tale non era l’intenzione dell’astuto luogotenente.

 La Folgore, approfittando d’un colpo di vento, si era dapprima sottratta abilmente all’abbordaggio delle prime scialuppe che l’avevano di già raggiunta, poi con una bordata erasi spinta entro il piccolo porto, riparandosi dietro un isolotto che s’inalzava fra la costa e la penisola, formando una specie di diga.

 «Ah! Bravo Morgan!» esclamò il signor di Ventimiglia, che aveva ormai capita l’ardita manovra della Folgore. «Egli salva la mia nave!»

 «I due vascelli andranno però a scovarlo anche dietro l’isolotto,» disse Carmaux.

 «T’inganni, amico,» rispose il signor di Ventimiglia. «Non vi è acqua sufficiente per navi di quella portata.»

 «Più tardi impediranno l’uscita a noi, signore.»

 «Questo lo si vedrà, Carmaux.»

 Poi si chinò verso terra e parve che ascoltasse con profonda attenzione.

 «Mi pare che gli spagnuoli abbiano già sfondata la barricata e che siano entrati.

 «Bisogna impedire loro di entrare qui prima d’aver fatto il segnale,» disse il Corsaro. «È già mezzogiorno.»

 «Per otto o nove ore possiamo tenerli lontani, – rispose Carmaux. – Animo, amici! Barrichiamo la botola e apriamo qualche buco per passare le canne dei nostri archibugi.

 Mentre Carmaux ed i suoi compagni facevano i loro preparativi di difesa, le due navi d’alto bordo avevano gettato le àncore proprio dinanzi alla baia, tenendosi ad una distanza di duecento metri l’una dall’altra e presentando i tribordi verso la costa, onde scaricare delle intere bordate contro la Folgore, nel caso che questa avesse cercato di forzare il blocco.

 Morgan però non aveva alcuna intenzione di dare battaglia a quei grossi avversari. Quantunque avesse sotto di sè un equipaggio incanutito fra il fumo delle artiglierie e deciso a tutto, non si sentiva tanto forte da gettarsi sotto ai quaranta e più cannoni delle fregate, tanto più che il capitano era ancora a terra.

 Respinte, con alcune scariche bene aggiustate, le scialuppe che avevano tentato di abbordare la Folgore e ridotto al silenzio i pochi cannoni del fortino, aveva fatto calare le àncore dietro all’isolotto, tenendo però le vele basse sciolte, onde poter approfittare di qualsiasi avvenimento per forzare il passaggio o per assalire l’una o l’altra delle due fregate, se si fosse presentata l’occasione propizia.

 Le due navi nemiche, dopo alcune cannonate inefficaci, avevano messe in acqua alcune imbarcazioni le quali si erano dirette verso il fortino. Probabilmente i loro comandanti andavano ad accordarsi colla guarnigione per un nuovo attacco contro la Folgore.

 «La faccenda comincia a diventare seria,» mormorò il Corsaro, che le aveva seguite cogli sguardi. «Se riesco a liberarmi di questi soldati che ci tengono prigionieri, preparerò alle due fregate una ben brutta sorpresa. Vedo una grossa barca ancorata presso l’isolotto. Quella servirà magnificamente ai miei progetti. Yara, fanciulla mia, aiutami a tornare a letto.»

 «Siete stanco, mio signore?» chiese premurosamente la giovane indiana.

 «Sì,» rispose il Corsaro. «Più che le ferite, l’emozione mi ha sfinito.»

 Si staccò da sè dalla finestra e appoggiandosi con una mano ad una spalla della fanciulla, tornò a coricarsi, mettendosi però dinanzi le pistole e la spada snudata.

 «Ebbene, miei bravi, come va?» chiese a Carmaux ed ai suoi due compagni che erano occupati ad aprire dei buchi nella botola.

 «Male, capitano, – rispose Carmaux. – Pare che questi dannati spagnuoli abbiano molta fretta di prenderci.

 «Li vedi?»

 «Sì, capitano.»

 «Sono molti?»

 «Una ventina per lo meno.»

 In quel momento si udì un colpo così violento che la botola parve si spezzasse.

 Carmaux, che stava coricato al suolo, spiando gli spagnuoli da una piccola fessura che aveva aperta nel tavolato, fu pronto ad alzarsi per afferrare l’archibugio.

 Nella stanza inferiore si udì una voce imperiosa a gridare:

 «Dunque, volete arrendervi sì o no?

 Carmaux guardò il Corsaro ridendo.

 «Rispondi,» gli disse questi.

 «E per quale motivo volete che noi cediamo le armi?»

 «Non vedete che siete già presi?»

 «Veramente non ce ne siamo ancora accorti, » rispose Carmaux.

 «Possiamo farvi saltare in aria.»

 «E noi gettarvi addosso il pavimento e schiacciarvi tutti.»

 «Vi avverto che vi prenderemo egualmente!» urlò lo spagnuolo.

 «E noi vi aspettiamo.»

 «E che la vostra Folgore è bloccata.»

 «Ha dei cannoni che non sono carichi di bombe di cioccolata.»

 «Camerati, sfondiamo la botola!» gridò lo spagnuolo.

 «Amici, prepariamoci a buttare il pavimento sulla testa di quei signori,» gridò Carmaux. «Faremo di loro una superba marmellata!»

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