Ogni altro uomo che non fosse stato la Tigre della Malesia o per lo meno un Malese si sarebbe senza dubbio rotte le gambe o la testa in quella repentina caduta, ma non così avvenne per quell’uomo che oltre essere fatto d’acciaio possedeva l’agilità del felino. Aveva appena toccato terra, sprofondando nelle aiuole, che già era in piedi col kriss in mano sbuffante d’ira, pronto a precipitarsi contro la porta e tentarne arditamente l’assalto.
Il Portoghese fortunatamente gli era vicino. Egli gli saltò addosso e lo trascinò via, nel momento che una fucilata scoppiava a una delle fenestre.
— Vieni, insensato! — gridò Yanez, sollevandolo fra le braccia. — Vuoi farti ammazzare?
— Lasciami, Yanez, noi la rapiremo. All’assalto! All’assalto! — urlò il pirata afferrando la carabina.
Tre o quattro canne di fucile apparvero alle fenestre togliendoli di mira.
— Fuggi! Fuggi! Sandokan! — gridò una voce che il pirata riconobbe per quella di lady Marianna.
Il pirata fece un salto di quindici piedi salutato da una scarica di fucili, una palla dei quali gli portò via il grosso diamante del turbante. Si voltò ruggendo come una tigre, e scaricò la sua carabina contro una delle fenestre frantumando i vetri e colpendo un Inglese che cadde al suolo sfracellandosi la testa.
— Sono qua Marianna! Sono qua! — tuonò Sandokan tendendo le mani verso la giovanetta che si teneva disperatamente aggrappata alle sbarre della fenestra malgrado tutti gli sforzi del lord per trascinarla via.
— Fuggi! Fuggi! — gridò ella per l’ultima volta.
La porta della palazzina si aprì fragorosamente. Una mezza dozzina di soldati armati di carabine, guidati da un sergente che Sandokan riconobbe in Willis e una decina d’indigeni portanti torcie accese e armati di pistole, comparvero slanciandosi all’aperto. Il Portoghese fece fuoco attraverso il fogliame.
Il comandante barcollò e cadde gettando un urlo di dolore, e mentre gli altri si arrestavano attorno a lui spaventati dall’improvviso attacco, i due pirati si diedero alla fuga tenendosi sotto gli alberi per non offrire punti di mira, caricando le armi e cercando di dirigersi verso le palizzate, che quantunque nascoste dalle tenebre, sapevano trovarsi sulla loro via. Percorsero cinquanta passi prima che gl’Inglesi pensassero a inseguirli e si gettarono fra le aiuole scomparendo del tutto dai loro occhi abbagliati dal chiaror delle torcie.
— Fila diritto, se non vuoi farti prendere — disse il Portoghese, nel momento che Sandokan s’arrestava.
— Non so decidermi a partire, Yanez!… Io ho paura a lasciarla sola., sento le sue grida impresse nel mio cuore… Yanez, se noi ritornassimo? — disse il pirata con voce rotta armando la carabina per far fronte al nemico.
— Nemmen sognarlo, fratello mio! — esclamò il Portoghese, che gli afferrò le braccia deciso a impedirgli il passo. — Non correrà alcun pericolo lei; essa è una donna energica. Siamo noi che corriamo pericolo di buscarci una palla nella schiena. Fila diritto, che le canaglie vengono colle loro dannate torcie.
— Non sono che sedici, io li ho contati. Possiamo gettarci su di essi e sbaragliarli. Ritorniamo.
— Non commettiamo pazzie, testardo pirata! Essi, essi hanno sedici palle, noi ne abbiamo due. Che valgono le nostre forze e il nostro coraggio quando il piombo fischia? Domani, mi comprendi, Sandokan, daremo l’assalto.
Il pirata non si mosse. La sua testa era in rivoluzione, la passione lo faceva delirare. Egli guardò il Portoghese con occhio supplichevole. L’altro, cui premeva la pelle d’entrambi, fu inflessibile.
— I minuti volano, ti ho detto di fuggire, Sandokan. Vieni, lei lo vuole, io lo voglio: ti porterò se non fuggi.
Un soldato apparve quaranta passi lontano con una torcia in mano la cui luce illuminava la canna della carabina e la punta della baionetta. Altri quattro comparvero dietro di lui mettendosi a frugare le macchie.
I due pirati non esitarono più, e fuggirono d’accordo, cercando le palizzate. Passarono senza arrestarsi dinanzi al chiosco chinese, si tuffarono in mezzo ai fiori, guizzarono fra i cespugli, lasciando qualche lembo di veste nei rosai e si precipitarono verso il fondo del parco salutati da un nuovo colpo di carabina tirato a casaccio. Essi raggiunsero le palizzate senza essere scorti, mentre che i soldati e gli indigeni li cercavano su una falsa via, andando e venendo fra le macchie, sfogando il loro malumore con imprecazioni.
— Si screditano — mormorò il Portoghese che in fondo era ancora un po’ cristiano. — Andiamo, Sandokan, la via mi sembra libera, e mentre essi c’inseguono all’ovest o all’est, noi filiamo al sud con tutta sicurezza. Non aver paura per lei che saprà cavarsi d’impiccio meglio di noi. Lascia che le cose questa notte vadano così e vedrai che avrò l’onore di stringere la sua mano e tu di stringerla fra le braccia, dopo un brillante attacco.
— Sì, domani — rispose Sandokan, che si avvicinò quasi con ripugnanza alla palizzata.
Già stava per prendere lo slancio e varcarla, quando il Portoghese lo arrestò bruscamente, facendolo curvare fino a terra.
— Non moverti! — gli mormorò egli all’orecchio, accovacciandoglisi vicino. — Zitto!
Il pirata tese l’orecchio, ma non udì che il sibilar del vento che faceva gemere gli alberi della foresta e stormire le fronde.
— Che hai veduto? — gli chiese sotto voce Sandokan, che non vedeva nulla.
— Non ho veduto alcuno, ma ho udito un ramo spezzarsi dietro la palizzata.
— Può essere stata una bestia o il vento che ha fatto cadere qualche ramo morto. Non lo odi tu soffiare?
— No, non fu una bestia, fu un uomo, te l’assicuro, Sandokan. Mi è persino parso di udirne una voce. Ci scommetterei il diamante del mio turbante contro una piastra, che dietro la palizzata vi sono delle giacche rosse che ci aspettano colla sicurezza di prenderci. Non ti ricordi del drappello che abbandonò la villa al calar del sole?
— Hai ragione, Yanez. Esso andava a imboscarsi, ma noi saremo più astuti di quei soldati. Aspetta che vada ad assicurarmene.
Sandokan, diventato prudente, si alzò, senza fare più rumore di un insetto volante, lento per non far stridere le foglie secche, guardandosi dinanzi, di dietro e ai fianchi. Stette un momento così in ascolto, rattenendo persino il respiro, poi si arrampicò colla leggerezza di un gatto sulle palizzate. Non aveva ancora raggiunto la cima, che udì al di là alcune voci e dei passi.
Si issò con maggior precauzione e gettò un rapido sguardo sotto il bosco: vide una dozzina e più di ombre che si appostavano dietro gli alberi. Egli si affrettò a ritornare raggiungendo il Portoghese.
— Non ti sei ingannato, Yanez. Il nemico ci tende un agguato al di là delle palizzate; ma avrà da far con me prima di prenderci. È il drappello che tu hai veduto partire, e che allarmato dalle detonazioni dei fucili, è ritornato.
— Che abbiano sospettato la nostra presenza, che ci tendano un’imboscata? Affrettiamoci a battere in ritirata, fratello mio, finché la via è libera. I prahos possono essere giunti.
— Taci, Yanez — mormorò Sandokan. — Odi, essi parlano.
Due voci si udivano al di là delle palizzate, l’una imperiosa, l’altra rauca. Il vento portava i loro discorsi chiaramente agli orecchi dei pirati, che senza curarsi dei soldati che frugavano il parco a quattrocento metri di distanza, si misero in ascolto.
— Queste moschettate, non c’è dubbio, segnalano la presenza dei nemici — diceva la voce imperiosa. — Non perdiamo un istante in vane chiacchiere, giovanotti miei, allargatevi e imboscatevi dietro gli alberi. Chi dice che questi nemici non sieno pirati guidati dalla Tigre in persona, che tentano una delle loro solite mariuolerie? Mi comprendi, Bob, essi sono nel parco, e noi tendiamo la rete entro la quale cadranno. Non perdiamo colpi, soprattutto.
— State sicuro, luogotenente, che i maledetti non ci sfuggiranno questa volta. Non possono essere molti loro, mentre noi siamo in grosso numero capace di far fronte a un battaglione di essi. Fossero anche dodici noi siamo sempre trentasei.
— Le canaglie sono cresciute bene di numero — mormorò il Portoghese all’orecchio di Sandokan.
— Taci, Yanez — rispose egli, stringendo una delle sue mani con tal violenza da farne scricchiolar le ossa.
— Si dice che il mariuolo — ripigliò la voce imperiosa, — quello che si fa chiamare pomposamente la Tigre della Malesia, sia pazzamente innamorato della nepote di lord Guillonk, un boccone destinato al baronetto. Eh! Si vede che il selvaggio non manca di buon gusto, e vi ha di più, Bob, che milady ne è innamorata. Non lasciamoci sfuggire una sì bella preda amico mio, sulla cui testa pesa un migliaio di sterline.
— Se la Tigre della Malesia ha avuto l’imprudenza di cacciarsi in questi luoghi, per quanto sia astuta e coraggiosa non ci fuggirà sì facilmente come l’altra volta. Sapete, comandante, che bisogna essere ben bravi per filarsela a Mompracem dopo di averci spediti al sud, e per mostrarsi poi al baronetto senza curarsi dei cannoni del piroscafo e delle migliori carabine!
— Lo so, amico mio, quel mariuolo è l’uomo più audace che abbia incontrato in vita mia, ma non la farà lunga. Si parla di già di una poderosa spedizione a Mompracem, e chi sa che, a quest’ora, non abbiano intrapreso qualche cosa di buono intendendosela a meraviglia cogli indigeni e con qualche pirata corrotto a furia d’oro. Mi capirai bene, Bob, che, caduta Mompracem e appiccata la Tigre, Labuan brillerà.
— Lo so, comandante, ma stiamo in guardia. Ecco che gli uomini sono al loro posto; toccherà al lord e agli altri rimasti nella villa a scovarlo, se si trova nel parco. Si aveva ragione di temere e di mandarci all’agguato. La notte buona è venuta, e lo sfido io a uscire vivo dal recinto.
— Bene, Bob, al tuo posto laggiù a trenta passi dietro quell’artocarpo. Tre carabine su sessanta passi sono più che sufficienti per arrestare un pirata, per quanto corra. Va, e orecchi aperti! Dove odi il fischio, tutti dietro e senza perdere tempo. Le mille sterline mi sembrano di già in tasca.
I due pirati udirono il rumore secco delle carabine che si armavano, e il passo dell’uomo chiamato Bob che andava allontanandosi, a prendere il suo posto. Il comandante non si mosse e restò senza dubbio lì dietro.
— Egli conta sulle mille sterline senza di me — disse Sandokan sogghignando. — Bisogna bene che sia un uomo prezioso per mettermi una simile taglia sul capo; tocca a me a farli viaggiare ancora.
— Che facciamo noi? — domandò il Portoghese guardando il compagno che pareva pensasse.
Egli gettò uno sguardo verso i soldati e gl’indigeni. Cercavano sempre all’estremità opposta del parco.
— Siamo circondati — disse Sandokan. — Se tentiamo la fuga avremo una quarantina d’uomini alle spalle prima di aver percorso cento passi. Tu mi hai detto che la vita è preziosa, lei mi ha detto che morto io morrà anch’essa! Bene, se non sono più la Tigre per tentare quelle pazze imprese dove l’audacia suppliva il coraggio, giuocherò coll’astuzia dell’uomo dei boschi. Vieni, Yanez, la vedrai bella.
— Ecco che parli bene, Sandokan. Ma dove andremo noi, che siamo circondati?
— Fida in me, Yanez, e vedrai che non te ne lagnerai. Questa notte accontentiamoci di far perdere le traccie e di nasconderci in un luogo dove non sapranno trovarci. Domani, accada ciò che si vuole, prenderemo il volo. Spicciati.
I due pirati si alzarono colle carabine sotto al braccio, e si allontanarono a lenti passi tenendosi sotto le piante per non essere scorti dai soldati, che gironzolavano nel parco.
Sandokan condusse il suo compagno in mezzo alle aiuole e di là al chiosco chinese. Vi entrò e camminò fino al fondo dove sapeva esservi una serra di fiori; aprì, senza far rumore, la porta e gettò uno sguardo nell’interno.
Vi erano entro dei vasi di tutte le forme e dimensioni, i cui fiori delle piante esalavano un penetrante profumo, e qua e là delle sedie di bambù d’estrema leggerezza. Non era ciò che cercava, ma un’enorme stufa che poteva nascondere nel suo interno tre uomini della fatta dei due pirati.
— Dove diavolo mi conduci? — domandò il Portoghese che non capiva nulla. — Credi tu che le giacche rosse non penetreranno in questa serra con un migliaio di sterline che luccicano davanti ai loro occhi?
— Certamente, Yanez, che penetreranno in questa serra — disse Sandokan. — Ma io credo che non salterà a loro il ticchio di venirci a cercare nel fondo di una stufa.
Il Portoghese diede in un grande scoppio di risa.
— In una stufa?…
— Sicuro, ci nasconderemo in questa stufa.
— Ma sai, Sandokan, che noi diverremo più neri del più nero africano?
— Non importa, Yanez; l’avventura sarà più magnifica. Gl’Inglesi, e soprattutto il lord, mai più s’immaginarono che un giorno in questa stufa si nasconderebbe la Tigre della Malesia. Andiamo, fratello mio, entra pel primo.
— Ma, Sandokan… ti pare?
— Se vi entra la Tigre, puoi entrarvi anche tu. O la stufa o le moschettate degli Inglesi, Yanez: non vi ha da scegliere.
Il Portoghese non esitò più e sparve nell’interno della stufa strisciando per l’imboccatura. Sandokan, dopo di aver dato un ultimo sguardo agl’Inglesi che cominciavano a dividersi, ma accresciuti di numero, lo seguì. I due pirati si trovarono nell’interno della stufa annerita afferrandosi per le mani, ma senza vedersi tanto l’oscurità era profonda. Il Portoghese lasciò libero sfogo alla sua ilarità non ostante la pericolosa situazione.
— Chi potrà immaginarsi che noi ci troviamo in una stufa? — diss’egli tasteggiando le pareti caliginose.
— Non parliamo troppo, Yanez, potrebbero udirci e trovarci: gl’Inglesi si dirigevano verso il chiosco.
— E se essi venissero a vedere nella stufa? — esclamò il Portoghese che rabbrividì al solo pensarlo. — Sai, Sandokan, che essi ci prenderebbero senza che noi avessimo a difenderci. Corpo di una spingarda! La sarebbe magnifica.
— Ma non tanto facile a farsi, amico Yanez. Siamo come in una fortezza quantunque oscura e troppo ristretta, e non vi riusciranno che dopo un lungo assedio, e vedrai che noi al bisogno lo sosterremo gagliardamente.
— Sì, noi abbiamo le nostre carabine e munizioni sufficienti per mandare al diavolo tutti gli assedianti, ma bisognerà capitolare quando si morrà di fame, a meno che tu non trovi maniera di cangiare la caligine in viveri belli e buoni. E poi, la nostra fortezza ha delle muraglie deboli a quanto sembra, e quelle canaglie pur di guadagnare mille sterline sarebbero capaci di porre in batteria un pezzo di cannone e di fulminarci.
— Sei tu ora che corri, Yanez — disse il pirata che fidava forse troppo nelle sue forze e nelle scarse risorse che aveva a sua disposizione. — Prima che il cannone abbatta le muraglie, ci slanceremo noi all’assalto. Il foro è ristretto, ma si uscirà a dispetto delle loro carabine.
— Taci, mi fai venire i brividi, Sandokan, colle tue parole. Io non so come l’andrebbe a finire una volta assediati, ma certamente a nostro svantaggio. Io ho paura delle palle che non si vedono.
— Non parlare: ecco gl’Inglesi — mormorò Sandokan, che trasse il kriss impugnandolo con mano ferma.
Si udivano delle voci che andavano avvicinandosi assieme ad un calpestio. Sandokan, dopo di aver raccomandato assolutamente silenzio e immobilità completa al compagno, si abbassò tasteggiando il suolo coperto di cenere e di fuliggine e strisciando verso l’apertura sporse il capo.
Il chiosco era ancora oscuro, ma dieci passi lontano vide un drappello di sette od otto soldati che andava avvicinandosi seguiti da due indigeni che portavano le torcie. Capì che si preparavano a visitare la piccola e graziosa abitazione, e si ritirò lestamente chiudendo con precauzione lo sportello di ferro della stufa.
— Eccoli — mormorò egli toccando il Portoghese, che non fiatava più. — Stiamo pronti a tutto, e se ci scoprono non indugiamo a saltar fuori appoggiando la fuga con due colpi di carabina. Tiriamo giusto e picchiamo sodo.
Un filo di luce penetrò nella stufa, attraverso le fessure dello sportello. I due pirati si gettarono sulle ceneri spiando le mosse del nemico colle mani sulle carabine. Il drappello fece la sua entrata nel chiosco e si mise a rovistarlo spostando i grandi vasi di fiori e sollevando persino i sedili. Il Portoghese rabbrividì.
Se gl’Inglesi, ai quali premeva, senza dubbio, guadagnare le mille sterline e liberarsi da un uomo sì pericoloso che ogni dì cresceva d’audacia, minacciando direttamente le sorti di Labuan, rovistavano a quel modo, era da vedersi che l’ampiezza della stufa avrebbe loro dato nell’occhio.
Sandokan stesso ebbe questo timore, e si affrettò a battere in ritirata verso il fondo della negra fortezza, sollevando una nube di cenere e di caligine, seguito dal Portoghese.
— Teniamoci pronti a saltar fuori — diss’egli al compagno. — Le nostre negre figure sono sicuro che faranno scappare quei poltroni.
— Zitto che parlano, Sandokan. Odi?
— Che il maledetto pirata abbia preso il volo — disse un soldato, che andava smovendo con precauzione i vasi — o che si sia inabissato nelle viscere della terra? Quel diavolo d’uomo sarebbe capace di farlo, poiché per parte mia, non esito a prenderlo per un figlio di Belzebù, checché se ne dica.
— E io, credi che sia di parere contrario? — disse un altro soldato, che doveva avere la sua parte di paura dalla voce tremula. — Non l’ho veduto io per la prima volta avventarsi da solo contro cento soldati? E non l’ho veduto io la seconda volta cadere da un secondo piano senza fracassarsi né una gamba né un braccio? Questa Tigre della Malesia mi mette paura nel sentirla solo a nominare.
— Ma Tigre o non Tigre, il miserabile qui è venuto e qui vi lascierà le ossa — disse un terzo soldato. — Noi battiamo il parco, i nostri compagni circondano le palizzate, come vuoi, James, che abbia a fuggire? Scommetterei la paga di due mesi contro un solo penny che noi lo prenderemo.
— Ma come vuoi trovarlo, se egli è uno spirito? — ripigliò la prima voce.
— Uno spirito?… Tu sei matto, James. Guarda mò se i marinai dell’incrociatore che distrussero i suoi prahos alla foce del fiumicello non gli allogarono una buona palla nelle costole? Lord Guillonk, che ebbe la sfortuna di curare il maledetto, asserì che la ferita gettava sangue eguale al nostro. Ora ammetti tu che gli spiriti abbiano sangue?
— No.
— Allora non è più uno spirito, ma un uomo in carne ed ossa. Cerchiamo attivamente e vedrai che lo troveremo, il brigante.
— Uhm! — fe’ colui che si chiamava James. — Non ho speranza che lo si abbia a trovare. Se si crede a me, io dico che ormai fila come un cervo fra le foreste, e chi sa? forse si è anche imbarcato, quantunque il mare non sia troppo calmo.
— E poi — disse un altro soldato, — credete, amici, che anche scovato, si lascierà prendere sì facilmente? Quel demonio d’uomo, se è veramente un uomo, poiché anch’io ho i miei rispettabili dubbi, prenderà il volo passando dinanzi alle nostre carabine, senza che le palle l’abbiano a toccare. Andate a domandare al povero Willis, se è ancora vivo, come il pirata l’ha giuocato sotto le foreste. My-God! mi narrava che dinanzi al terribile uomo, tremava come una foglia.
— E credi tu che io non tremi la mia parte, malgrado le mille sterline che mi luccicano dinanzi agli occhi? Non è da dubitarsi, amici miei, che tre o quattro di noi andranno domani a trovare Belzebù, prima di prenderlo. La Tigre non ischerza, signori: morde e graffia mortalmente.
Un brivido di spavento corse per le ossa dei soldati, che investigavano con maggior prudenza, temendo la improvvisa comparsa del pirata. Se Sandokan non avesse saputo che il parco era circondato, non avrebbe esitato a balzar fuori, sicuro di porre in fuga quel drappello non troppo coraggioso.
— Il pirata non è venuto a nascondersi in questo chiosco — disse un soldato. — Orsù andiamo a cercarlo altrove.
— Oibò — disse un altro, cui il premio di mille sterline metteva un certo coraggio addosso. — Vedo là una serra con certi vasi, dove il valentuomo potrebbe tenersi celato. Mano alle carabine e dito sul grilletto, amici miei.
I soldati in gruppo coi due indigeni s’avanzarono in mezzo alle piante. La luce penetrava nella stufa attraverso le fessure, illuminando i volti anneriti dei due pirati, che si tenevano immobili come due statue.
— Guarda, James — disse d’un tratto un soldato. — Ecco là una stufa che mi sembra ben ampia per contenere una mezza compagnia di pigmei del re d’Abissinia. Hanno bisogno di gran caldo questi fiori rari.
— Possibile, amico mio; ma io penso che si potrebbe trovare là entro il nostro uomo.
Lo sportello fu aperto e un guizzo di luce penetrò nell’interno, ma insufficiente per rischiarare l’intera stufa. Il soldato vi cacciò a metà la testa, ma la ritirò quasi subito starnutando.
— Non vi ha che caligine che mi ha acciecato — disse egli bestemmiando. — Tutto è nero come la notte più buia di questo mondo. Al diavolo le stufe e l’idea che un uomo si possa trovare in quell’inferno!
— Era ridicola — disse un soldato, ridendo. — Ed ecco il nostro amico più nero di un africano.
I soldati dettero in uno scroscio di risa a cui vi si associò l’annerito, e dopo di aver fatto il giro della serra, sicuri che il pirata non si trovava più nel chiosco, si allontanarono, ripigliando le loro ricerche nel parco.
Il Portoghese quando non li udì più, emise un sospirone che pareva volesse durare un quarto d’ora.
— Corpo di una spingarda! — esclamò egli. — Credo di aver vissuto dieci anni in dieci minuti. Sai, fratellino mio, che noi possiamo accendere un cero alla madonna di Lisbona, d’averla scappata bella. Io credevo di non dover uscire più vivo da questa stufa.
— Lo credo bene, Yanez — disse Sandokan, che rideva fino a slogarsi le mascelle. — Nel momento che quella canaglia d’Inglese introduceva la testa nella stufa, ho veduto passare come una nube rossa dinanzi ai miei occhi. Ti assicuro, Yanez, che non mi sarei, però, lasciato prendere sì facilmente; avrei avuto denti e artigli per tutti e dieci.
— E avresti dato così l’all’armi mettendoci alle calcagna tutti quelli che sono imboscati dietro le palizzate. È meglio che sia passata così liscia.
— Lo so, Yanez, e voglio sperare che a quei codardi non salterà più in capo di ritornare al chiosco. Possiamo ormai considerare questa serra come casa nostra.
— E vorrai tu rimanere in eterno fra questi fiori che ci soffocano? Non abbiamo viveri, e per di più non si può dormire con tutta tranquillità. Non ti nascondo che mi trovo a disagio in questo luogo, sapendo che i prahos sono in viaggio e che forse sono anche arrivati.
— Io non dico di rimanere lungo tempo qui, Yanez; appena che la vigilanza delle giacche rosse sarà rallentata, noi prenderemo il volo. I prahos, non aver timore che possano venir scoperti; Giro Batoë, tu sai che è un uomo che la sa lunga e che è pratico più di me di questi luoghi.
— Ma i viveri?
— Ne troveremo. Ho veduto nella serra degli ananassi e degli aranci d’inverosimile grossezza che non aspettano che il momento di venire mangiati. Usciamo, Yanez, dalla nostra fortezza, e andiamo a fare le nostre provviste dopo di aver dato un’occhiata alle mosse delle giacche rosse. Animo, cammina innanzi.
Il Portoghese, che in quella stufa sentivasi mancare il respiro, non se lo fece ripetere e spingendo innanzi la carabina per ogni precauzione, strisciò all’aperto avendo cura di saltare immediatamente sui vasi per non lasciare traccie nere sul suolo. Sandokan lo seguì quasi subito.
Al di fuori era sempre oscuro, ma i loro occhi abituati alla oscurità della stufa distinsero facilmente gli aranci che non indugiarono a saccheggiare per ispegnere la sete e calmare gli stiracchiamenti dello stomaco.
— Non far rumore e non moverti, Yanez, io andrò a vedere come va la faccenda — disse Sandokan.
— Io stimo cosa imprudente allontanarsi dal chiosco, fratello mio. Rimani e lascia che le cose corrano da sé senza arrischiare di venir scoperto, o peggio ancora, di ricevere qualche scarica in pieno volto.
— Sarò prudente, lo vedrai, Portoghese. Bisogna che io vada a vedere qualche cosa per ideare il mio piano.
— E che vuoi vedere, quando noi ci troviamo in una fortezza dove il nemico non torna più? Al diavolo il tuo piano, che con simile notte non può diventare che pericoloso. Vedremo domani mattina ciò che bisognerà fare.
Il pirata crollò il capo, mise la sua carabina nelle mani del Portoghese e traendo il kriss, la sua arma favorita, disse:
— Lasciami andare; io sarò più agile della scimia e più prudente d’un babirussa. Fra dieci minuti ritorno.
Il Portoghese non si oppose più, quantunque paventasse per ciò che poteva fare Sandokan. Questi uscì, aprendo senza far rumore i cristalli ed entrando nel chiosco diede una rapida occhiata all’interno, rattenendo il respiro cogli orecchi tesi, e assicurato dal silenzio che regnava, lo attraversò, camminando sulla punta dei piedi.
Il drappello poco prima composto di soli sedici soldati era cresciuto fino a una ventina di più, e diviso in piccoli gruppi batteva le aiuole e i cespugli, procedendo colle torcie, e decisi più che mai a impadronirsi del pirata quantunque mettesse loro un certo spavento addosso, sicuri che era ancora nel parco. Egli si strinse nelle spalle.
Uscì del tutto dal chiosco e guardò attentamente la villa lontana un trecento passi. Vide la fenestra della giovanetta illuminata e sussultò impugnando il kriss.
— Se potessi rapirla! — mormorò il pirata, che aveva l’idea di tentare un ardito colpo di mano.
Fece tre o quattro passi tenendosi più basso che poteva per non essere scorto dai soldati, poi si arrestò cogli occhi fissi sulla fenestra sempre illuminata.
Egli poté distinguere un’ombra che passava dinanzi ai vetri seguita da un’altra.
Abbassò lo sguardo dinanzi alla porta e vide una terza ombra, una sentinella che si teneva immobile ma sbarrando l’entrata colla carabina, e che senza dubbio non si sarebbe lasciata sì facilmente avvicinare né ammazzare come la prima caduta sotto il kriss del Portoghese.
Sandokan che aveva già progettato il suo piano si arrestò indeciso guardando fissamente la sentinella immobile.
— Soldati di sopra, soldati di sotto! — mormorò egli coi denti stretti, tormentando l’impugnatura del kriss.
L’esitazione non durò che un lampo per quell’uomo che non conosceva paure. Tentò l’avventura e si mise ad avanzare coll’occhio fisso sui gruppi dei soldati, che andavano e venivano pel parco per non lasciarsi tagliare la ritirata. Ma non aveva ancor fatto venti passi che la sentinella si scosse, alzando la carabina.
— Chi va là? — gridò il soldato con voce rauca e puntò l’arma verso la nera ombra che si arrestò.
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