Per alcuni istanti si videro le alte cime delle canne ad agitarsi, poi piú nulla.
– È fuggita! – gridò Sandokan, ricaricando precipitosamente il fucile.
– Io dico invece che si prepara ad un nuovo assalto, – disse Tremal-Naik. – Sono certo che si avvicina strisciando.
– Che slancio ha quella bestia! – esclamò Yanez. – Credevo che piombasse sulle nostre teste e mi pareva sentirmi già gli artigli penetrare nel cervello.
– Cerchiamo di non fallirla, – disse Tremal-Naik.
– Non si tira troppo bene sul dorso d’un elefante, – rispose Sandokan. – Non so come sia riuscito a colpirla colle scosse che subiva l’haudah.
– Ilcoomareah aveva la tremarella, – disse Yanez. – D’altronde nemmeno io ero perfettamente calmo.
Si può essere coraggiosi ed avere anche una buona dose di sangue freddo, eppure la calma se ne va dinanzi a quelle belve.
– Sfido io! Si tratta di non lasciare la pelle fra quelle unghie, – rispose Sandokan.
– Badate,sahib ! – gridò il molango. – Ilcoomareah la sente.
Infatti l’elefante cominciava a dare nuovi segni d’inquietudine. Sbuffava e tornava a tremare.
Ad un tratto girò rapidamente su se stesso e tornò a piantarsi solidamente, colla testa bassa e la tromba strettamente arrotolata fra i denti.
Non erano trascorsi dieci secondi che Sandokan ed i suoi compagni distinsero la tigre. Scivolava, strisciando quasi sul ventre, fra le canne, cercando di accostarsi all’elefante di sorpresa, colla speranza forse di piombare d’improvviso sui cacciatori.
– La vedi? – chiese Tremal-Naik a Sandokan.
– Sí.
– Anche tu, Yanez?
– Sto prendendola di mira, – rispose il portoghese.
In quell’istante parecchi colpi di carabina rimbombarono sull’haudahdel secondo elefante.
I malesi facevano fuoco, ma in altra direzione.
– È l’altra tigre che assale ilmerghee ! – gridò Tremal-Naik. Non perdete di vista la nostra; lasciate a loro la cura di sbrigarsela. Eccola!
La tigre che li minacciava era comparsa su un piccolo spazio quasi sgombro di canne. Si fermò un momento sferzandosi colla coda, poi con uno slancio fulmineo ripiombò fra le canne per ricomparire poco dopo a pochi passi dalcoomareah .
Ilcornac aveva mandato un grido:
– Va’, figlio mio!
L’elefante si slanciò innanzi colla testa abbassata, le zanne tese, pronto a piantarle nel corpo della belva, ma questa con un altro volteggio si sottrasse al pericolo e ritentò l’assalto di prima che per poco non era riuscito fatale alcornac .
Mandò una nota breve, gutturale e stridente, poi piombò nuovamente sulla fronte del pachiderma, ma male servita dalla sua zampa fracassata dalla palla di Sandokan, ricadde quasi subito al suolo.
Ilcoomareah fu lesto a metterle un piede sulla coda poi le piantò nel petto una delle sue zanne e la sollevò.
Il felino, furioso, mandava urla terribili e s’agitava disperatamente, tentando di dilaniare la testa del colosso.
Sandokan e Yanez avevano puntate le carabine quantunque gli scrolli che subiva l’haudahrendessero il tiro molto problematico. Ilcornac che li aveva veduti, fece loro segno di abbassare le armi, dicendo poi:
– Lasciate fare alcoomareah .
L’elefante aveva sciolta la formidabile proboscide, che arrotolò attorno al corpo della tigre stringendole le zampe per impedirle di servirsi delle terribili unghie.
La staccò dalla zanna, con una stretta irresistibile le fracassò le costole, la sollevò in aria facendola ondeggiare per qualche istante, poi la scaraventò al suolo con tale violenza da tramortirla.
Prima che la belva avesse il tempo di riaversi, ilcoomareah le aveva posata sul corpo una delle sue mostruose zampe. Si udí uncrac , poi un barrito formidabile che risuonò come una tromba di guerra.
Era il barrito che annunciava la vittoria.
– Bravo elefante! – gridò Sandokan. – Questo si chiama un bel colpo!
– Scendiamo! – gridò Yanez.
– Guai a chi si muove – comandò Tremal-Naik. – Ecco l’altra che giunge! Attenzione!-
Infatti la seconda tigre, che era riuscita a sfuggire al fuoco dei malesi, balzava attraverso le canne con agilità straordinaria, spiccando salti di cinque o sei metri. Accorreva in aiuto del compagno, o meglio della compagna, perché a giudicarlo dalla sua grossezza doveva essere un maschio. Fortunatamente pei cacciatori giungeva troppo tardi.
Vedendo ilcoomareah occupato a calpestare e ridurre in poltiglia la compagna, il tigre gli si avventò addosso assalendolo sul fianco destro.
S’aggrappò alla gualdrappa e apparve minacciosa sotto l’haudah, a tre passi dal povero molango.
– Fuoco! – aveva gridato precipitosamente Tremal-Naik.
Tre colpi di fucile partirono nell’istesso momento, seguiti da un quarto sparato da Surama.
Labâg si era lasciata cadere, insanguinando la gualdrappa delcoomareah .
La videro strisciare fra le erbe, poi coricarsi ed allungarsi, come se cercasse di nascondere ai suoi nemici le ferite ricevute.
Sandokan e Tremal-Naik che avevano ricaricate le carabine le fecero fuoco addosso, guastandole piú o meno la magnifica pelle.
La tigre rispose con un terribilehoo -hug! Si alzò penosamente e si mise a indietreggiare, mostrando i denti e ringhiando come un mastino, quando le forze la tradirono e dopo pochi passi ricadde.
– A te, Yanez – disse Tremal-Naik. – Finiscila! Labâg si presenta bene.
Il felino non era che a trenta passi, col muso rivolto verso l’elefante ed il petto scoperto.
Il portoghese lo mirò per qualche istante, mentre ilcornac manteneva fermo l’elefante, poi fece fuoco.
Labâg si sollevò un momento, spalancò le mascelle, poi cadde fulminata. La palla le aveva fracassata una spalla e probabilmente attraversato il cuore.
– Un colpo da grande cacciatore! – gridò Tremal-Naik. -Cornac , getta la scala e andiamo a raccogliere quella superba pelliccia.
Per precauzione ricaricarono le carabine, potendo darsi che vi fosse nei dintorni qualche altra tigre, poi scesero rapidamente slanciandosi fra ikalam .
La prima tigre era stata ormai ridotta in un ammasso di carne e di ossa triturate, pestate dalle zampacce delcoomareah . La pelle, crepata in piú luoghi, non poteva servire piú a nulla.
La seconda non aveva che tre fori. Oltre la ferita alla spalla che aveva determinata la morte, aveva ricevuta una palla nel dorso e un’altra al fianco destro.
Era una delle piú superbe che i cacciatori avessero fino allora vedute.
– Una vera tigre reale, – disse Tremal-Naik. – Non ne avete certo di simili nelle vostre foreste del Borneo.
– No – rispose Sandokan. – Quelle delle isole malesi non sono cosí belle e poi sono piú basse e meno sviluppate. È vero Yanez?
– Sí – rispose il portoghese che esaminava la ferita della spalla. – Non sono però meno coraggiose, né meno feroci di queste.
– Questa è una veraacto -bâgbeursah, come la chiamano i nostri poeti, – disse Tremal-Naik.
– Che vorrebbe dire? – chiese Sandokan.
– Una signora tigre.
– Per Bacco! Quanto rispetto!
– Suggerito dalla paura, – disse Tremal-Naik, ridendo.
– Possiamo accamparci qui, – disse Sandokan, dopo d’aver dato uno sguardo all’intorno. – Ecco là quello spazio quasi scoperto che fa per noi. Per oggi possiamo essere soddisfatti dall’esito della nostra caccia; e poi sarà meglio avanzarci lentamente verso le Sunderbunds e farci precedere dalla fama di appassionati cacciatori, onde non allarmare i Thugs.
– Domani tutti gli abitanti dei villaggi della jungla sapranno che noi siamo venuti qui per distruggere le tigri, – disse Tremal-Naik. – Il molango che abbiamo condotto con noi narrerà meraviglie di noi.
– Lo rimandiamo?
– Non ci è piú necessario e poi è meglio che non vi siano testimoni. Una parola può sfuggirci ed i Thugs devono tenere delle spie nei villaggi, onde non farsi sorprendere da qualche spedizione di.soldati bengalesi.
I malesi rizzarono due vaste tende di tela bianca e scaricarono le casse contenenti i viveri e gli arnesi di cucina, onde allestire la colazione.
Icornac si occuparono di preparare quella degli elefanti, consistente in una enorme quantità di foglie dificus-indica e di erbe palustri larghe come lame di sciabole, in una pagnotta di granturco del peso di dieci chilogrammi e d’una mezza libbra dighi ossia di burro chiarificato, mescolato quasi ad altrettanto zucchero.
Divorato il pasto e disposte due sentinelle sui margini della jungla, i cacciatori si stesero sotto le tende, mentre il sole versava torrenti di fuoco su quell’oceano di vegetali, asciugando rapidamente le pozze e gli stagni formatisi durante la notte.
Stavo cercando delle cose su Salgari e sono approdato qui.Ne hai di pazienza…bravo e grazie .
E’ solo la passione per il grande Salgari … grazie a te