Dei rapitori di Surama non si scorgeva però alcuna traccia, quantunque l’elefante avanzasse con una velocità tale da superare il galoppo d’un buon cavallo.
Invano Sandokan, Yanez ed i loro compagni giravano gli sguardi in tutte le direzioni: i Thugs non si scorgevano in alcun luogo, eppure non sarebbe stato difficile scoprirli, ora che i bambú erano stati abbattuti e che ikalam , ossia le alte erbe, giacevano piegate al suolo.
– Che ci siamo ingannati sulla direzione che hanno presa? -chiese Yanez dopo un’ora di continuo galoppo. – Dobbiamo già aver percorso almeno dieci miglia a quest’ora.
– O che li abbiamo invece sopravvanzati? – disse Tremal-Naik.
– In tal caso li avremmo veduti. La jungla è scoperta e da questa altezza si può scorgere facilmente un uomo.
– E meglio ancora un elefante, – ribatté il bengalese.
– Che cosa vuoi dire, Tremal-Naik?
– Che è piú facile che i Thugs abbiano prima scorto ilcoomareah , che noi.
– Vorresti quindi concludere? – chiese Sandokan.
– Che potrebbero essersi nascosti per lasciarci passare.
– Ed i nascondigli qui non mancano, – disse il luogotenente. – Basta cacciarsi sotto uno di questi ammassi di canne e di foglie per rendersi invisibili.
– Udiamo, – disse Sandokan, volgendosi verso Tremal-Naik. – Dove credi che conducano la fanciulla?
– A Rajmangal di certo, – rispose il bengalese.
– È un’isola, Rajmangal, è vero?
– Sí.
– Divisa da che cosa dalla jungla?
– Da un fiume: il Mangal.
– Per raggiungerla dove credi che si imbarchino?
– In qualche rada della vasta laguna.
– Sicché se noi incrociassimo presso l’isola…
– Potremmo sorprenderli, arrivando prima, potendo avere a nostra disposizione una scialuppa.
– Avranno buone gambe i Thugs, ma che possano rivaleggiare con un elefante che va di galoppo, non lo ammetterò mai.
– No di certo.
– Allora concludo, – disse Sandokan che parea seguisse un’idea fissa. – Noi spingeremo l’elefante meglio che potremo, in modo da giungere sulle rive delle Sunderbunds con un notevole vantaggio sui rapitori di Surama.
Quando ci saremo messi in comunicazione col miopraho , armeremo la baleniera e andremo ad incrociare sulle coste di Rajmangal.
– E li prenderemo prima che sbarchino sulla loro isola, – disse il signor de Lussac.
– E li fucileremo come cani, – aggiunse Yanez.
– Allora avanti e sempre di galoppo, – disse Sandokan. – Ehi,cornac , cinquanta rupie di regalo se puoi portarci sulle rive delle Sunderbunds prima di mezzanotte. Lo credi possibile, Tremal-Naik?
– Sí, se l’elefante non rallenta, – rispose il bengalese. – Siamo ben lontani, tuttavia vi giungeremo.
Ilcoomareah ha le gambe lunghe e vince un buon cavallo nella corsa. Spingi,cornac , spingi sempre.
– Sí,sahib , – rispose il conduttore. – Mettete solo a mia disposizione alcuni chilogrammi di zucchero ed ilcoomareah non smetterà di trottare.
L’elefante manteneva un galoppo ammirabile, senza che il suo conduttore avesse bisogno di aizzarlo coll’arpione, quantunque il terreno si prestasse poco per un corridore cosí pesante, essendo sempre pantanoso.
In meno di due ore attraversò il tratto spazzato dal ciclone e raggiunse la jungla meridionale, che pareva non avesse sofferto nulla da quelle trombe d’aria.
Infatti i bambú giganti, icalamus ed i foltissimi cespugli dimindi e di mussenda riapparivano a macchioni, interrotti di quando in quando da gruppi di splendidi cocchi, di pipal, di mangifere, di palmizi tara e di latanie, che crescevano sulle rive degli stagni.
Un’ora piú tardi l’elefante, che non aveva cessato di trottare, si cacciava in mezzo ad una immensa piantagione di bambú spinosi e di bambútulda , d’altezza straordinaria.
– Apriamo gli occhi, – disse Tremal-Naik. – Questo è un vero posto da imboscate e un uomo potrebbe facilmente ammazzarci l’elefante con un colpo ditarwar nelle gambe posteriori. – Nulla però accadde e nessun pericolo minacciò l’elefante.
Verso il tramonto Sandokan ordinò la fermata, per concedere un po’ di riposo al bravo animale, il quale cominciava a dare segni di stanchezza e anche per preparare la cena.
D’altronde tutti sentivano il bisogno di un po’ di tregua, giacché le incessanti scosse li avevano completamente fiaccati.
Ilcornac che ci teneva a guadagnare le cinquanta rupie promessegli da Sandokan, fece un’ampia raccolta di foglie dibâr (ficusindica) e di rami di pipal e erbe ditypha di cui gli elefanti sono ghiottissimi e raddoppiò la razione dighi e di zucchero, onde il pachiderma conservasse le sue forze.
Alle nove ilcoomareah ben pasciuto e rinvigorito da una bottiglia di gin tracannata d’un sol fiato come fosse semplice acqua, riprendeva il trotto sfondando impetuosamente l’enorme massa dei vegetali.
L’influenza dell’aria marina cominciava a farsi sentire. Una brezza abbastanza fresca ed impregnata di salsedine soffiava dal sud, indicando la vicinanza delle immense lagune che si stendono fra la costa del continente e la moltitudine d’isole e d’isolotti che formano le Sunderbunds.
– Fra un paio d’ore e anche prima, giungeremo sulle rive del mare, – disse Tremal-Naik.
– Ma noi non abbiamo pensato ad una cosa, – disse ad un tratto Yanez. – Se ilpraho incrocia nel canale di Raimatla, come lo raggiungeremo mentre non possediamo alcuna scialuppa?
– Non vi è alcun villaggio di pescatori sulle rive? – chiese Sandokan.
– Una volta ve n’erano, – rispose Tremal-Naik, – ora i Thugs hanno distrutte le capanne e anche gli abitanti. Non vi è che la piccola stazione inglese di Port-Canning, però troppo lontana e perderemmo un tempo troppo prezioso per noi.
– Bah! Costruiremo una zattera, – disse Sandokan. – I bambú si prestano benissimo.
– E l’elefante? – chiese Yanez.
– Ilcornac lo condurrà là dove abbiamo dato appuntamento ai tuoi malesi, – rispose Tremal-Naik. – Se poi… Oh!
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