– E di Sirdar, che cosa è avvenuto? – chiese Sandokan. – Ci ha traditi, è vero?
– No,sahib , – rispose Surama. – Egli è dietro a Suyodhana.
– Che cosa vuoi dire, fanciulla? – gridò Tremal-Naik, con voce alterata.
– Che il capo dei Thugs è fuggito un’ora prima del vostro arrivo, dopo d’aver fatto sgombrare l’antica galleria che metteva nel baniansacro .
– E mia figlia?
– L’ha portata con sé.
Il povero padre mandò un grido straziante, coprendosi il viso colle mani.
– Fuggito!… Fuggito!…
– Ma Sirdar lo segue, – disse Surama.
– E dove è fuggito? – chiesero ad una voce Sandokan, Yanez e de Lussac.
– A Delhi, onde mettersi sotto la protezione degli insorti. Sirdar prima di seguirlo mi ha dato questa carta per voi.
Sandokan s’impadroní vivamente del foglietto che la giovane si era levata dal corsetto.
– Una torcia! – comandò la Tigre. – Venti uomini ai due sbocchi della galleria e che facciano fuoco sul primo che si avvicina.
Tremal-Naik, che si asciugava delle lagrime, de Lussac, Yanez e Kammamuri lo avevano circondato in preda ad una profonda ansietà.
Sandokan lesse:
«Suyodhana è fuggito per la vecchia galleria dopo la improvvisa comparsa delmanti . Egli sa tutto ormai e ci teme, ma i suoi uomini sono preparati alla resistenza e decisi a sacrificarsi fino all’ultimo pur di sopprimervi. Fuggiamo verso Port-Canníng per Calcutta dove c’imbarcheremo per Patna e di là raggiungeremo le truppe insorte che si concentrano su Delhi.
Checché accada non lo lascerò, e sorveglierò Darma.
All’ufficio postale di Calcutta troverete mie nuove.
SIRDAR»
Dopo la lettura di quella lettera era successo un breve silenzio rotto solamente dai sordi singhiozzi di Tremal-Naik.
Tutti guardavano la Tigre della Malesia il cui viso assumeva rapidamente un aspetto terribile. Comprendevano che il formidabile uomo stava meditando qualche spaventevole vendetta.
Ad un tratto s’avvicinò a Tremal-Naik e posandogli le mani le spalle gli disse:
– Ti ho detto che noi non lasceremo questi luoghi se prima tu non riavrai la tua piccola Darma e noi la pelle della Tigre dell’India e tu sai se io e Yanez siamo uomini capaci di mantenere le nostre promesse.
Suyodhana c’è ancora una volta sfuggito; a Delhi noi lo ritroveremo e piú presto forse di quello che credi.
– Seguirlo fino là, in questi momenti in cui tutta l’India settentrionale è in fiamme? – disse Tremal-Naik.
– Che cosa importa? Forse che noi non siamo uomini di guerra? Signor de Lussac, potreste voi farci ottenere dal governatore del Bengala, in ricompensa del servigio che noi renderemo agl’inglesi, un salvacondotto che ci permetta di attraversare l’alta India senza essere inquietati dalle truppe operanti?
– Lo spero, capitano, anzi ne sono certo, trattandosi di prendere un uomo sul cui capo pesa da vent’anni una taglia di diecimila sterline.
– Prenderlo! No, signore, ucciderlo, – disse Sandokan freddamente.
– Come vorrete.
Sandokan rimase un momento silenzioso, poi riprese:
– Tu un giorno, Tremal-Naik, mi hai narrato che sopra queste caverne scorre un fiume.
– Sí, il Mangal.
– Che in un antro si trova una porta di ferro comunicante con quel fiume e che ha un grosso tubo.
– Si, l’ho veduta anch’io parecchie volte durante la mia prigionia, – disse Kammamuri. – Serve a fornire d’acqua gli abitanti dei sotterranei.
– Sapreste condurci in quella caverna?
– Sí, – dissero i due indiani.
– È lontana?
– Dovremo percorrere quattro lunghi corridoi e attraversare la pagoda sotterranea.
– Guidateci a quell’antro, – disse Sandokan, con un crudele sorriso. – Quanti petardi avete ancora?
– Sei, – rispose Kammamuri.
– Vi è un altro passaggio, senza sfondare la porta della caverna?
– La galleria si biforca a duecento passi da qui, – disse Kammamuri. – È per di là che devono essere fuggiti i Thugs che si erano rifugiati nella pagoda.
– A me, tigri di Mompracem – gridò Sandokan. – Qui noi combatteremo l’ultima lotta contro le tigri di Rajmangal.
In testa, Kammamuri e pianta la tua torcia sulla cima della carabina! Avanti! L’ultima ora sta per suonare per gli strangolatori dell’India!
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