A un gesto di Sandokan, il malese Sambigliong che doveva aver già ricevute precedentemente delle istruzioni, si era diretto verso un grosso tamarindo che si innalzava a trenta o quaranta passi dal rogo fra le rovine della cinta della vecchia pagoda.
Teneva in mano una lunga corda, un po’ piú grossa dei gherlini e che aveva già annodata a laccio.
La gettò destramente attraverso uno dei piú grossi rami e lasciò scorrere il nodo scorsoio fino a terra.
Intanto alcuni marinai avevano legate strettamente le braccia almanti e passate sotto le ascelle due corde sottili e resistentissime.
Il vecchio non aveva opposta alcuna resistenza, tuttavia si capiva, dall’espressione del suo viso, che un indicibile terrore l’aveva improvvisamente preso.
Grosse gocce di sudore gli colavano dalla rugosa fronte e un forte tremito scuoteva il suo magro corpo. Doveva aver già compreso quale atroce supplizio stava per provare.
Quando lo vide ben legato, Tremal-Naik gli si accostò, dicendogli:
– Vuoi dunque parlare,manti ?
Il vecchio gli lanciò uno sguardo feroce, poi disse con voce strangolata.
– No… no…
– Ti dico che non resisterai e che finirai per dirmi quanto noi desideriamo sapere.
– Mi lascerò piuttosto morire.
– Allora ti faremo dondolare.
– Qualcuno vendicherà la mia morte.
– I vendicatori sono troppo lontani per occuparsi di te in questo momento.
– Un giorno Suyodhana lo saprà e proverai le delizie del laccio.
– Noi non temiamo i Thugs, e ce ne ridiamo di Kalí, dei suoi settari e anche dei loro lacci. Per l’ultima volta vuoi confessarci dove si trova ora Suyodhana o dove hanno nascosta mia figlia?
– Va’ a chiederlo al «padre delle sacre acque del Gange», – rispose ilmanti con voce ironica.
– Va bene: avanti voialtri.
I quattro malesi spinsero il vecchio verso l’albero.
Sambigliong gli passò il laccio attraverso il corpo stringendolo un po’ sotto le costole, in modo che la funicella gli comprimesse il ventre e quindi gl’intestini, poi gridò:
– Ohe! Issa!
I malesi afferrarono l’altra estremità della fune che era passata sopra il ramo e ilmanti fu sollevato per un paio di metri.
Il disgraziato aveva mandato un urlo d’angoscia. Il nodo sotto il peso del corpo, si era subito stretto in modo da penetrargli quasi nelle carni.
Tutti si erano radunati intorno all’albero, compresi Yanez e Sandokan, i quali assistevano a quel nuovo genere di martirio senza battere ciglio.
Anzi il portoghese, come sempre, aveva acceso la sua ventesima o trentesima sigaretta e fumava placidamente.
– Spingete, – comandò freddamente Tremal-Naik ai quattro malesi che avevano legato ilmanti .
– Fatelo dondolare senza preoccuparvi delle sue grida.
I pirati si misero due da una parte e due dall’altra e diedero la prima spinta.
Ilmanti strinse i denti per non lasciarsi sfuggire alcun grido, però si vedeva che doveva soffrire atrocemente sotto quella stretta che a causa del dondolamento aumentava sempre.
Aveva gli occhi schizzanti dalle orbite e il suo respiro era diventato affannoso come se i polmoni, pure compressi, non potessero quasi piú funzionare.
Alla terza spinta che gli fece penetrare la funicella nelle carni, il disgraziato non poté piú frenare un urlo di dolore.
– Basta! – gridò con voce rauca. – Basta… miserabili.
– Parlerai? – chiese Tremal-Naik, accostandoglisi.
– Sí… sí… dirò tutto quello… che vorrai… sapere… ma fammi togliere il laccio… Soffoco…
– Potresti pentirti e mi seccherebbe dover ricominciare il supplizio.
Fece arrestare il dondolamento, poi riprese:
– Dove si trova Suyodhana? Se non me lo dici, non faccio allentare il nodo scorsoio.
Ilmanti ebbe un’ultima esitazione, che non ebbe che la durata di pochi secondi. Ora non si sentiva in caso di resistere piú a lungo a quello spaventevole supplizio inventato dalla diabolica fantasia dei suoi compatriotti.
– Te lo dirò, – rispose finalmente, facendo una smorfia orribile.
– Dimmelo dunque.
– A Rajmangal.
– Negli antichi sotterranei!
– Sí… sí… basta… m’uccidi…
– Una risposta ancora, – disse l’implacabile bengalese. – Dove hanno nascosto mia figlia?
– Anche quella… la vergine… a Rajmangal.
– Giuramelo sulla tua divinità.
– Lo giuro… su Kalí… Basta… non ne posso… piú.
– Calatelo, – comandò Tremal-Naik.
– Non resisteva piú, – disse Yanez gettando via la sigaretta. – Questi diavoli d’indiani possono dare dei punti all’Inquisizione della vecchia Spagna.
Ilmanti fu subito calato e liberato dal nodo scorsoio e dalle corde. Attorno al ventre aveva un solco profondo, azzurrognolo che in certi punti sanguinava.
I malesi furono costretti a farlo sedere, perché il disgraziato non si reggeva piú sulle gambe.
Ansava affannosamente e aveva il viso congestionato.
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