Sirdar (seconda parte)

Che cosa abbia fatto poi, poco vi deve importare di saperlo, ma ora odio quegli uomini che mi hanno costretto a uccidere per offrire alla loro dea il sangue delle vittime. Io so che voi andate a portare la guerra nel loro covo: mi volete? Sirdar mette a vostra disposizione la sua forza ed il suo coraggio.

– Come sai tu che noi andiamo a Rajmangal? – chiese TremalNaik.

– Me lo ha detto il pilota.

– Chi era quell’uomo?

– Il comandante di una delle duegrab , che hanno assalita la vostra nave.

– Ci avete seguiti?

– Sí, assieme a altri dodici Thugs che facevano parte dell’equipaggio ed io ero del numero. Ci era nato il sospetto che tusahib , ti dirigessi su Khari perché eravamo stati informati che uno dei tuoi servi aveva acquistato due elefanti.

Tutti i tuoi passi erano stati spiati. Cosí sapevamo che tu eri in relazione cogli uomini che montavano quella piccola nave, che avevi inseguito e poi preso ilmanti , quel dannato vecchio che mi ha fatto abbracciare la religione di Kalí.

Ti abbiamo seguito attraverso la jungla, abbiamo assistito, nascosti fra i canneti, alle tue cacce, ti abbiamo rapita la bajadera per paura che tradisse l’asilo dei Thugs…

– Surama! – esclamò Yanez.

– Sí, si chiamava cosí quella fanciulla, – disse Sirdar. – Era la figlia d’un capo montanaro dell’Assam.

– Dove si trova, ora?

– A Rajmangal di certo, – rispose il giovane. – Si aveva paura che vi guidasse nei misteriosi sotterranei dell’isola.

– Continua, – disse Sandokan.

– Poi vi abbiamo tesa l’ultima imboscata per uccidere il vostro secondo elefante, – rispose Sirdar. – Avevamo preparato il nostro progetto per sterminarvi prima che aveste potuto mettere piede su Rajmangal.

– E la pinassa? – chiese Tremal-Naik.

– Ce l’aveva mandata Suyodhana il quale era stato avvertito da alcuni corrieri delle vostre intenzioni.

Noi sapevamo che voi vi eravate rifugiati nella torre di Barrekporre e saremmo venuti egualmente ad offrire i nostri servigi anche senza i vostri segnali.

– Che organizzazione meravigliosa hanno dunque quei banditi! – esclamò Yanez.

– Hanno una polizia segreta veramente ammirabile, onde sventare tutti i tentativi del governo del Bengala per distruggerli, – disse Sirdar. – Essi temono sempre un colpo di testa da parte delle autorità di Calcutta e la jungla e le Sunderbunds sono infestate da spie dei Thugs.

Che un drappello sospetto si inoltri ed iramsinga lo segnaleranno ed il suono acuto di quelle trombe si propaga, sempre ripetuto, fino sulle rive del Mangal.

Come vedete una sorpresa sarebbe impossibile.

– Credi tu dunque che non si possa portare la guerra sulla loro isola? – chiese Sandokan.

– Forse, agendo con estrema prudenza.

– Tu conosci quei sotterranei?

– Ci sono stato parecchi mesi là dentro, – rispose Sirdar.

– Quando li hai lasciati?

– Quattro settimane or sono.

– Tu dunque hai veduto mia figlia! – gridò Tremal-Naik con un’emozione impossibile a descriversi.

– Sí l’ho veduta una sera nella pagoda, mentre le insegnavano a versare nel bacino dove nuota il mango sacro il sangue d’un povero molango strangolato poche ore prima.

– Miserabili! – urlò Tremal-Naik. – Anche a sua madre facevano versare del sangue umano dinanzi a Kalí, quand’era la «Vergine della pagoda d’Oriente». Vili! Vili! – Un singhiozzo aveva lacerato il petto del povero padre.

– Calmati, – disse Sandokan con voce affettuosa. – Noi gliela strapperemo. Perché noi siamo venuti qui dalla lontana Mompracem? L’una o l’altra delle due tigri qui morrà, ma sarà quella dell’India che cadrà nella lotta.

Prese lanavaja di Yanez e tagliò le corde del prigioniero, dicendogli:

– Noi ti risparmiamo la vita e ti diamo la libertà, purché tu ci conduca a Rajmangal e ci guidi in quei misteriosi sotterranei.

– L’odio mio verso quegli assassini è pari al vostro e Sirdar manterrà la promessa. Che Iama, il dio della morte e degli inferni mi danni per tutta l’eternità se io tradirò la parola data.

Rinnego e maledico Kalí per tornare bramino.

– Al timone, Yanez, – gridò Sandokan. – Il vento s’alza e laMarianna non sarà lontana. Stringete le scotte, signor de Lussac! Fileremo come unosteamer .

Una fresca brezza coininciava a soffiare con una certa regolarità, gonfiando le vele del piccolo naviglio e disperdendo la nebbia causata dalle abbondanti evaporazioni delle acque.

Sandokan si era affrettato a mettere la prora verso il sud, dove si apriva un vasto canale che Tremal-Naik gli aveva detto essere quello di Raimatla, formato da due isole assai basse, ingombre di canne giganti e che pareva dovessero avere una estensione considerevole.

Altre isole ed isolotti si stendevano verso l’est, anche quelli coperti da una folta vegetazione, composta per la maggior parte di bambú spinosi e da qualche gruppetto di cocchi.

Miriadi di uccelli acquatici volteggiavano sopra quelle terre fangose e di mangiatori di carogne, marabú, bozzagri earghilah , i quali dovevano trovare abbondante pasto a giudicarlo dall’odore nauseante di carne corrotta che giungeva da quelle parti. Le rive dovevano essere coperte da cadaveri d’indiani spinti colà dalla marea e dalle onde.

La pinassa, che pareva fosse una buona veliera, come lo sono generalmente quella specie di barche, filava benissimo e obbediva alla menoma pressione del timone.

In meno di un’ora raggiunse la punta settentrionale dell’isola che si estendeva verso oriente e si mise a seguire la riva, tenendosi però a rispettosa distanza per non subire un improvviso assalto da parte delle tigri.

L’audacia di quelle fiere è tale, che sovente, con un salto, si slanciano sul ponte delle scialuppe e dei piccoli velieri che con mettono l’imprudenza di tenersi troppo vicini a terra, per rapire qualche marinaio sotto gli occhi dell’equipaggio atterrito ed impotente a respingere quell’inatteso attacco.

– Aprite gli occhi, – disse Sandokan che aveva surrogato Yanez al posto del timone. – Se Sambigliong e Kammamuri si sono a tenuti alle mie istruzioni, avranno celato ilpraho entro qualche canalone e smontata l’alberatura. Può quindi sfuggire ai nostri sguardi.

– Segnaleremo la nostra presenza con qualche colpo di fucile, – disse Tremal-Naik.

– Ho trovato una delle nostre carabine.

– Quella che ilthug aveva scaricata contro di noi a tradimento?

– Deve essere quella, Sandokan.

– Sí, – disse Sirdar, che si trovava seduto sulla murata poppiera

– E le altre? – chiese Sandokan.

– Il pilota le aveva fatte gettare nella laguna onde impedire voi di servirvene.

– Vecchio stupido, – disse Yanez. – Poteva usarle contro di noi

– Non ve n’era che una carica,sahib , e noi non avevamo né polvere, né palle a bordo, – rispose il giovane.

– È vero! – disse Sandokan. – Le altre le avevamo scaricate alla torre per attirare l’attenzione della pinassa. È stata una vera fortuna, altrimenti ci avrebbero fucilati a bruciapelo.

– E tale era l’intenzione del pilota – rispose Sirdar. – Le armi vi erano state sottratte a quello scopo.

– Capitano Sandokan, – disse in quel momento il signor de Lussac, il quale era salito sull’antenna della vela di prora per abbracciare maggior orizzonte, – vedo un punto nero solcare il canale.

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