Lo sconosciuto si avvicinò ad un fuoco che ardeva su un grosso fornello fabbricato tutto in mattoni, riattizzò la legna e si mostrò in piena luce.
Come abbiamo detto era di forme massicce e pareva che avesse una cinquantina d’anni. I suoi capelli erano assai brizzolati, la sua barba piuttosto lunga pure e il suo viso aveva dei lineamenti duri ed energici animati da un paio d’occhi che sprigionavano ancora un vivo splendore.
Indossava un vestito di grosso panno azzurro cupo che lo faceva rassomigliare ad un marinaio, però calzava mocassini indiani di pelle gialla con svariati disegni sulle costure, al posto dove gli Irochesi e gli Algonchini appendono le capigliature dei nemici vinti.
Malgrado l’età piuttosto avanzata, non doveva aver perduto né la sua forza né la sua agilità.
Testa di Pietra e i suoi compagni si guardarono intorno e si accorsero di essere entrati in uno di quei depositi che i coloni canadesi tengono in buon numero sul Champlain, per esercitare il traffico delle pelli con gl’indiani.
Infatti la capanna era ingombra di pellicce d’ogni genere: ve ne erano di lupi, di volpi, di alci, di raccoon od orsi lavoratori, di caribou che somigliano assai alle renne e non mancavano anche delle pelli di bisonte accuratamente conciate dagl’indiani i quali sono veri maestri nel conservare e rendere pieghevoli le loro pellicce, con dei processi semplicissimi e che sono tutti a base di cervelli diluiti con acqua e ben sbattuti.
Vi erano poi casse, barili e barilotti d’ogni tinta che dovevano contenere probabilmente dei viveri e degli oggetti di scambio per gli indiani. Formavano un’enorme catasta in fondo alla sala, ammonticchiati alla rinfusa.
«Voi siete un trafficante, è vero?» chiese Testa di Pietra allo sconosciuto.
«Traffico con i pellerossa.»
«Mestiere pericoloso, signor…»
«Riberac.»
«Ecco un bel nome francese.»
Il trafficante alzò le spalle, sorrise, poi trascinò una tavola nel centro del deposito accendendo un grosso fanale da marina, quantunque veramente il camino proiettasse una luce abbastanza viva.
«Non ho sedie,» disse. «Prendetevi dei barili e asciugatevi come meglio potete al fuoco. Con questo freddo non fa piacere portare indosso tanta acqua.»
«Siamo veramente intirizziti, ma qui dentro regna una bella temperatura e fra qualche ora noi saremo asciutti,» rispose Testa di Pietra.
«Siete stati dunque molto in acqua?»
«Qualche ora e la risacca era pessima.»
«Voi tutti siete gente robusta e non soffrirete per ciò.»
Aprì una cassa, levò alcune bottiglie e parecchi bicchieri e cominciò a versare.
«È gin del migliore, che non vendo agl’indiani. Lo serbo solamente per me e per qualche raro amico. Bevete pure, perché ne sono ben provvisto.»
Aprì poi una seconda cassa e trasse fuori pacchi di tabacco e mazzi di grossi sigari del Maryland, delle gallette e della frutta secca.
«Servitevi,» disse. «Da questo momento vi considero come miei ospiti, anzi come degli amici. Rimarrete qui finché vorrete poiché io solo sono stato la causa del naufragio della vostra fusta, facendo quei segnali.»
Stette un momento silenzioso, poi, guardando Testa di Pietra che si arrosolava dinanzi al braciere e che era tutto occupato ad asciugare la sua famosa pipa, gli chiese a bruciapelo:
«Non eravate in maggior numero?»
«Come fate a saperlo?»
«Perché la vostra barca l’ho veduta navigare un po’ prima che tramontasse il sole. Dev’essere successo qualche combattimento fra di voi poiché più tardi ho udito parecchi colpi di fucile e delle grida furiose.»
«Una parte del mio equipaggio, formato da canadesi, capitanati da un meticcio che era incaricato di guidarci attraverso il lago, si era ribellato e non so ancora come siamo sfuggiti ad un vero massacro poiché non avevamo che delle scuri.»
«E li avete respinti o costretti a sbarcare?» chiese il trafficante il quale pareva s’interessasse vivamente.
«Sono state le onde che li hanno portati via durante il primo scoppio della bufera. Si trovavano sulla prora, che era assai bassa, e uno ad uno li abbiamo veduti sparire.»
«Che siano annegati?»
«Il lago era pessimo in quel momento e per di più i quattro canadesi indossavano vesti pesantissime.»
«Certo. nessuno di quei disgraziati sarà riuscito a raggiungere la costa.»
«Disgraziati!… Canaglie e fior di canaglie!…» gridò Testa di Pietra. «Avevano preparata una vera mina nel ventre della fusta per farci saltare in aria. Fortunatamente avevamo fatto a tempo a gettare in acqua una piccola zattera.»
«Quella che si è arenata alla foce del fiume. Così cattivi erano quegli uomini? Eravate voi il loro comandante?»
«Sì, ed avevo trattato quei bricconi come se fossero dei veri marinai bretoni, e li avevo pagati bene!»
«Voi o qualche altro?»
Testa di Pietra staccò il bicchiere dalle labbra e guardò con diffidenza il trafficante. «Perché da qualche altro?» chiese poi. «Vorreste spiegarvi, signor Riberac?»
«Da qualche generale americano per esempio.»
«A bordo della mia fusta non ve n’era nessuno.»
«In conclusione dove eravate diretti?»
«Verso il forte di Ticonderoga.»
«Ah!… Quello che gl’inglesi ora si preparano, con grandi sforzi, ad espugnare? Si dice che vogliano prendersi una strepitosa rivincita contro Arnold che è il braccio destro di Washington.»
«Mi permettete una domanda?»
«Dite pure.»
«Parteggiate per gli americani o per gl’inglesi?» chiese Testa di Pietra.
«Per nessuno,» rispose con voce secca il trafficante. «Io non mi occupo che dei miei commerci e se vi sono delle persone che sentono il desiderio di trucidarsi, non mi riguarda affatto. Io sono rimasto affatto estraneo a questa guerra maledetta.»
«Perché maledetta?»
«Perché gl’inglesi hanno assoldati gli Uroni e gli Algonchini impedendomi così ormai di vendere un vecchio fucile od un barilotto di polvere o della paccotiglia lucente a buon prezzo. Se si sono già messi sul sentiero di guerra, un giorno o l’altro piomberanno anche qui e mi porteranno via tutto, compresa la capigliatura.»
«Non siete amico di quei terribili guerrieri?»
«Amico!… Fidatevi di quella gente anche quando avete fumato con loro venti volte il calumet della pace! Mi hanno lasciato vivere perché avevano bisogno di vendermi le loro pelli in cambio di armi e liquori. Se non avessi avuto questo magazzino ben fornito, chissà da quanto tempo mi avrebbero scotennato.»
«E, sapendo ora che è ben pieno di ogni grazia di Dio, con la scusa di essersi messi sul sentiero della guerra vi svaligeranno.» disse Testa di Pietra.
«Oh, prevedo la mia rovina,» rispose il trafficante. «Non valeva la pena di passare dieci anni fra queste boscaglie battute da grossi orsi per poi rimanere senza un luigi. Bell’affare che ho fatto!…»
«Venite con noi.»
«Dove?»
«Al forte.»
«Chi ci procurerà un canotto capace di affrontare le collere di questo lago che, se è piccolo, è troppo sovente di cattivo umore? Solamente gl’indiani ne posseggono, ma io non andrò certo ad espormi al pericolo di farmi spaccare la testa con un buon colpo di tomahawh.»
«Sicché saremo anche noi costretti a rimaner qui,» disse il bretone, impallidendo. «Siamo aspettati a Ticonderoga..»
«Affari urgenti?»
«Pressantissmi, mi pare di avervelo detto.»
«Può darsi, ma non ricordo. Io ho sempre il mio cervello occupato nei miei affari e non sempre presto attenzione a quello che mi si dice.»
«Che cosa ci consigliate di fare?»
«Di rimanere qui. Che cosa vi manca? Avete delle splendide e soffici pelli che vi serviranno benissimo da letto. Come ho detto, metto il mio magazzino a vostra disposizione.»
«Non si potrebbe giungere egualmente al forte facendo il giro del lago? Noi non siamo uomini da spaventarci per il freddo.»
«Vi occorrerebbero sette od otto settimane e cadreste fatalmente fra le braccia degl’indiani.»
«Corpo d’un cannone scoppiato!…» esclamò Testa di Pietra con voce irata. «Che cosa siamo venuti allora a fare qui se non abbiamo più nessuna barca?»
«Io accetterei il consiglio del signor Riberac.» disse Piccolo Flocco. «Se non possiamo muoverci restiamo qui.»
«E gl’inglesi? Arnold non saprà della loro poderosa riscossa.»
«Vuoi che attraversiamo il lago a nuoto, col freddo cane che fa fuori? Siamo stati vigliaccamente traditi, ecco tutto.»
«E se gl’indiani vengono qui?»
«Ci difenderemo come orsi grigi, vecchio mastro. Qui i fucili e la polvere non mancano, e il magazzino è solido come un vero fortino. Come vedi non mancano nemmeno le feritoie.»
«Voi parlate bene,» disse il trafficante. «Mi terrete compagnia e chissà che non riesca a salvarvi dalle furie sanguinarie degl’indiani, poiché ora che ci penso, godo la protezione della madre di uno dei più valorosi sackem degli Uroni ed essa potrebbe, se volesse, salvarci tutti.»
«Uhm!… Fidatevi di quelle canaglie sempre assetate di sangue,» disse Testa di Pietra.
Si era alzato, essendosi ormai ben asciugato. e si era messo a girare come una bestia feroce per il magazzino, picchiandosi pugni su pugni sulla testa.
Girò tre o quattro volte intorno alla tavola, poi si fermò gridando:
«Cane d’un Davis!… Se il mio soldato non ti ha mandato a tener compagnia ai pesci del lago e dovessi incontrarti, non ti risparmierei di certo. Vile canaglia che hai tradito la causa americana!…»
Proprio in quel momento nel magazzino risonò come un risolino soffocato.
Testa di Pietra aveva fatto un salto.
«Avete udito voi?» chiese con voce alterata.
«Io, nulla,» disse il trafficante, il cui volto era diventato subito oscuro.
«Ma io sì,» disse Piccolo Flocco, il quale si era alzato rapidamente, subito imitato dai due assiani.
«Un risolino, è vero?» chiese il mastro.
«Che mi parve provenisse da quella parte,» rispose il giovane, indicando la massa di pelli, di botti e di casse che occupavano tutto il fondo della capanna.
«E anche noi, patre,» dissero i due assiani.
«Che cosa dite voi, signor Riberac?» chiese il vecchio bretone il quale si era prontamente armato d’una scure. «Che durante la vostra assenza sia entrato qui qualche animale?»
«Io non credo,» rispose il trafficante. «Nessuna bestia è mai entrata qui dentro.»
«Sarà meglio accertarcene.»
«Mi getterete tutto all’aria.»
«Rimetteremo tutto a posto, non dubitate. E poi non potrebbe essersi nascosto qualche indiano per farci la tosatura sanguinosa durante il nostro sonno?»
«Non credo che i pellerossa abbiano già spinte le loro avanguardie fino su queste rive. Vi giungeranno, ma quando giungeranno le navi inglesi.»
«Dite quello che volete, noi vogliamo frugare tutta quella parte del magazzino,» disse Testa di Pietra con voce un po’ irritata. «Ci hanno tesi troppi agguati e non desideriamo affatto subirne ancora qualche altro.»
«Dubitereste di me?»
«Mai più, signor Riberac.»
«Se volete divertirvi a scombussolare tutto il mio magazzino. fate pure,» disse il trafficante un po’ piccato.
«Non vi guasteremo nulla. Voglio scovare la bestia o l’uomo che ha riso.»
«Tempo perduto.»
«Non importa. A me, amici.»
Il trafficante fece un gesto d’impazienza e si sedette dinanzi al fuoco accendendo un grosso sigaro del Maryland.
I due bretoni e i due tedeschi si erano messi alacremente al lavoro, spostando casse, cassoni, barili, grosse botti che prima non avevano osservate e giganteschi rotoli di pelli. Agivano rapidamente, aprendosi un passaggio onde giungere alla parete formata anche quella di grossi tronchi.
Erano quasi certi di trovare là qualche sorpresa.
Dopo una buona mezz’ora riuscirono finalmente nel loro intento e non poterono trattenere un grido di sorpresa.
Dietro le grosse botti esisteva un bel vuoto di cui il trafficante, chissà per quali motivi, aveva creduto bene di non servirsi.
Testa di Pietra che si era munito del grosso fanale di marina si guardò intorno e notò che il pavimento era abbondantemente bagnato.
«Eppure l’acqua qui non deve entrare,» disse. «Come spiegare questo mistero?»
«E come spiegare quell’apertura che deve immettere al di fuori? Possibile che il trafficante ne ignorasse l’esistenza?» disse Piccolo Flocco.
«Vediamo!… Vediamo!…» rispose il vecchio bretone il quale cominciava ad inquietarsi.
Si avanzò verso la parete e vide subito un passaggio aperto fra i tronchi d’albero e così ampio da poter permettere di far entrare nel magazzino anche un orso grigio.
«Una galleria?» si chiese. «Perché non è stata turata? Ah, guarda, guarda, Piccolo Flocco, le tracce dell’acqua giungono fino qui.»
I due bretoni si guardaron l’un l’altro, poi nello stesso tempo dissero:
«Andiamo a vedere.»
Sempre più inquieti entrarono nel passaggio, il quale si apriva quasi a fior di terra ed era sempre assai largo ed alto, e si spinsero risolutamente avanti impugnando le asce. I due tedeschi li seguivano pronti ad ogni sbaraglio.
Percorsi dieci o quindici metri, si trovarono improvvisamente in piena foresta.
«L’animale o l’uomo che ha fatto udire quella specie di riso, deve essere uscito di qui,» disse il vecchio bretone.
Alzò il fanale e scrutò le tenebre. L’alba tardava poiché il cielo era coperto da immense nubi le quali, di quando in quando, si squarciavano per lasciar cadere delle grosse gocce d’acqua.
«Vedi nulla?» chiese Piccolo Flocco.
«No,» rispose Testa di Pietra.
«Ritorniamo per domandare a quello strano trafficante se conosceva l’esistenza di questo passaggio segreto?»
«Aspetta un po’.»
Si era curvato proiettando sul terreno inzuppato dalla pioggia la luce vivissima del grosso fanale.
«Ah!… Il brigante!…» gridò.
«Che cosa hai scoperto?» chiese Piccolo Flocco.
«Le orme di due grosse scarpe armate di chiodi. Ora, come si sa, i pellerossa non usano che dei mocassini ben cuciti senza un pezzo qualunque di metallo. Dunque l’uomo che è uscito dal magazzino non può essere che un canadese od un inglese. Qui gl’indiani non c’entrano affatto.»
«E sei ben sicuro che quell’uomo fosse proprio uscito dal fortino del trafficante?»
«Per il borgo di Batz!… Le punte delle scarpe sono rivolte verso la foresta. L’uomo dunque dev’essere uscito dalla baracca del trafficante.»
«Che sia quello che ha riso?»
«Lo sospetto.»
«E chi credi che possa essere?»
«Mi è venuto un sospetto che nessuno mi leverà mai più.»
«Che sia Davis o qualcuno dei suoi canadesi?»
«Che abbia cercato di mettersi al sicuro nel magazzino del trafficante!»
«Lo avevo pensato anch’io. Che sia già lontano quell’uomo?»
«Io non credo che abbia avuto il tempo di guadagnare molta via. Se ci muoviamo subito possiamo avere qualche probabilità di acciuffarlo.»
«Sarà una caccia all’uomo un po’ pericolosa. Non abbiamo nemmeno un fucile.»
«Piove e non servirebbe gran che.»
Testa di Pietra si volse verso i due assiani e disse loro:
«Voi tornate nel magazzino a tenere compagnia al signor Riberac, e badate soprattutto che non cerchi di prendere il largo. Quell’uomo non è franco e forse ha conosciuto Davis. Non dite nulla del passaggio per ora.»
«Ja, patre,» risposero i due tedeschi girando sui talloni con una mossa tutta militaresca.
Testa di Pietra impugnò ben salda l’ascia colla destra, strinse colla sinistra il grosso fanale e si slanciò dietro le orme che erano profondamente impresse sul terreno inzuppato di acqua.
Pioveva a dirotto e dalla parte del lago si udiva la risacca muggire fortemente. Un vento freddo scendeva dal settentrione, ululando sotto gli alti abeti e sfrondando i rami.
«Bella notte per cacciare un uomo,» disse Testa di Pietra il quale, di quando in quando, si curvava per osservare le orme del fuggiasco. «Certamente si starebbe meglio dinanzi al fuoco tracannando una bottiglia di quell’ottimo gin ed a fumare la pipa, ma quell’uomo assolutamente mi occorre e lo seguirò finché si sarà fermato. I bretoni, anche marinai se hanno teste dure, hanno buone gambe che non si atrofizzano sui ponti delle navi.»
Camminavano lesti, guardando attentamente sotto i grandi alberi che le raffiche di quando in quando scotevano con estrema violenza, pronti a piombare sul fuggiasco, sicurissimi che non dovesse avere un notevole vantaggio.
«Sotto, sotto, Piccolo Flocco,» diceva Testa di Pietra. «Vedrai che noi lo prenderemo.»
«E dove ci condurrà?»
«Anche all’inferno noi andremo a prenderlo e… oh!…»
Aveva alzato il fanale e l’ascia, e fissava il tronco d’un grosso pino nero di dimensioni enormi. Non era un colosso tale da gareggiare coi pini della California, tuttavia era sempre un vero gigante.
«Ehi, Piccolo Flocco!…» gridò. «Non ti pare di vedere un buco od una spaccatura alla base di questa pianta?»
«È così vasta, quell’entrata, da permettere anche ad un orso di rifugiarsi dentro quel pino che la malattia ha vuotato forse in buona parte.»
«Che cosa mi parli di orsi?»
«Se avessimo inseguito una bestia a quattro gambe?»
«Sì, che portava scarponi armati di chiodi,» disse il vecchio bretone. «Dentro quel pino ci dev’essere una specie di caverna che noi non trascureremo di visitare. Aspetta un po’».
Si abbassò e proiettò sul terreno i raggi del grosso fanale. Un grido di trionfo gli uscì dalle labbra.
«Ecco qui le orme che si dirigono appunto verso quel pino. Il mariolo si è nascosto là dentro e non ci sfuggirà più.»
«Che sia armato di fucile?»
«Con questa pioggia non gli servirebbe. Se ha qualche ascia lo ridurremo subito all’impotenza.
«Sii prudente, Testa di Pietra.»
«Questo non è il momento di esserlo. Io voglio acciuffare quell’uomo, poiché non si tratta di un orso. Che fortuna che ha avuto a trovare quel rifugio! Non creda però di sfuggirci.»
Alzò nuovamente la lampada e lanciò il fascio di luce in direzione della spaccatura. Il pino, come tanti suoi confratelli, si era aperto verso la base ed assai largamente, divorato dalle carie. le quali, a poco a poco, finiscono per vuotare quasi completamente quei grandi vegetali. Dinanzi allo squarcio si allungava una massa poltigliosa che sprigionava un acuto odore di resina.
«Per la taverna delle <Trenta Corna di Bisonte>!…» sussurrò l’eterno chiacchierone. «L’amico si è trovato un ottimo rifugio contro la pioggia ed il freddo. Doveva capitargli, nella sua fuga, anche questa fortuna, ma non durerà molto poiché ora ci siamo noi.»
Fece alcuni passi in avanti e, giunto dinanzi allo squarcio, si mise a gridare:
«Ehi, quel signore che fugge senza augurare la buonanotte agli abitanti del fortino vorrebbe mostrare il muso?»
Nessuno rispose.
«Allora vi verremo a prendere,» continuò Testa di Pietra. «Intanto vi avverto che siamo formidabilmente armati e che siamo uomini da non spaventarci per un corpo a corpo all’arma bianca. Volete rispondere?»
Lo scrosciare violentissimo della pioggia solamente rispose. Dall’interno del pino non era uscito alcun suono che rassomigliasse ad una voce umana.
«Testa di Pietra,» disse Piccolo Flocco. «che abbiamo preso un grosso granchio?»
«No, perché il granchio si trova proprio lì dentro.»
«Allora sarà occupato a sorbire il caffè giacché tu ammetti che si tratta veramente d’un uomo.»
«Ha paura.»
Una voce rauca, furiosa, questa volta echeggiò nell’interno del pino.
«Io aver paura!…»
«Ah!… Finalmente, birbante, ti sei deciso ad aprire la bocca. Ma non ti pare, Piccolo Flocco, d’aver già udito quella voce?»
«Sì, sulla fusta,» rispose il giovane marinaio. «Quello che stiamo per prendere deve essere uno dei tre canadesi. Ve n’era uno che parlava nel naso.»
«Diavolo d’un diavolo!… Ora so con chi abbiamo a che fare.»
«Con Jor, il luogotenente di Davis, è vero?»
«Precisamente, Piccolo Flocco. Ecco una cattura importante e che ci spiegherà molte cose. Signor Jor, avete finito di vuotare la vostra tazza di caffè, se qualcuno ve l’avrà preparata?»
«Andate all’inferno!…» rispose il canadese. «Badate che anche io sono armato e che non mi lascerò prendere così facilmente come sperate.»
«Di pistole, di carabine, di sciabole d’arrembaggio e di asce?»
«Basta, mastro Testa di Pietra.»
«Ah, finalmente mi avete riconosciuto. Volete uscire?»
«No: sto troppo bene qui dentro.»
«Hai ragione, furfante! qui fuori piove a dirotto.»
«Andate a cercarvi un altro asilo. Di pini più o meno cariati se ne trovano facilmente in queste foreste. E poi qui non c’è posto.»
Testa di Pietra proiettò per la seconda volta il fascio di luce del fanale dentro la spaccatura e vide subito un’ampia caverna legnosa, tutta cosparsa di polvere resinosa, capace di contenere anche venti uomini.
«Spegnete quel lume!…» urlò il canadese con voce adirata. «Mi offende gli occhi!»
«I tuoi occhi si abitueranno subito. Ti decidi a uscire?»
«No, e sono pronto a difendermi.»
«Siamo in due.»
«Foste anche in quattro non avrei paura d’impegnare la lotta.»
«Trombone!… la tua voce nasale trema e questo è un brutto indizio per un uomo che deve misurarsi con della gente salda come lo siamo noi.»
«Provatevi ad entrare, se osate!…»
«A me, Piccolo Flocco!… Questo furfante vuole spaventarci.»
«E farci bagnare per bene,» aggiunse il giovane marinaio. «Non cessa di piovere.»
«Saremo subito al coperto.»
Il vecchio bretone passò sugli ammassi di polvere legnosa ch’erano sgorgati, a poco a poco, dalla caverna e saltò dentro il pino con l’ascia alzata.
In mezzo a quel rifugio abbastanza comodo stava uno dei tre canadesi della fusta, anche lui armato di scure.
Era un omaccione alto e grosso, col viso quasi tutto coperto da una foltissima barba arruffata e due occhi nerissimi. pieni di lampi minacciosi.
«Buon giorno, signor Jor,» disse il vecchio bretone con il suo solito accento ironico. «Ben felice di rivedervi. Avrei preferito però che al vostro posto si trovasse Davis. Potete darmi qualche notizia di lui?»
«Non ne so nulla,» disse il canadese, il quale si era appoggiato alla parete per non correre il pericolo di essere sorpreso anche alle spalle. «Io non l’ho più veduto.»
«Sicché, non sai se sia vivo o morto?»
«Quando io ho veduto la fusta correre addosso agli scogli, sono saltato in acqua. Davis c’era ancora insieme a due miei compagni.»
«Sicché non sai che la fusta ci è stata incendiata sotto i piedi dopo aver preparata una specie di mina?»
«Allora io non ero più sulla barca. Mi premeva di salvare la mia pelle e non ho esitato a gettarmi fra le onde. «Ho veduto una grande fiammata seguita da un rombo assai forte, ma non ho potuto accertarmi se era la vostra barca che si sventrava o qualche naviglio inglese.»
«Già, le navi inglesi sono proprio qui a corrermi dietro.»
«Lo vedrete fra qualche giorno, e vi dirò anche che voi non andrete a Ticonderoga.»
«Perché?»
«Perché tutti i comandanti inglesi hanno ricevuto l’ordine di catturarvi, vivo o morto.»
«Come lo sai tu?»
«Me l’ha detto Davis.»
«Siete delle belle canaglie,» disse il bretone. «Canadesi, ossia francesi, che vi siete lasciati corrompere dalle ghinee inglesi.»
«Io non ho mai avuto un pezzo d’oro inglese. Era Davis che faceva tutto, e se si è venduto avrà incassato lui, a suo completo beneficio.»
«A chi vorresti raccontare queste storie? A noi? Siamo troppo furbi per credere a certe sciocchezze.»
«A me poco importa,» rispose il canadese. «Volete sapere altro? Allora potete andarvene e lasciarmi tranquillo. Nell’incendio della fusta io non c’entro affatto, quindi voi non dovete conservare rancore contro di me.»
«E la ribellione? Tutti insieme avete cercato di assassinarci, canaglie,» disse Testa di Pietra.
«Ma no, si voleva solamente sbarazzarci di voi senza però uccidervi.»
«Con quei colpi di fuoco che ci ha sparati contro Davis?»
«Io non sono Davis,» rispose il canadese. «Voi non mi avete veduto sparare.»
«Non l’avete fatto perché i fucili si erano bagnati.»
«Avrebbero potuto sparare ancora.»
«Non dirlo ad un mastro cannoniere. Davis, Davis, tutto Davis. E poi non sapevate nulla delle sue intenzioni?»
«Parlava poco e non amava fare delle confidenze.»
«Chi ha pagato Davis?»
«Ah, io non lo so.»
«Scommetto d’indovinarlo.»
«Dite pure.»
«Il marchese d’Halifax, il fratellastro del baronetto Sir Mac-Lellan.»
«Chi sono quelle persone?»
«Corpo d’una pipa rotta!… In tutta l’America si sa dell’odio che regna fra quei due fratelli per causa d’una bionda miss: Mary di Wentwort.»
«Non so nulla.»
«Non hai udito parlare nemmeno della Tuonante, la nave corsara delle Bermude, che con i suoi grossi pezzi ha deciso la resa di Boston agli americani?»
«Sì, vagamente.»
«Tu non sai nulla insomma, mentre, essendo il luogotenente di Davis, dovresti sapere molte cose. Seguici!…»
«Dove?» chiese il canadese alzando l’ascia.
«Nel magazzino del trafficante che già tu conosci perché prima di rifugiarti qui ti eri nascosto dietro le botti e le balle di pelle.»
«Io non so dove si trovi quel trafficante. Questa spiaggia non l’ho mai percorsa prima d’ora.»
«Se abbiamo trovato la dentro le tue tracce!…»
«Avrete sognato.»
«Tu cerchi di giocarci.»
Il canadese alzò le spalle e dardeggiò su Testa di Pietra uno sguardo feroce.
«Domandane al mio compagno,» disse il vecchio bretone.
«Sì, voi prima di esservi rifugiato qui eravate nascosto nel magazzino del trafficante, del signor Riberac,» disse Piccolo Flocco.
«Voi avevate bevuto troppo e la vostra vista non poteva più servirvi,» rispose il canadese sbuffando.
«Come sai tu, amico, che noi abbiamo vuotato qualche bottiglia di gin mentre ci asciugavamo?» chiese Testa di Pietra.
«Lo suppongo poiché io nulla ho veduto.»
«Io credo invece che tu abbia conosciuto quel misterioso trafficante.»
«Non l’ho veduto e non l’ho mai udito nominare.»
«Menti spudoratamente, canaglia!… Tu conoscevi l’esistenza di quel magazzino, poiché ti ci eri rifugiato.»
«Storie,» disse il canadese, alzando rabbiosamente le spalle.
Poi alzò l’ascia e urlò rabbiosamente:
«Lasciatemi il passo o vi uccido!…»
«E ti credi capace di tanto?»
«Difendetevi perché vi attacco!…»
«Se non c’è bisogno!…»
Testa di Pietra con una mossa fulminea si era gettato sul bandito, l’aveva abbracciato strettamente e lo aveva atterrato di colpo, disarmandolo subito.
«Te lo avevo detto che avevi paura ad impegnare una lotta contro due marinai che maneggiano meglio le asce che le carabine.»
«Dammi l’arma e vedrai come io vi farò a pezzi!…» urlò il canadese, il quale era trattenuto al suolo da Piccolo Flocco.
«Dovevi farlo prima,» rispose Testa di Pietra, levandosi da una delle sue dodici tasche un buon pezzo di funicella incatramata.
«Mi avete sorpreso.»
«Facciamo sempre così, noi corsari. Se aspettassimo i colpi dei nemici con le braccia incrociate, non esisterebbe più uno della nostra specie.»
«Ebbene, che cosa volete fare ora di me?» chiese il canadese con voce rauca, tentando di dibattersi sotto le strette vigorose del giovane marinaio.
«Ora andiamo a bere una bottiglia di gin nel fortino del signor Riberac e ad asciugarci dinanzi ad un buon fuoco.»
«Non mi ucciderete?»
«Ci credi dei pellerossa?»
«Io non mi fido di nessuno.»
«Basta la parola di un bretone per tranquillizzarti? Porgi le mani.»
«Mi volete legare anche?»
«Ti libereremo quando saremo giunti al magazzino.»
«Vi do la mia parola d’onore che non cercherò di sfuggirvi.»
«Anche i banditi hanno un onore,» disse Testa di Pietra, ironicamente. «Come sono buffi!…»
«L’avete finita?» urlò il canadese. «Io non sono mai stato un corsaro.»
«Ehi, bell’uomo! i corsari hanno dell’onore da vendere a tutti perché combattono per la libertà dei popoli oppressi, e soprattutto sono leali. Non vuoi che ti leghiamo le mani? Sia pure, ti concediamo anche questo, ma tu camminerai dinanzi a noi.»
«Se non so dove si trova quel magazzino!…»
«Ti guideremo noi.»
Prese l’ascia del canadese e la lanciò contro la parete con tale forza da affondarvi completamente la lama.
«Sfido chiunque a levarla di là,» disse. «Su, Jor, coraggio, ormai sei preso, ma non dispero di mettere le mani, un giorno o l’altro, anche sulle spalle di Davis. Fra qualche ora l’alba spunterà e con gl’indiani che si sono già messi sul sentiero della guerra, non conviene farci vedere sotto questi boschi. Tu che sei canadese sai quanto sono crudeli gli Uroni e gli Algonchini e anche gli altri che fanno parte delle cinque nazioni dei laghi.»
«Lo so,» brontolò Jor, alzandosi rapidamente. «Preferisco trovarmi vostro prigioniero piuttosto che venire preso da quelle belve che non risparmiano nessuno e che mandano all’altro mondo un disgraziato fra i più atroci supplizi.»
«Sei deciso a seguirci? È già cessato di piovere, se non m’inganno.»
«Sono a vostra disposizione,» rispose il canadese.
«Adagio: apri prima la casacca. Potresti avere qualche pistola nascosta regalata dal generoso trafficante.»
«Non ho che i pugni.»
«Che valgono ben poco contro i miei in una partita di boxe.»
«E poi, come vedete, sono ancora tutto inzuppato dell’acqua del lago. Un’arma da fuoco non sparerebbe.»
«Fra poco ti asciugherai dinanzi ad un bel fuoco. La legna non manca nel fortino.»
«Sono pronto a seguirvi,» disse il canadese, con i denti stretti. «Mi confesso vinto.»
«Era tempo,» rispose il bretone. «Coraggio. Noi non ti vogliamo ammazzare anche se lo meriteresti. Piccolo Flocco, tieni d’occhio quest’uomo. Tu hai le gambe più agili delle mie.»
Il canadese ebbe un’ultima esitazione, poi si decise. Ormai aveva compreso che ogni resistenza sarebbe stata vana e che avrebbe potuto finire tragicamente.
«Eccomi,» disse.
I tre uomini uscirono dalla caverna legnosa e si cacciarono sotto il bosco. Testa di Pietra illuminava la via col fanale.
La grossa pioggia era cessata. tuttavia la tempesta infuriava sempre. montando dal lago e scaraventando attraverso i grandi pini nembi di nebbia freddissima prossima a congelarsi.
«Io non so da qual parte andare,» disse il canadese. «Vi ho già detto che non conosco questo paese.»
«Ti guiderà Piccolo Flocco,» disse il vecchio lupo di mare. «Non sarebbe veramente necessario, poiché tu sei uscito dal fortino del trafficante, checché tu ne dica.»
«Storie.»
«A te il fanale, Piccolo Flocco. Io guardo alle spalle quest’uomo con l’ascia alzata. Se cerca di fuggire lo accoppo!…»
«Vi prometto di seguirvi docilmente,» disse il canadese. «Ormai sono nelle vostre mani.»
«Conosci la via, Piccolo Flocco?»
«Sì, mastro. Sono certo di giungere al fortino senza ingannarmi. Entreremo per il passaggio segreto?»
«Certamente: di là siamo usciti e da quella parte vi rientreremo.»
Poi mormorò: «Ed ora andiamo a fare i conti anche con quel caro signor Riberac.»
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