Punito il legno nemico, il quale aveva dovuto fermarsi per riparare i gravissimi danni causatigli dalla granata, così destramente lanciata da Sandokan, il praho coperto dalle sue immense vele si era subito allontanato, con quella velocità che è propria di quel genere di legni i quali sfidano i più celeri clippers della marina dei due mondi. Marianna, affranta da tante emozioni, si era nuovamente ritirata nella graziosa cabina e anche buona parte dell’equipaggio aveva lasciata la coperta non essendo il legno minacciato da alcun pericolo, almeno pel momento. Yanez e Sandokan però non avevano lasciato il ponte. Seduti sul coronamento di poppa discorrevano fra di loro, guardando di quando in quando verso l’est, dove scorgevasi ancora un sottile pennacchio di fumo.
– Quel piroscafo avrà molto da fare a trascinarsi fino a Vittoria – diceva Yanez.
– La bomba lo ha conciato così gravemente, da rendergli impossibile ogni tentativo di inseguimento.
"Credi tu che ce l’abbia mandato dietro lord Guillonk?"
– No, Yanez – rispose Sandokan. – Al lord sarebbe mancato il tempo di accorrere a Vittoria e di avvertire il governatore di ciò che era accaduto.
"Quel legno però doveva cercarci forse da qualche giorno. Ormai nell’isola si doveva sapere che noi eravamo sbarcati."
– Credi tu che il lord ci lascerà tranquilli?…
– Dubito molto, Yanez. Io conosco quell’uomo e so quanto è tenace e vendicativo. Noi dobbiamo aspettarci, e presto, un formidabile assalto.
– Che venga ad assalirci nella nostra isola?…
– Ne sono certo, Yanez. Lord James gode molta influenza e per di più so che è ricchissimo. A lui sarà quindi facile noleggiare tutti i legni che sono disponibili, arruolare marinai ed avere l’aiuto del governatore. Fra breve noi vedremo comparire dinanzi a Mompracem una flottiglia, lo vedrai.
– E noi cosa faremo?
– Daremo la nostra ultima battaglia.
– L’ultima?… Perché dici così, Sandokan?
– Perché Mompracem perderà poi i suoi capi – disse la Tigre della Malesia con un sospiro. – La mia carriera sta per finire, Yanez. Questo mare, teatro delle mie imprese, non vedrà più i prahos della Tigre a solcare le sue onde.
– Ah! Sandokan…
– Cosa vuoi, Yanez: così è scritto. L’amore della fanciulla dai capelli d’oro doveva spegnere il pirata di Mompracem.
"È triste, immensamente triste, mio buon Yanez, dover dare un addio e per sempre a questi luoghi e dover perdere la fama e la potenza, eppure dovrò rassegnarmi.
"Non più battaglie, non più tuonare di artiglierie, non più fumanti carcasse inabissantisi nei baratri di questo mare, non più tremendi abbordaggi!…
"Ah!… Sento il mio cuore sanguinare, Yanez, pensando che la Tigre morrà per sempre e che questo mare e la mia stessa isola diverranno d’altri."
– Ed i nostri uomini?
– Essi seguiranno l’esempio del loro capo, se lo vorranno, e daranno anche loro un addio a Mompracem – disse Sandokan con voce triste.
– E la nostra isola dopo tanto splendore dovrà rimanere deserta come lo era prima della tua comparsa?
– Lo diverrà.
– Povera Mompracem!… – esclamò Yanez con profondo rammarico. – Io che l’amavo come fosse già la mia patria, la mia terra natia!…
– Ed io credi che non l’amassi?… Credi tu che non mi si stringa il cuore pensando che forse non la rivedrò più mai e che forse più non solcherò, coi miei prahos, questo mare che io chiamavo mio?… Se io potessi piangere, vedresti quante lagrime bagnerebbero le mie gote. Orsù, così voleva il destino. Rassegnamoci, Yanez, e non pensiamo più al passato.
– Eppure non so rassegnarmi, Sandokan. Veder sparire d’un solo colpo la nostra potenza che ci era costata immensi sacrifici, tremende battaglie e fiumi di sangue!…
– È la fatalità che così vuole – disse Sandokan con voce sorda.
– O meglio l’amore della fanciulla dai capelli d’oro – disse Yanez. – Senza quella donna il ruggito della Tigre della Malesia giungerebbe ancora possente fino a Labuan e farebbe tremare, per lunghi anni ancora, gli inglesi ed anche il sultano di Varauni.
– È vero, amico mio – disse Sandokan. – È la fanciulla che ha dato il colpo mortale a Mompracem. Se non l’avessi mai veduta, chissà per quanti anni ancora le nostre trionfanti bandiere scorrazzerebbero questo mare, ma ormai è troppo tardi per rompere le catene che ha gettato su di me.
"Se fosse stata un’altra donna, pensando alla rovina della nostra potenza, l’avrei sfuggita o ricondotta a Labuan… ma sento che spezzerei per sempre la mia esistenza, se non dovessi più mai rivederla.
"La passione che mi arde in petto è troppo gigante per soffocarla.
"Ah!… Se ella lo volesse!… Se ella non avesse in orrore il nostro mestiere e non avesse paura del sangue e del rombo delle artiglierie!… Quanto farei brillare l’astro di Mompracem accanto a lei!… Un trono potrei darglielo o qui o sulle coste del Borneo, ed invece… Orsù, si compia il nostro destino.
"Andremo a dare a Mompracem l’ultima battaglia, poi lasceremo l’isola e faremo vela…"
– Per dove, Sandokan?
– Lo ignoro, Yanez. Andremo dove ella vorrà, molto lontano da questi mari e da queste terre, tanto anzi da non udirne più mai parlare. Se dovessi rimanere vicino, non so se saprei resistere a lungo alla tentazione di tornare a Mompracem.
– Ebbene, sia; andiamo a impegnare l’ultima pugna e poi si vada pur lontani – disse Yanez con accento rassegnato. – La lotta sarà però tremenda, Sandokan. Il lord ci darà un assalto disperato.
– Troverà la tana della Tigre inespugnabile. Nessuno finora è stato tanto audace da violare le coste della mia ìsola e non le toccherà nemmeno lui. Aspetta che noi siamo giunti e vedrai quali lavori noi intraprenderemo per non farci schiacciare dalla flottiglia che manderà contro di noi.
"Renderemo il villaggio talmente forte da poter resistere al più terribile bombardamento.
"La Tigre non è ancora domata e ruggirà forte ancora e getterà lo sgomento nelle file nemiche."
– E se dovessimo venire oppressi dal numero? Tu sai, Sandokan, che gli olandesi sono alleati degl’inglesi nella repressione della pirateria. Le due flotte potrebbero unirsi per dare a Mompracem il colpo mortale.
– Se dovessi vedermi vinto, darò fuoco alle polveri e salteremo tutti, assieme al nostro villaggio ed ai nostri prahos.
"Non potrei rassegnarmi alla perdita della fanciulla. Piuttosto di vedermela rapire preferisco la morte mia e sua."
– Speriamo che ciò non succeda, Sandokan.
La Tigre della Malesia chinò il capo sul petto e sospirò, poi, dopo qualche istante di silenzio, disse:
– Eppure ho un triste presentimento.
– Quale? – chiese Yanez con ansietà.
Sandokan non rispose. Abbandonò il portoghese e si appoggiò sulla murata di prua esponendo l’ardente viso alla brezza notturna.
Era inquieto: profonde rughe solcavano la sua fronte e di tratto in tratto dei sospiri gli uscivano dalle labbra.
– Fatalità!… E tutto per quella creatura celeste – mormorò. – Per lei dovrò perdere tutto, tutto, perfino questo mare che chiamavo mio e consideravo come sangue delle mie vene! Diverrà di loro; di quegli uomini che da dodici anni combatto senza posa, senza tregua, di quegli uomini che mi hanno precipitato dai gradini d’un trono nel fango, che mi hanno ucciso madre, fratelli, sorelle!…
"Ah! tu ti lamenti – continuò guardando il mare, che gorgogliava dinanzi la prua del veloce legno. – Tu gemi, tu non vorresti diventare di quegli uomini, tu non vorresti tornare tranquillo come prima che io qui giungessi, ma credi che anch’io non soffra? Se fossi capace di piangere, da questi occhi schizzerebbero non poche lagrime.
"Orsù, a che lamentarsi ora? Questa fanciulla divina mi compenserà di tante perdite."
Portò le mani alla fronte come se volesse scacciare i pensieri che gli tumultuavano nell’ardente cervello, poi si raddrizzò e a lenti passi scese nella cabina. S’arrestò udendo Marianna a parlare.
– No, no – diceva la giovanetta con voce affannata. – Lasciatemi, non appartengo più a voi.. Sono della Tigre della Malesia… Perché volermi separare da lui?… Via quel William, io lo odio, via… via!…
– Sogna – mormorò Sandokan. – Dormi sicura fanciulla che qui non corri pericolo alcuno. Io veglio e per strapparti a me bisognerà che passino sul mio cadavere.
Aprì la porta della cabina e guardò. Marianna dormiva respirando affannosamente e agitava le braccia come se cercasse di allontanare una visione. Il pirata la contemplò alcuni istanti con indefinibile dolcezza, poi si ritirò senza far rumore ed entrò nella sua cabina.
All’indomani il praho, che aveva navigato tutta la notte con velocità ragguardevole, si trovava a sole sessanta miglia da Mompracem. Ormai tutti si consideravano al sicuro, quando il portoghese che sorvegliava con grande attenzione, scorse una sottile colonna di fumo che pareva si dirigesse verso l’est.
– Oh! – esclamò egli. – Abbiamo un altro incrociatore in vista? Che io sappia non ci sono vulcani in questo tratto di mare.
Si armò di un cannocchiale e si arrampicò fino sulla cima dell’albero di maestra, scrutando con profonda attenzione quel fumo che allora erasi considerevolmente avvicinato. Quando ridiscese la sua fronte era annuvolata.
– Cos’hai, Yanez? – chiese Sandokan che era tornato in coperta.
– Ho scoperta una cannoniera, fratellino mio.
– Poco di male.
– Lo so che non si arrischierà di attaccarci, essendo quei legni armati usualmente di un solo cannone, ma sono inquieto per altro motivo.
– Quale mai?
– Quel legno viene dall’est e forse da Mompracem.
– Oh!…
– Non vorrei che durante la nostra assenza una flotta nemica avesse bombardato il nostro nido.
– Mompracem bombardata? – chiese una voce argentina dietro di loro. Sandokan si volse rapidamente e si trovò dinanzi a Marianna.
– Ah! Sei tu, amica mia! – esclamò egli. – Ti credevo ancora addormentata.
– Mi sono alzata or ora, ma voi di cosa parlavate? Forse che un nuovo pericolo ci minaccia?
– No, Marianna – rispose Sandokan. – Siamo però inquieti nel vedere una cannoniera che viene dall’occidente ossia dalla parte di Mompracem.
– Temi che abbia cannoneggiato il tuo villaggio?
– Sì, ma non sola; una scarica dei nostri cannoni sarebbe bastata per affondarla,
– Aho! – esclamò Yanez, facendo due passi innanzi.
– Cosa vedi?
– La cannoniera ci ha scorti e vira di bordo dirigendosi verso di noi.
– Verrà a spiarci – disse Sandokan.
Infatti il pirata non si era ingannato. La cannoniera, una delle più piccole, della portata di forse cento tonnellate, armata d’un solo cannone situato sulla piattaforma di poppa, si accostò fino a mille metri, poi virò di bordo ma non si allontanò del tutto, poiché si vedeva sempre il suo pennacchio di fumo a una decina di miglia verso l’est.
I pirati non si preoccupavano per questo, ben sapendo che quel piccolo legno non avrebbe ardito gettarsi contro il praho, le cui artiglierie erano così numerose da tenere testa a quattro di siffatti nemici.
Verso il mezzodì un pirata, che si era arrampicato sul pennone di trinchetto, per accomodare una fune, segnalò Mompracem, il temuto covo della Tigre della Malesia.
Yanez e Sandokan respirarono, ritenendosi ormai sicuri e si precipitarono verso prua seguiti da Marianna.
Là, dove il cielo si confondeva col mare, si scorgeva una lunga striscia ancora di colore indeciso, ma che a poco a poco diventava verdeggiante.
– Presto, presto! – esclamò Sandokan che era in preda ad una viva ansietà.
– Cosa temi? – chiese Marianna.
– Non so, ma il cuore mi dice che laggiù qualche cosa è accaduto. La cannoniera ci segue sempre?
– Sì, vedo il pennacchio di fumo verso l’est – disse Yanez.
– Brutto segno.
– Lo temo anch’io, Sandokan.
– Vedi nulla tu?
Yanez puntò un cannocchiale e guardò con profonda attenzione per alcuni minuti.
– Vedo i prahos ancorati nella baia.
Sandokan respirò e un lampo di gioia balenò nei suoi occhi.
– Speriamo – mormorò.
Il praho, spinto da un buon vento, in capo ad un’ora giunse a poche miglia dall’isola e si diresse verso la baia che s’apriva dinanzi al villaggio.
Ben presto giunse tanto vicino da discernere completamente le fortificazioni, i magazzini e le capanne.
Sulla grande rupe, sulla cima del vasto edificio che serviva di abitazione alla Tigre, si vedeva ondeggiare la grande bandiera della pirateria, ma il villaggio non era più florido come era stato lasciato e i prahos non erano più tanto numerosi.
Parecchi bastioni apparivano gravemente danneggiati, molte capanne si vedevano mezze arse e parecchi legni mancavano.
– Ah! – esclamò Sandokan, comprimendosi il petto. – Ciò che sospettavo è accaduto: il nemico ha assalito il mio covo.
– E vero – mormorò Yanez, con dolore.
– Povero amico – disse Marianna colpita dal dolore che si rifletteva sul viso di Sandokan. – I miei compatrioti hanno approfittato della tua assenza.
– Sì – rispose Sandokan scuotendo tristemente il capo. – La mia isola, un dì temuta e inaccessibile, è stata violata e la mia fama si è oscurata per sempre!
a Mompracem
18 Aprile 2009 Di Lascia un commento
Speak Your Mind