Attraversato il fiumicello, Yanez condusse Sandokan in mezzo ad una folta macchia dove si trovavano imboscati venti uomini completamente armati e muniti ognuno d’un sacchetto di viveri e d’una coperta di lana. Paranoa ed il suo sottocapo Ikaut vi erano pure.
– Vi siete tutti? – chiese Yanez.
– Tutti – risposero.
– Allora ascoltami attentamente, Ikaut – riprese il portoghese. – Tu tornerai a bordo e qualunque cosa succeda manderai qui un uomo il quale troverà un camerata sempre in attesa di ordini.
"Noi ti trasmetteremo i nostri comandi che dovrai eseguire immediatamente, senza il menomo ritardo.
"Bada di essere prudente e di non farti sorprendere dalla giacche rosse e non dimenticare che noi, anche se lontani, in un momento possiamo venire informati od informarti di quello che può succedere."
– Contate su di me, signor Yanez.
– Torna ora a bordo e veglia.
Mentre il sottocapo balzava nel canotto, Yanez postosi alla testa del drappello, si metteva in cammino risalendo il corso del piccolo fiume.
– Dove mi conduci? – chiese Sandokan, che non capiva nulla.
– Aspetta un po’, fratellino mio. Dimmi, innanzi a tutto, quanto può distare dal mare la villa di lord Guillonk?
– Circa due miglia in linea retta.
– Allora abbiamo uomini più che sufficienti.
– Per cosa fare?
– Un po’ di pazienza, Sandokan.
Si orientò con la bussola che aveva presa a bordo del praho e si cacciò sotto i grandi alberi marciando rapidamente.
Percorsi quattrocento metri, si fermò presso un colossale albero della canfora che si rizzava in mezzo ad un fitto gruppo di cespugli e, volgendosi ad uno dei marinai gli disse:
– Tu pianterai qui il tuo domicilio e non lo lascerai, per nessun motivo, senza nostro ordine.
"Il fiume non dista che quattrocento metri, quindi puoi comunicare facilmente col praho; a egual distanza, verso l’est, vi sarà uno dei tuoi camerati. "Qualunque ordine ti venga trasmesso dal praho lo comunicherai al tuo compagno più prossimo. Mi hai compreso?"
– Sì, signor Yanez.
– Continuiamo adunque.
Mentre il malese si preparava una piccola tettoia alla base del grand’albero, il drappello si rimetteva in marcia, lasciando un altro uomo alla distanza indicata.
– Comprendi ora? – chiese Yanez a Sandokan.
– Sì, – rispose questi, – e ammiro la tua furberia. Con queste sentinelle scaglionate nella foresta noi potremo in pochi minuti comunicare col praho anche dai dintorni della villa di lord James.
– Sì, Sandokan, ed avvertire Ikaut di armare prontamente il praho per prendere subito il mare o di mandarci dei soccorsi.
– E noi dove andremo ad accamparci?
– Sul sentiero che conduce a Vittoria. Di là vedremo chi si reca o chi esce dalla villa e in pochi momenti potremo prendere le nostre misure per impedire al lord di ruggire a nostra insaputa. Se vorrà andarsene, dovrà fare prima i conti coi nostri tigrotti e vedrai che chi avrà la peggio non saremo certamente noi.
– E se il lord non si decidesse ad andarsene?
– Per Giove!… Assaliremo la villa o cercheremo qualche altro mezzo per rapire la fanciulla.
– Non spingiamo però le cose agli estremi, Yanez. Lord James è capace di uccidere sua nipote piuttosto di vederla cadere nelle mie mani.
– Per mille spingarde!…
– È un uomo deciso a tutto, Yanez.
– Allora giuocheremo d’astuzia.
– Hai qualche progetto?
– Lo troveremo, Sandokan. Non mi consolerei più mai se quel briccone dovesse fracassare il capo a quell’adorabile miss.
– Ed io? Sarebbe la morte anche della Tigre della Malesia, poiché non potrei sopravvivere senza la fanciulla dai capelli d’oro.
– Lo so pur troppo – disse Yanez con un sospiro. – Quella donna ti ha stregato.
– O meglio mi ha dannato, Yanez. Chi lo avrebbe detto che un giorno, io che non avevo mai sentito il mio cuore battere; che non avevo saputo amare altro che il mare, le pugne tremende, le stragi, sarei stato domato da una fanciulla, da una figlia di quella razza alla quale avevo giurato una guerra d’esterminio?… Quando vi penso, io sento il mio sangue a ribollire, io sento le mie forze a ribellarsi ed il mio cuore fremere di furore!… Eppure la catena che mi avvince non saprò più mai spezzarla, Yanez; né più mai saprei cancellare quegli occhi azzurri che mi hanno stregato. Orsù, non ne parliamo più e lasciamo che si compia il mio destino.
– Un destino che sarà fatale alla stella di Mompracem, è vero Sandokan? – disse Yanez.
– Forse – rispose la Tigre della Malesia con voce sorda.
Erano allora giunti sul margine d’una foresta. Al di là si estendeva una piccola prateria cosparsa di cespugli e di gruppi d’arecche e di gambir, tagliata a metà da un largo sentiero che pareva però fosse stato poco battuto, essendo l’erba nuovamente cresciuta.
– Che sia questa la via che conduce a Vittoria? – chiese Yanez a Sandokan.
– Sì – rispose questi.
– La villa di lord James non deve essere lontana.
– Scorgo laggiù, dietro a quegli alberi, le palizzate del parco.
– Benissimo – disse Yanez.
Si volse verso Paranoa che li aveva seguiti con sei uomini e gli disse:
– Va’ a rizzare le tende sul margine del bosco, in luogo protetto da qualche folta macchia.
Il pirata non si fece ripetere il comando. Trovato un luogo acconcio, fece spiegare la tenda, riparandola all’intorno con una specie di cinta formata di rami e di foglie di banano.
Sotto vi mise i viveri che aveva fatto trasportare fino là, consistenti in conserve, carne affumicata, biscotti ed in alcune bottiglie di vino di Spagna, poi lanciò i suoi sei uomini a destra ed a manca onde battessero il bosco per essere certo che non si nascondesse qualche spia.
Sandokan e Yanez, dopo essersi spinti fino a duecento metri dalle palizzate del parco, erano tornati nel bosco, sdraiandosi sotto la tenda.
– Sei soddisfatto, Sandokan del piano? – chiese il portoghese.
– Sì, fratello – rispose la Tigre della Malesia.
– Non siamo che a pochi passi dal parco, sulla via che conduce a Vittoria. Se il lord vorrà abbandonare la villa, sarà costretto a passarci a tiro di fucile.
"In meno di mezz’ora noi possiamo radunare venti uomini risoluti, decisi a tutto e in un’ora avere con noi tutto l’equipaggio del praho. Che si muova e noi gli saremo tutti addosso."
– Sì, tutti – disse Sandokan. – Io sono pronto a tutto anche a scagliare i miei uomini contro un reggimento intero.
– Allora facciamo colazione, fratellino mio – disse Yanez, ridendo. – Questa gita mattutina m’ha aguzzato l’appetito in modo straordinario.
Avevano già divorato la colazione e stavano fumando alcune sigarette centellinando una bottiglia di whisky, quando videro entrare precipitosamente Paranoa. Il bravo malese aveva il viso alterato e pareva in preda ad una viva agitazione.
– Che cos’hai? – chiese Sandokan, alzandosi rapidamente e allungando una mano verso il fucile.
– Qualcuno si avvicina, mio capitano – diss’egli. – Ho udito il galoppo di un cavallo.
– Che qualche inglese si rechi a Vittoria?
– No, Tigre della Malesia, deve venire da Vittoria.
– È ancora lontano? – chiese Yanez.
– Lo credo.
– Vieni, Sandokan.
Presero le carabine e si slanciarono fuori dalla tenda, mentre gli uomini della scorta s’imboscavano in mezzo ai cespugli, armando precipitosamente i fucili.
Sandokan si spinse verso il sentiero e si gettò in ginocchio appoggiando un orecchio contro il suolo. La superficie della terra trasmetteva distintamente il galoppo affrettato di un cavallo.
– Sì, un cavaliere si avvicina – diss’egli rialzandosi lestamente.
– Ti consiglio di lasciarlo passare senza disturbarlo – disse Yanez.
– E tu lo pensi? Noi lo faremo prigioniero, mio caro.
– A quale scopo?
– Può recare alla villa qualche messaggio importante.
– Se noi lo assaliamo egli si difenderà, sparerà il moschetto, fors’anche le pistole e quelle detonazioni possono venire udite dai soldati nella villa.
– Lo faremo cadere nelle nostre mani senza lasciarli il tempo di porre mano alle armi.
– Una cosa un po’ difficile, Sandokan.
– Anzi più facile di quello che tu credi.
– Spiegati.
– Il cavallo s’avanza di galoppo, quindi non potrà evitare un ostacolo. Il cavaliere verrà sbalzato di colpo e noi gli piomberemo addosso impedendogli di reagire.
– E quale ostacolo vorrai preparare?
– Vieni, Paranoa, va’ a prendere una fune e raggiungimi subito.
– Comprendo – disse Yanez. – Ah!… la splendida idea!… Sì, prendiamolo, Sandokan!… Per Giove, come lo utilizzeremo!… Non ci avevo pensato!…
– Di quale idea parli, Yanez?
– Lo saprai più tardi. Ah!.. Ah… Che bel gioco!…
– Ridi?…
– Ho motivo di ridere. Vedrai, Sandokan, come giuocheremo il lord?… Paranoa, sbrigati!…
Il malese, aiutato da due uomini, aveva stesa una solida fune attraverso il sentiero, tenendola però così bassa da non potersi scorgere in causa delle alte erbe che crescevano in quel luogo.
Ciò fatto era andato a nascondersi dietro un cespuglio, tenendo il kriss in pugno, mentre i suoi compagni si disperdevano più innanzi per impedire al cavaliere di continuare la corsa, nel caso che avesse evitato l’agguato. Il galoppo s’avvicinava rapidamente. Ancora pochi secondi ed il cavaliere doveva comparire allo svolto del sentiero.
– Eccolo!… – mormorò Sandokan, che s’era pure imboscato assieme a Yanez. Pochi istanti dopo un cavallo, oltrepassato un macchione, si slanciava sul sentiero. Lo montava un bel giovinotto di ventidue o ventiquattro anni, il quale indossava la divisa dei sipai indiani. Pareva assai inquieto perché spronava furiosamente il cavallo, lanciando all’intorno sguardi sospettosi.
– Attento, Yanez – mormorò Sandokan.
Il cavallo, vivamente spronato, si slanciò innanzi muovendo rapidamente verso la fune.
Ad un tratto lo si vide stramazzare pesantemente al suolo agitando pazzamente le gambe.
I pirati erano lì. Prima ancora che il sipai potesse trarsi di sotto al cavallo, Sandokan gli fu addosso strappandogli la sciabola, mentre Juioko lo rovesciava al suolo puntandogli sul petto il kriss.
– Non opporre resistenza se ti preme la vita – gli disse Sandokan.
– Miserabili! – esclamò il soldato, cercando di battersi.
Juioko aiutato dagli altri pirati lo legò per bene e lo trascinò presso una folta macchia, mentre Yanez visitava il cavallo temendo che nella caduta si fosse spezzata qualche gamba.
– Per Bacco! – esclamò il buon portoghese che pareva contentissimo. – Farò una bella figura alla villa. Yanez sergente dei sipai! Ecco un grado che non mi aspettavo di certo.
Legò l’animale ad un albero e raggiunse Sandokan che stava frugando per bene il sergente.
– Nulla? – chiese.
– Nessuna carta – rispose Sandokan.
– Parlerai almeno – disse Yanez, piantando gli occhi sul sergente.
– No – rispose questi.
– Bada! – gli disse Sandokan con accento da far fremere. – Dove eri diretto?
– Passeggiavo.
– Parla!…
– Ho parlato – rispose il sergente che ostentava una tranquillità che non poteva avere.
– Aspetta a dunque!
La tigre della Malesia si strappò dalla cintura il kriss e lo puntò alla gola del soldato dicendogli con accento da non mettere in dubbio la minaccia:
– Parla o ti uccido!
– No – rispose il soldato.
– Parla – ripetè Sandokan, premendo l’arma.
L’inglese mandò un urlo di dolore; il kriss era entrato nella carne e beveva sangue.
– Parlerò – rantolò il prigioniero che era diventato pallido come un cadavere.
– Dove andavi? – chiese Sandokan.
– Da lord James Guillonk.
– Per quale motivo?
Il soldato esitò, ma vedendo il pirata avvicinare nuovamente il kriss, riprese:
– Per recare una lettera del baronetto William Rosenthal.
Un lampo di furore balenò negli occhi di Sandokan a quel nome.
– Dammi quella lettera! – esclamò con voce rauca.
– È nel mio elmo, nascosta sotto la fodera.
Yanez raccolse il cappello del sipai, strappò la fodera e fece saltare fuori la lettera che subito aperse.
– Bah! Cose vecchie – disse dopo averla letta.
– Cosa scrive quel cane di baronetto? – chiese Sandokan.
– Avverte il lord del nostro imminente sbarco a Labuan. Dice che un incrociatore ha visto uno dei nostri legni correre verso queste coste e lo consiglia di vegliare attentamente.
– Null’altro?
– Oh! Sì! Corbezzoli! Invia mille rispettosi saluti alla tua cara Marianna con un giuramento di eterno amore.
– Che Dio danni quel maledetto! Guai a lui il giorno che lo incontrerò sulla mia via!
– Juioko – disse il portoghese che pareva osservasse con profonda attenzione la calligrafia della lettera. – Manda un uomo al praho e fammi portare della carta, delle penne e un calamaio.
– Cosa vuoi fare di questi oggetti? – chiese Sandokan con stupore.
– Occorrono al mio progetto.
– Ma di quale progetto parli?
– Di quello che sto meditando da mezz’ora.
– Spiegati una buona volta.
– Se non vuoi altro! Io sto per recarmi alla villa di lord James.
– Tu!…
– Io, proprio io – rispose Yanez con calma perfetta.
– Ma in qual modo?
– Nella pelle di quel sipai. Per Giove! Vedrai che bel soldato!
– Comincio a comprendere. Tu indossi le vesti del sipai, fingi di giungere da Vittoria e…
– Consiglio il lord di partire a quella volta per farlo cadere nell’agguato che tu gli preparerai.
– Ah! Yanez! – esclamò Sandokan stringendoselo al petto.
– Piano, fratellino mio, che non mi guasti qualche braccio.
– Ti dovrò tutto se riuscirai.
– Spero di riuscire.
– Ma tu ti esponi ad un grande pericolo.
– Bah! Mi leverò d’impiccio con onore e senza guastarmi.
– Ma perché il calamaio?
– Per scrivere una lettera al lord.
– Ti sconsiglio, Yanez. È un uomo sospettoso e se vede che il carattere non è preciso può farti fucilare.
– Hai ragione, Sandokan. È meglio che io gli dica ciò che volevo scrivere. Orsù, fa’ spogliare il sipai.
Ad un cenno di Sandokan due pirati slegarono il soldato e lo spogliarono della divisa. Il povero diavolo si credette perduto.
– Mi uccidete? – chiese a Sandokan.
– No – rispose questi. – La tua morte non mi sarebbe d’alcuna utilità e ti faccio dono della vita; però resterai prigioniero sul mio praho finché noi rimarremo qui.
– Grazie, signore.
Yanez intanto si vestiva. La divisa era un po’ stretta ma tanto fece che in breve fu completamente equipaggiato.
– Guarda, fratellino mio, che bel soldato – disse allacciandosi la sciabola.
– Non credevo di fare una così splendida figura.
– Sì, davvero che sei un bel sipai – rispose Sandokan ridendo. – Ora dammi le tue ultime istruzioni.
– Ecco qui – disse il portoghese. – Tu rimarrai imboscato su questo sentiero con tutti gli uomini disponibili e non ti muoverai. Io andrò dal lord, gli dirò che voi siete stati assaliti e dispersi, ma che si sono veduti degli altri prahos e lo consiglierò ad approfittare del buon momento per rifugiarsi a Vittoria.
– Benissimo!
– Quando noi passeremo voi assalirete la scorta, io prenderò Marianna e la porterò al praho. Siamo d’accordo?
– Sì, va’ mio valoroso amico, dirai alla mia Marianna che io l’amo sempre e che abbia fiducia di me. Va’ e che Dio ti guardi.
– Addio, fratellino mio – rispose Yanez abbracciandolo.
Balzò leggermente sul cavallo del sipai, raccolse le briglie, sguainò la sciabola e partì di galoppo fischiando allegramente una vecchia barcarola.
il prigioniero
28 Marzo 2009 Di Leave a Comment
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